Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 16 Mercoledì calendario

LA DURA LEZIONE DI POMIGLIANO

La posizione intransigente di una parte dei sindacati sulla vertenza Fiat di Pomigliano, che sembra ignorare i problemi dell’occupazione di 5mila persone, conferma purtroppo che nessun grande passo avanti è stato fatto dalla primavera del 1977 nell’approccio ai progetti d’investimento industriale e nei rapporti tra sindacato e industria.
Allora la Giulietta, appena lanciata, riscosse un buon successo e per ridurre i tempi d’attesa delle vetture, mio padre, Gaetano Cortesi, presidente e amministratore delegato dell’Alfa Romeo, ottenne con molta fatica e lunghe trattative con i sindacati 8-10 sabati lavorativi ad Arese. Essere flessibili e rispondere con tempestività ai picchi di domanda è essenziale fattore competitivo per mantenere e aumentare le quote di mercato e per salvaguardare e aumentare i posti di lavoro.
All’Alfasud di Pomigliano ai tempi si combatteva con un assenteismo del 20-30%, con fenomeni di doppio lavoro e picchi di assenze per le partite di calcio e per le esigenze stagionali dell’agricoltura: mi sembra che siano gli stessi di cui si discute ancora oggi tra Fiat e sindacati. L’Italia è rimasta immobile per tutti questi anni e per quanto tempo ancora?
Paolo Cortesi
e-mail • La testimonianza familiare è interessante, pur riferendosi a un’azienda delle Partecipazioni statali che per molti anni, nonostante gli sforzi di manager illuminati, veniva considerata dalla politica più strumento di puro e semplice assistenzialismo che non impresa soggetta alle volgari regole delle compatibilità economiche. Conosciamo i risultati cui portò quell’equivoco (caro allora a maggioranza e opposizione). Ancora più drammatica si rivelerebbe oggi l’illusione di prescindere dai vincoli dell’appartenenza a un mercato globale (che determina tanto sfide che opportunità): a Pomigliano, perciò, la posta in gioco è l’individuazione di un modello di relazioni industriali capaci di affrontare situazioni radicalmente diverse, di conciliare produttività e occupazione, di assicurare un futuro industriale al paese.