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 2010  giugno 13 Domenica calendario

LE VIRT E QUALCHE DIFETTO DELLA LEGGE BACCHELLI

Sarei favorevole all’abolizione della Legge Bacchelli. Non riesco a comprendere la ratio di questa legge: prevede l’assegnazione di un assegno straordinario vitalizio a quei cittadini che si sono distinti nel mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport e che si trovano in uno stato di indigenza. A me sembra invece voler premiare chi non ha saputo gestire oculatamente le cospicue entrate derivanti dalla propria attività.
Mauro Luglio
mauromati@tiscali.it
Caro Luglio, agli inizi degli anni Ottanta, mentre facevo visita a un malato in una clinica milanese, appresi che in una stanza dello stesso piano era ricoverato Riccardo Bacchelli. Mi dissero che era stato operato, che le sue condizioni di salute non erano buone e che le sue condizioni economiche erano, se possibile, peggiori. Stentai a crederlo. Avevo conosciuto bene Bacchelli più di trent’anni prima quando lavoravo con altri alla sceneggiatura del suo maggiore romanzo, «Il Mulino del Po», per il film che sarebbe stato diretto da Alberto Lattuada. Quando entrava nella stanza dove si tenevano le nostre riunioni portava un completo grigio ben tagliato, un gilè che gli copriva amorevolmente un ventre piuttosto pronunciato, una lobbia e un bastone col manico d’avorio. Si lasciava cadere su una poltrona e ci intratteneva di tanto in tanto con qualche aneddoto letterario. Era, ai miei occhi, un signore d’altri tempi e, come usava dire allora, certamente benestante. Viveva in via Borgonuovo, a Milano, in un palazzo dove una targa di marmo ricorda oggi la sua presenza. Quando andai a salutarlo prima di partire per un lungo soggiorno negli Stati Uniti, vidi un appartamento bene arredato, signorile.
Nella sua lunga vita (era nato a Bologna nel 1891) ebbe molti successi letterari e grandi onori, fu accademico d’Italia ed era, quando lo conobbi, accademico dei Lincei. possibile, mi chiesi, che Riccardo Bacchelli fosse diventato povero?
Era certamente possibile. Gli artisti non sono necessariamente i migliori amministratori dei loro guadagni e la vita è piena di trappole in cui possono cadere anche gli uomini più intelligenti. Il suo caso suscitò sorpresa e interesse, animò un piccolo dibattito sulle responsabilità morali dello Stato verso coloro che hanno dato un contributo alla cultura nazionale. Mi sembra di ricordare che qualcuno sollecitò anche l’intervento di Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica. La legge comunemente intitolata al suo nome fu approvata nell’agosto del 1985 e Bacchelli fu il primo a beneficiarne. Ma ne approfittò solo per qualche mese perché morì a Monza l’8 ottobre dello stesso anno. Da allora il vitalizio è stato concesso a una trentina di persone fra cui trovo i nomi di Alida Valli, Salvo Randone, Alda Merini, Augusto Guzzo, Fortunato Bellonzi, Paolo Caccia Dominioni, Guido Ceronetti, Zeno Colò, Gavino Ledda, Giorgio Perlasca e, ultimissimo, quello di Laura Antonelli.
Sarebbe meglio sopprimere la legge? So che la concessione discrezionale di un beneficio comporta sempre dei rischi. Qualcuno può essere scelto perché ha buoni amici ed estimatori. Un altro può ottenere un vitalizio, anche quando i suoi meriti sono modesti, perché il suo caso è particolarmente pietoso. Ogni scelta, quando il fondo a disposizione è necessariamente limitato, preclude altre scelte, forse molto più meritevoli. Ma la legge esiste da 25 anni, non ha fatto grandi danni e comporta per l’erario, tutto sommato, un onere molto limitato. l’equivalente democratico di quei vitalizi che i sovrani concedevano a letterati, artisti e musicisti. Esiste a questo proposito un episodio interessante. Quando viveva e lavorava a Parigi, Carlo Goldoni chiese una pensione a Luigi XVI. La ottenne, ma il re fu decapitato prima che la sua decisione diventasse esecutiva. Il commediografo italiano si rivolse allora alla Convenzione ed ebbe dalla Repubblica quello che la monarchia non aveva fatto tempo a dargli. Gli Stati cambiano, ma i grandi ingegni sopravvivono alle rivoluzioni e possono essere egualmente onorati da regimi politici del tutto diversi.
Sergio Romano