Mario Giordano, Libero 13/6/2010, 13 giugno 2010
L’AFRICA D ALLA TESTA MEGLIO NOI DEGLI ZULU E adesso, all’improvviso, siamo diventati tutti africani? Scusate, mi dissocio: va bene l’entusiasmo per i mondiali di calcio, e va bene il trasporto per i Bafana Bafana che entrano in campo ballando, vanno bene il waka waka con Shakira che fa sculettare i bambini di Soweto e va bene persino l’invasione delle vuvuzelas, quelle trombette più fastidiose di un moscerino in un occhio
L’AFRICA D ALLA TESTA MEGLIO NOI DEGLI ZULU E adesso, all’improvviso, siamo diventati tutti africani? Scusate, mi dissocio: va bene l’entusiasmo per i mondiali di calcio, e va bene il trasporto per i Bafana Bafana che entrano in campo ballando, vanno bene il waka waka con Shakira che fa sculettare i bambini di Soweto e va bene persino l’invasione delle vuvuzelas, quelle trombette più fastidiose di un moscerino in un occhio. Va tutto bene, ma mi sembra che il primo campionato del mondo che si disputa nel Continente Nero abbia trascinato con sé un qualche entusiasmo di troppo. Gol&danze, d’accordo. Ma per celebrare il trionfo dell’Africa non bastano un po’ di palloni, seppur mondialmente gonfiati. ’Il mondo ritrova le origini”, titola ”La Stampa”. ”Il gol è nero”, fa eco il Quotidiano Nazionale. ”Un calcio al mondo”, s’entusiasma il manifesto. ”La forza dell’Africa”, festeggia l’Avvenire. Sul Corriere della Sera si celebra la ”squadra di tutti neri” che fa andare in delirio i bianchi. ”I colori dell’Africa sono i colori di tutta la Terra”, si commuove Zucconi. E in tv non c’è telecronista che non si emozioni per il Continente da cui tutti discendiamo, con la musica da cui tutte le musiche discendono, con le leggende da cui tutte le leggende discendono. ”This is Africa” ha detto uno stregone zulu durante la cerimonia inaugurale. ” sembrato il manifesto programmatico del torneo”, sentenzia la Gazzetta dello Sport. ”All’africana mangeremo e giocheremo e ragioneremo per 30 giorni”. Sicuri? Occhi chiusi Per carità, capisco lo slancio emotivo e la carica retorica. Ma io non sono proprio certo di voler vivere, mangiare e ragionare nei prossimi 30 giorni come quello stregone zulu. ”This is Africa”, appunto. Con tutto il rispetto, io avrei altri gusti. Guarderò tutte le partite che potrò, mi appassionerò, discuterò, gol, non gol, fuorigioco, magari alla fine farò anche i complimenti al Sudafrica per aver organizzato bene la manifestazione, ma ecco no, non voglio diventare uno stregone zulu. This is Africa. I’m not African. Tutto questo entusiasmo, poi, si spiega solo con qualche difetto di strabismo da parte degli entusiasti osservatori di casa nostra. Bastava alzare lo sguardo sulla tribuna d’onore durante la cerimonia inaugurale, infatti, per incontrare gente come Robert Mugabe, il sanguinario dittatore che ha regnato per anni fra torture e corruzioni, riducendo il suo popolo alla fame mentre lui festeggiava i compleanni con cinquemila aragoste e fiumi di champagne. Il mondo trova le sue origini? Con lui? Nello Zimbabwe? O nel Congo, dove i civili, donne e bambini compresi, vengono massacrati a grappoli nelle strade? O nella Nigeria dove i cristiani vengono decapitati a colpi di machete? Nell’Uganda dei bambini soldato? O nella Tanzania dove si usano arti umani (tagliati a persone vive) per i riti magici degli sciamani? Il mondo trova le sue origini qui? Questa è la forza dell’Africa, come titolano i nostri giornali? Questa è la sua festa? E poi, guardate, anche il tanto celebrato Sudafrica, il paese dall’organizzazione perfetta, il paese del miracolo di Mandela, quello che, come dicono i nostri cantori rapiti sulla via di Johannesburg, dovrebbe trascinare alla salvezza il continente intero, ebbene, anche il tanto celebrato Sudafrica non è messo poi molto meglio. Bastava spostare un po’ lo sguardo sulla tribuna d’onore, l’altro giorno, per vedere accanto a Mugabe l’ex simbolo ormai decaduto della lotta all’apartheid Winnie Mandela, oggi contestatissima e accusata di ogni nefandezza, e l’intera classe dirigente del Sudafrica , colpevole se non altro di aver volutamente sottovalutato e ritardato la lotta all’Aids, portando il loro Stato ad essere il primo al mondo per numero di infettati (5,7 milioni su 48,7 milioni di abitanti) e per vittime (350mila nel 2009). E alla testa di tutti costoro, naturalmente, il folkloristico presidente Zuma, il capo di Stato che ha tre mogli contemporaneamente e sostiene pubblicamente la poligamia, e pochi mesi fa si è sposato con il costume tipico: pelle di leopardo, piume e lancia in mano, fra danze sfrenate e sbornie zulu. Bafana e befane Per carità, abbiamo celebrato le Olimpiadi a Pechino, possiamo celebrare i mondiali del Sudafrica e dell’Africa intera, nonostante gli stregoni e i presidenti zulu. E nonostante Mugabe, le stragi in Congo e l’Aids. Siamo capaci di dimenticare qualsiasi orrore, si sa, tanto poi diciamo che lo facciamo per sport e ci sentiamo la coscienza a posto. Però, ecco, piano con la retorica, piano con gli entusiasmi. Piano con i rigurgiti di cieco terzomondismo, per cui ci bastano waka waka e vuvuzelas, po’ di bonghi e un po’ di ritmo nero per sentirci subito africani. Scusate, io non si sto. Non mi sento africano, nemmeno sudafricano, quelle trombette sono fastidiose, il tripudio etnico dei nostri telecronisti pure. Il gol sarà pure nero, ma io no. E, nonostante tutto, ai Bafana Bafana continuo a preferire le nostre vecchie Befane con la maglia azzurra.