Giovanni Sabbatucci, Il Messaggero 14/6/2010, 14 giugno 2010
UNA RIVOLUZIONE BORGHESE TRA LA POLITICA DI MAZZINI E LE SCELTE SABAUDE
I temi centrali, i momenti salienti, i profili dei protagonisti del processo unitario non possono essere assenti dal quadro di nozioni essenziali su cui dovrebbe fondarsi la formazione storica di un cittadino italiano. Un tempo questi temi e queste figure avevano un larghissimo spazio nei programmi di storia fin dalle elementari, ma quello spazio conteneva molta retorica e spesso si riduceva a una galleria di icone patriottiche. Quali sono, oggi, le questioni nodali su cui gli insegnanti potrebbero insistere e a cui gli studenti dovrebbero saper rispondere? Proviamo qui a indicare le dieci che ci sembrano decisive.
1) L’Italia esiste da sempre o è una ”invenzione” degli ultimi due o tre secoli?
Italia come luogo geografico esisteva dall’antichità, anche se i suoi confini non erano ben definiti. Una lingua letteraria italiana si afferma dai tempi di Dante. E in tutta la letteratura nazionale, da Dante in poi, un’idea di Italia è ben presente. Ma questa idea diventa qualcosa di politicamente significativo solo dalla fine del Settecento, per gli influssi della rivoluzione francese e della conquista napoleonica: è allora che l’idea di nazione, in quanto comunità di popolo unita da vincoli di sangue e da comunanza di intenti, diventa un concetto-chiave della politica.
2. Quali gruppi sociali e quali correnti intellettuali contribuirono maggiormente a diffondere le nuove idee patriottiche?
I primi a muoversi furono i militari, che militavano in società segrete come la Carboneria e che furono i protagonisti dei moti costituzionali del ”20-21. Ma a diffondere il nuovo ”discorso nazionale” furono soprattutto gli intellettuali – scrittori e filosofi, poeti, pittori e musicisti – influenzati dalle idee romantiche: il Foscolo dei Sepolcri e delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, il giovane Leopardi della Canzone all’Italia, il Manzoni di Marzo 1821, il Berchet del Giuramento di Pontida, il D’Azeglio dei romanzi storici e tanti altri. Ma uno più di tutti: Giuseppe Mazzini.
3. Quale fu il ruolo di Mazzini nel Risorgimento?
Fondando la Giovine Italia nel 1831, Mazzini fece uscire il movimento dalla logica cospirativa e iniziatica delle società segrete. Ma soprattutto, con i suoi scritti e più ancora con i suoi numerosi e sfortunati tentativi insurrezionali, tenne fermo quello che per lui era il punto irrinunciabile: l’Italia non doveva essere solo indipendente, ma anche unita tutta in un’unico Stato che lui immaginava repubblicano. L’Italia unita fu molto diversa da come Mazzini l’avrebbe voluta, ma fu appunto un’Italia unita: difficilmente lo sarebbe stata senza di lui.
4. Perché fallirono i progetti federalisti?
L’idea accarezzata, soprattutto negli anni Quaranta, da molti patrioti sia di parte democratica (Cattaneo, Ferrari), sia di orientamento moderato (Gioberti, Balbo) era che l’indipendenza italiana si sarebbe potuta raggiungere più facilmente attraverso una confederazione fra gli Stati esistenti: l’importante era liberarsi dell’egemonia dell’Impero asburgico, che dominava direttamente nel Lombardo-Veneto e controllava di fatto gli altri Stati della penisola. Secondo Gioberti, questa confederazione doveva essere presieduta dal papa, secondo altri il ruolo dominante doveva spettare al Piemonte. Per Cattaneo il modello da seguire era quello della Svizzera repubblicana. Dopo il fallimento delle rivoluzioni del ”48 e della prima guerra di indipendenza, questi progetti si rivelarono però inattuabili, per l’indisponibilità dei soggetti interessati, a cominciare da papa Pio IX.
5. Quale fu il ruolo della monarchia sabauda nella realizzazione dell’unità?
Fu un ruolo decisivo. Senza di essa l’unità nazionale sarebbe rimasta un’utopia. Il Regno sabaudo era l’unico Stato italiano che disponesse di un esercito efficiente e che fosse concretamente interessato a espandersi nel resto della penisola, contrastando l’egemonia austriaca. Ma soprattutto era l’unico in cui, per merito di Vittorio Emanuele II, fu mantenuto, dopo il ”48, un regime costituzionale, quello disegnato dallo Statuto albertino del ”48. Il Piemonte divenne così il rifugio per molti esuli e il principale punto di riferimento politico dell’opinione patriottica italiana. Un ruolo reso più credibile dalla politica di riforme e di sviluppo economico messa in atto da Cavour negli anni ”50.
6. Perché Cavour è considerato uno dei padri dell’unità italiana?
Cavour fu l’artefice principale del modello-Piemonte (costituzione e libertà più sviluppo economico) e il protagonista di una diplomazia audace e fortunata. Ma soprattutto Cavour, che pure, fino al ”60 rimase scettico sulla possibilità di un Regno unitario allargato anche al centro-Sud, quando l’occasione unitaria si presentò con la spedizione garibaldina in Sicilia, seppe coglierla e darle attuazione, facendo accettare il fatto compiuto alle potenze europee.
7. Si può dire che il Risorgimento fu una ”rivoluzione borghese” e che rispose agli interessi di una classe in ascesa?
Questo elemento fu certo presente. Così come fu importante il bisogno, da molti sentito, di un mercato nazionale come presupposto per lo sviluppo economico. Ma i moventi fondamentali furono soprattutto di natura politica e ideale.
8. Quale fu il ruolo di Garibaldi e della spedizione dei Mille?
Senza l’impresa garibaldina non ci sarebbe stata un’Italia unita dalle Alpi alla Sicilia. Ma non è tutto: Garibaldi regalò all’Italia non solo la sua unità integrale, ma anche un’epopea vittoriosa che affascinò mezzo mondo e diede un contributo decisivo alla causa, anche in termini di immagine: grazie a Garibaldi e alla sua figura carismatica, il Risorgimento mantenne il carattere di una rivoluzione democratica e non solo di una ”conquista regia”
9. Che cosa si intende con l’espressione ”conquista regia”?
Questa espressione rifletteva la delusione dei democratici, per gli esiti del movimento unitario e per le modalità con cui si era compiuto: di fatto, l’assorbimento dei vecchi Stati nel Regno sabaudo, con la sua costituzione, i suoi ordinamenti accentrati e il suo re (che non si diede neanche la pena di cambiare il suo numero d’ordine da ”secondo” in ”primo”), insomma senza un processo costituente come quello che Mazzini aveva avviato con la Repubblica romana del ”49. La delusione è comprensibile. Ma una soluzione diversa, non era probabilmente realizzabile e, nell’Europa delle grandi potenze, difficilmente sarebbe stata tollerata.
10. In conclusione, l’unità fu un successo?
Sì, se si pensa alle condizioni di partenza, che, a metà Ottocento, vedevano l’Italia agli ultimi posti in Europa nelle classifiche dello sviluppo economico e civile. E soprattutto se si pensa alle alternative: divisa in tanti piccoli Stati arretrati e subalterni, l’Italia non sarebbe andata lontano.