PIETRO CITATI, la Repubblica 14/6/2010, 14 giugno 2010
LA VISIONE CELESTE DEL DIVINO
Tutto lascia credere che, all´inizio della sua missione, Maometto abbia immaginato di vedere Dio: da vicino, «alla distanza di due archi o meno», Egli gli fece la rivelazione: il Corano. Più tardi, verso la fine della vita, Maometto ebbe dubbi su quello che aveva visto: fu incerto se la sua era stata veramente una visione; questi dubbi furono accolti dall´ultima moglie, Ai´sa, che in una frase memorabile ricordò che Maometto aveva avuto un «sogno veridico». Questa visione, o questo sogno, diventò un momento essenziale nella vita dell´Islam: ne derivò una mistica; e una serie di racconti popolarissimi sul viaggio del profeta in cielo. In Italia conosciamo Il libro della Scala di Maometto, che venne tradotto in latino, e forse conosciuto da Dante (SE, a cura di Carlo Saccone, pagg. 200, euro 20). Un altro testo è Il viaggio notturno e l´ascensione del profeta, di ignota epoca e di ignoto autore, appena pubblicato da Einaudi nella bella traduzione di Ida Zilio-Grandi, con due saggi di Cesare Segre e di Maria Piccoli (pagg. XLII-126, euro 24).
Maometto trascorre la notte nella casa di Fahita, insieme alla figlia, Fatima la Radiosa. Qualcuno bussa alla porta: Fatima va ad aprire, e scorge un angelo coperto di gioielli, con due ali verdi che sbarrano la vista ad oriente e ad occidente: porta in capo un diadema ornato di perle e pietre preziose, e sulla fronte la scritta: «Non c´è dio al di fuori di Dio, Maometto è l´inviato di Dio». Fatima ha paura. Il padre riconosce l´angelo Gabriele, che gli aveva rivelato i primi versetti del Corano. Ora Gabriele gli dice: «Mio amato, indossa le tue vesti e acquieta il tuo cuore. Questa notte parlerai con il Tuo Signore, che non conosce né sopore né sonno».
Così comincia il miracoloso viaggio celeste. Il profeta sale sul dorso di Buraq, una creatura insieme umana ed animale: ha il viso umano, il corpo simile a quello di un mulo, la criniera fatta di una tramatura luminosa di perle fresche e di bacchette di giacinto, gli orecchi di smeraldo, gli occhi che irradiano bagliori come quelli del sole. Buraq possiede una conoscenza dei cieli che Maometto ignora: ma, nella gerarchia delle creature, è inferiore al Profeta, e gli domanda di intercedere per lei il giorno del giudizio.
Il viaggio di Maometto avviene tra una moltitudine di angeli. I testi apocalittici ebraici e cristiani avevano rappresentato migliaia e migliaia di angeli che lodavano Dio: col viso simile al sole, la fronte cinta dall´arcobaleno, e le gambe come colonne di fuoco. Ma la vera patria degli angeli è l´Islam. Quasi sempre appaiono in gruppi di settantamila: le spalle sono così vaste che un uccello veloce non può coprire in cinquecento anni la distanza tra le due spalle; e tengono in mano tutta la creazione, come un granello di senape nel deserto. Il sacro islamico esige grandezza, enormità, eccesso di luce, e talvolta una specie di vertiginosa mostruosità, che richiama alla memoria le antiche figure babilonesi ed iraniche. Nel primo cielo, Maometto incontra un angelo mezzo di neve e mezzo di fuoco, senza che il fuoco sciolga la neve e la neve estingua il fuoco: ha mille teste, ogni testa ha mille volti, ogni volto mille bocche, ogni bocca mille lingue che glorificano Dio in mille parlate diverse: «Sia gloria a colui che unì la neve ed il fuoco».
L´ascesa di Buraq e di Maometto procede velocissima di cielo in cielo: cinquecento anni di cammino sono superati in un batter d´occhi, quasi al di fuori del tempo. Via via essi si lasciano alle spalle il cielo di ferro, quello di rame, di argento bianco, di oro rosso, di giacinto verde, finché giungono nel settimo cielo, di perla bianca, dove «non si ode il graffiare di un calamo»: dunque al di sopra di ogni scrittura e letteratura, nel puro ineffabile divino. Come i cieli, scorrono i profeti: Davide, Salomone, Giuseppe, Abramo, Mosè, Adamo. Intanto si ode il Grido di Dio: Dio è, in primo luogo, una voce, un´immensa potenza fonica; il culmine e il cuore spirituale di ogni realtà fisica. Questa voce esalta Maometto: «Non contraddire il mio amato Maometto»; «Conducete il mio amato Maometto nella Luce». Se il sacro è l´enormità dello spazio e della luce, un semplice uomo, nato e destinato a morire, sta al di sopra di qualsiasi grandezza, nella quale Dio si esprime.
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Quando Maometto arriva un´ultima volta alla presenza di settantamila fila d´angeli, si ode di nuovo il Grido di Dio: «Sollevate i veli tra me e il mio amato Maometto». Il profeta aveva già superato settantamila veli di luce bianca, settantamila veli di smeraldo verde, settantamila veli di broccato di seta, settantamila veli di taffetà, settantamila veli di luce e settantamila veli di tenebra, settantamila veli di muschio, settantamila veli d´ambra e settantamila veli di Potenza; e ora supera veli che Dio solo conosce. In questo momento percepisce «qualcosa di sublime, che nessuna fantasia può immaginare e nessun pensiero raggiungere». Il Corano affermava che Dio parla agli uomini soltanto dietro un velo: mentre Maometto si lascia dietro anche l´ultimo velo, e si trova «alla distanza di due archi, o meno» da Lui.
Questo momento supremo è un´esperienza totale, che Maometto conosce sia nell´anima sia nel corpo. Dio pone la mano tra le scapole di Maometto; e lui prova un´alleviante frescura al fegato o al cuore. Ma, al tempo stesso, sia Maometto sia l´autore del Viaggio notturno sanno che vedere Dio è impossibile. Quando Dio domanda: «Mi vedi con i tuoi occhi?», il profeta risponde: «La vista non ti percepisce... La Tua Luce, il Tuo Splendore e la Tua Maestà hanno accecato la mia vista. Ti vedo soltanto con il cuore». La conoscenza fisica di Dio non può venire cancellata, ma insieme viene cancellata, perché quando percepiamo Dio, percepiamo solo un´infinita luce: è il paradosso di ogni esperienza mistica. Il rapporto di Maometto con Dio è diretto, immediato, senza distanza né intermediari, «faccia a faccia». Dio ribadisce: «Se ho creato Adamo con la Mia mano, l´ho creato d´argilla, mentre ho creato te con la luce del Mio volto. Se ho scelto Abramo come amico, ho scelto te come amato, e l´amato è meglio dell´amico. Se ho parlato con Mosè, gli ho parlato da dietro un velo, sul monte Sinai, mentre con te ho parlato sul tappeto della Prossimità e senza alcun velo».
Quando Maometto lascia il culmine dei cieli, ritrova l´angelo Gabriele, che lo accompagna fino all´entrata del Paradiso. Qui Ridwan, il Guardiano, lo prende per mano e lo accompagna nei Giardini. Maometto guarda, e la terra è bianca come fosse d´argento, i ciottoli sono di perle e di corallo, la polvere di muschio, le piante di zafferano, gli alberi hanno foglie d´argento e d´oro. Una cupola di perla sta sospesa, senza che nulla la sorregga e la sostenga. Dentro la cupola ci sono mille cappelle, e in ciascuna ci sono mille stanze, e in ogni stanza mille divani, e su ogni divano mille giacigli di broccato di seta, e un fiume d´acqua corre tra giaciglio e giaciglio. Nella cupola di perla c´è una cupola di smeraldo verde, e all´interno un divano d´ambra bianca tempestato di diamanti e pietre preziose, dove sta adagiata una donna, con le palpebre scure di collirio, e occhi grandi dalla cornea rosa e le pupille nerissime.
Maometto ritorna a casa, dove la figlia Fatima lo attende. Ormai sa tutto del mondo, che egli stesso ha contribuito a creare. Esso ha due culmini. Quello supremo è un Dio che egli non può vedere, o vede soltanto nelle profondità del cuore. L´altro culmine è il Paradiso, che invece riempie il suo sguardo: mentre lo percorre, contempla la nostra stessa realtà terrena, più bella, ricca e lussuosa, portata in alto e spiritualizzata. Tra l´invisibile e il meraviglioso visibile, egli conosce la vita felice.