Claudio Gatti, Il Sole-24 Ore 13/6/2010;, 13 giugno 2010
E IL RE DELLA CLASS ACTION AFFILA LE ARMI
Il suo studio è in un’anonima palazzina di mattoni marroni su un’anonima strada di Reserve,un agglomerato della Louisiana che si fa fatica a definire urbano. A un’orettadi auto da New Orleans e nel bel mezzo di niente, come si dice qui in America.
Intorno ci sono solo campi. Ma a Daniel Becnel Junior va bene così. Lui è un avvocato-contadino. Ogni mattina si alza verso le 4 per andare a nutrire le sue 500 galline ovaiole, i cinque cavalli, gli otto cani e i loro cuccioli. Dopo aver curato l’orto e magari raccolto qualche pomodoro, verso le 6:30 sale a bordo di una delle sue quattro Mercedes per percorrere le sei miglia che separano la fattoria dal suo studio.
lui di solito il primo a mettere piede in ufficio. Verso le 7 arriva la seconda Mercedes. quella di Kay Severn, la fedelissima segretaria con lui da 26 anni, che ha ricevuto l’auto come bonus (un altro anno le è andata meglio: una casa con vista su campo da golf).
Per un avvocato, Becnel è senza dubbio un tipo fuori dalla norma. Ma sottovalutarlo può costare caro. Beh, a dir la verità hanno pagato caro anche coloro che non lo hanno sottovalutato. Dal suo studio nel bel mezzo del niente Becnel è infatti diventato uno dei baroni delle class action. Nella sua quarantennale carriera legale, ha fatto causa a produttori di vaccini, di contraccettivi, pacemaker, pillole dietetiche, defribillatori e Viagra. Poi alla Shell, alla Toyota e adesso anche alla Bp e il suo management. A nome di immobiliaristi della Florida, pescatori della Louisiana, ma anche di grandi fondi pensione (che hanno perso una montagna di soldi con il crollo del titolo e vogliono rivalersi sui manager della società petrolifera).
Per Bp sarà una bella gatta da pelare. Se i produttori di sigarette americani sono stati condannati a pagare 328 miliardi di dollari è stato inseguito a una cena nella lontana estate del 1994, quando Becnel e altri due avvocati di New Orleans decisero di pensare l’impensabile: lanciare un massiccio attacco frontale al’intera industria Big Tobacco. «Fino ad allora ogni singola causa fatta contro di loro era stata persa. Ma noi decidemmo di creare una supercoalizione di avvocati disposti a dividersi i compiti lavorando come un unico team e a mettere ognuno 100mila dollari di tasca propria per finanziare un fondo comune di 6 milioni di dollari con cui partire. Molti ci hanno detto che eravamo pazzi, ma quelli che ci hanno seguiti non se ne sono pentiti»,dice l’avvocato- contadino. Il suo ritorno su quell’investimento di 100mila dollari? Un milione di dollari che i produttori di sigarette gli stanno pagando. All’anno. Per 25 anni.
Con lo stesso approccio Daniel Becnel Junior ha fatto partire la sua campagna contro Bp. Ha già messo insieme una rete di oltre 100 avvocati con cui è in contatto quotidiano attraverso un’apposita mailing list elettronica. A loro supporto ha già attivato una pletora di esperti in 48 campi- dall’ingegneria meccanica alla fotogrammetria.
Poi, come nella grande guerra a Big Tobacco, ha avviato una campagna mediatica. Solo negli ultimi giorni, oltre all’inviato de Il Sole 24 Ore, ha ricevuto nel suo ufficio un giornalista del New York Times, uno di Der Spiegel e una troupe della tv francese. E a ognuno di loro ha dedicato un minimo di due ore.
Terza gamba della sua strategia: l’attivazione del mondo politico. A partire dalla stessa Casa Bianca, dove lavora uno dei figli (la sua è da sempre una famiglia di democratici e suo padre, pure lui avvocato, è stato nel parlamento statale della Louisiana). Il 19 maggio ha scritto un’email a un consigliere della Casa Bianca con un elenco di nove suggerimenti per il presidente. Alcuni di natura legale, altri di carattere più prettamente politico. Non avendo ricevuto risposta, qualche giorno fa ha inviato un sollecito.
Sempre a maggio ha poi suggerito una mezza dozzina di esperti al consigliere legale della Commissione Energia e Commercio della Camera che aveva in programma una serie di udienze sulla catastrofe Deepwater.
Il 29 luglio un panel di giudici federali si riunirà a Boise, in Idaho, per consolidare le centinaia di cause già depositate sulla vicenda Bp-Deepwater in un unico procedimento davanti a un unico tribunale (o al massimo due). Becnel chiederà che siano date al tribunale di New Orleans, perché la maggior parte delle vittime e dei danni sono stati in Louisiana.
Bp chiederà invece un tribunale di Houston. «Il motivo formale è che tutte le società interessate Bp, Halliburton e Transocean hanno sede in Texas», spiega lui. «Il motivo reale è che lì contano di trovare un giudice migliore. Più...amichevole.Perché in un modo o nell’altro, a Houston sono tut-ti legati all’industria petrolifera ».
Comunque vada a finire, Becnel è sicuro di sé. Non è la prima volta che va all’attacco di Big Oil. Ha già fatto causa a Shell quando una raffineria a meno di 10 chilometri dal suo studio è esplosa. Conclusione: un patteggiamento da 200 milioni di dollari. Dopo Katrina ha fatto causa a un’altra società petrolifera, Murphy Oil, accusata di non aver adeguatamente protetto un deposito di benzina causando la contaminazione di 6mila abitazioni della zona. Questa è finita con un patteggiamento da 300 milioni.
Dal suo punto di vista è come se avesse già vinto anche contro Bp & Company. «Ho tutti gli esperti che mi servono per provare la negligenza. E soprattutto il know-how legale per essere sempre un passo avanti all’avversario », dice.
Visto il suo pedigree potrebbe avere ragione. Anche se, per dovere di cronaca, occorre aggiungere che Becnel ha una leggera tendenza all’esagerazione. L’abbiamo constatato in prima persona: subito dopo aver ricevuto una richiesta di intervista dall’inviato de il Sole 24 Ore ha mandato un’email alla sua mailing list di avvocati annunciando che avrebbe il «direttore e general manager del più grande quotidiano d’Italia». Come facciamo a saperlo? Perché non ha esitato a darcene copia.
Nessuna falsa modestia, nessuna remora. Le migliori doti di un grande avvocato.