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 2010  giugno 13 Domenica calendario

COME INVIATO METTEVA TUTTI «KAPUTT»

Giugno-settembre 1941. Operazione Barbarossa. Hitler sferra l’attacco a Sta­lin. Al seguito dell’XI armata del generale Eugen Ritter von Schobert ci sono due giornali­sti italiani che procedono su una Ford. Uno è Curzio Malaparte, ri­chiamato nel 1940, corrisponden­te per il Corriere della Sera nono­stante figuri alle dipendenze del­l’ufficio stampa dello Stato mag­giore come ufficiale comandato. L’altro è Lino Pellegrini, sottote­nente, non inserito nell’elenco dei corrispondenti di guerra, ma comunque autore di articoli per il Popolo d’Italia .
I reportage di Malaparte, una ventina, ottengono un successo clamoroso, al punto da incremen­tare le vendite del giornale. Fini­ranno, ritoccati, in almeno tre li­bri famosi: Il Volga nasce in Euro­pa , a La pelle e nel capolavoro Ka­putt .
L’odissea al fronte finisce ai primi di agosto, il 7 Malaparte è in albergo a Bucarest. Le ultime cor­rispondenze sono del mese suc­cessivo. Nel frattempo il giornali­sta è già rientrato in Italia.
Finita l’avventura, inizia la leg­genda. Secondo i detrattori, ad esempio Bruno Fallaci interroga­to nel 1944 dagli Alleati, Malapar­te non si è mai mosso dalla capita­le della Romania. I suoi pezzi so­no letteratura. Di recente è saltata fuori l’intercettazione di una tele­fonata del direttore del Corriere della Sera Borelli, uno sfogo con­tro Vergani e Malaparte: «Manda­no le corrispondenze dal fronte, mentre uno (Vergani, ndr ) va a r
passeggio per Roma e l’altro (Ma­­laparte,
ndr ) si fa vedere a Capri».
 il 26 settembre 1941,stesso gior­no dell’uscita dell’ultimo servizio «dal fronte» di Malaparte, in real­tà sull’isola.
Curzio ha offerto una versione quasi drammatica dei suoi ultimi giorni come corrispondente, se­guendo la quale la lamentela di Borelli sidovrebbe riferire solo al­l’ultimo articolo della serie. Dopo aver fatto tappa a Bucarest in ago­sto il cronista sarebbe ripartito da solo per Petscianka al fine di recu­perare il manoscritto di Kaputt .t Poi sarebbe stato arrestato dai te­deschi e costretto a non scrivere più. A quel punto, sarebbe torna­to in Italia. Come ha scritto Gior­dano Bruno Guerri, biografo di Curzio, la verità sta nel mezzo. La persecuzione nazista è esagerata (il giornalista rientrerà per i postu­mi di un malanno) ma non inven­tata di sana pianta. Infatti docu­menti del Minculpop datati gen­naio 1942 spiegano: «Curzio Ma­laparte viene considerato da par­te germanica come elemento non gradito perché avrebbe as­sunto negli scritti un atteggiamen­to contrario al nazional-sociali­smo ». Per questo «si ha intenzio­ne d­a parte tedesca di non conce­dere al Malaparte, in alcun caso, il permesso di recarsi al fronte orientale». In un’altra informati­va, si sottolinea che i reportage esaltano «l’eroismo» dell’Armata Rossa. Non a caso, tra gli estimato­ri di quei servizi, c’è Palmiro To­gliatti, segretario del Pci. Insom­ma, Malaparte non era amato dai nazisti, ed è plausibile che lo ab­biano infastidito. Ma torniamo al viaggio sulla scalcagnata Ford guidata da Pelle­grini. Avvenne? Non avvenne? E cosa vide in effetti Malaparte, nel primo caso? Un articolo di Fabio Fattore, Curzio Malaparte, corri­spondente di guerra (sul numero in uscita di Nuova storia contem­poranea ) contiene alcune fotogra­fie scattate da Pellegrini che testi­moniano alcuni spostamenti e in­contri. Malaparte giunge a Jassy, in Romania, ai primi di luglio. Il 28 e 29 giugno la città èstata vittima di un atroce pogrom scatenato dalle autorità rumene: muoiono 14.850 ebrei. L’episodio è al cen­tro di Kaputt . Malaparte racconta t di aver cercato, con Pellegrini e l’agente consolare italiano«Sarto­ri », il cadavere di un professore ebreo, e di averlo trovato in mez­zo a­centinaia in un vagone piom­bato abbandonato a Podu Iloaiei.
Nella vicenda spicca un eroico Li­no Pellegrini, fino a quel momen­to descritto da Malaparte come «un bravo ragazzo, uno stupido fa­scista », che affronta con coraggio il potente capo della polizia rume­na gridando: «Lei è un assassino di ebrei».
Secondo Fattore, il racconto di Malaparte è vero nella sostanza: l’allucinante ricerca ci fu,come testimonia il genero dell’avvocato rumeno, poi identificato in Geor­ge Altain. Forse Malaparte non fu testimone diretto del fatto. Ma at­tinse da fonti di prima mano. Idem per la ricostruzione del po­grom .
Come abbiamo detto, Ma­laparte arrivò a Jassy a massacro appena concluso. Il suo articolo seguiva la spiegazione ufficiale, repressione di una sommossa ebraica sostenuta da paracaduti­sti sovietici. Una menzogna. Ep­pure nel suo reportage da qual­che parte doveva affiorare la veri­tà. Dopo aver letto il Corriere , il 17 luglio 1941, l’autore esce dai gan­gheri e si lamenta con il collega Costa di stanza a Bucarest perché il pezzo «è stato tagliato barbara­mente » e «il titolo è in contrasto col contenuto».
Il 5 luglio parte con Pellegrini con una Ford V8 presa a nolo. So­no inseriti in una colonna moto­rizzata tedesca ma devono cavar­sela da soli. Passano in Ucraina. Pellegrini ricorda un Malaparte coraggioso ma ipocondriaco, non teme i proiettili ma le malat­tie. La macchina si rovescia, ri­mangono isolati qualche giorno in un villaggio in una fattoria dove Curzio è entusiasta perché può ve­de­re senza filtri la società comuni­sta.
Tornano quindi a Jassy l’8 lu­glio. Ripartono quattro giorni do­po, deviano per incrociare gli alpi­ni italiani, assistono allo sfonda­mento della linea Stalin, attraver­sano campi di battaglia dissemi­nati di cadaveri. Malaparte in ap­parenza è freddo. Pellegrini rac­conta però di averlo visto sconvol­to di fronte ai cavalli feriti, ai quali «portava fasci d’erba raccolti lì per lì». Inizia a parlare del suo amato cane, lega la sua morte a quella dell’animale... Pellegrini è così colpito dalla reazione da ri­trarla in una fotografia. Forse è questo il momento in cui nasce l’idea di Kaputt , in cui ogni sezio­ne è ispirata a una bestia, e in cui una scena memorabile è riserva­ta proprio ai cavalli straziati.
A proposito di Kaputt . Dall’arti­t colo emerge che il titolo di lavora­zione era diverso: God shave the king , un gioco di parole, g Dio truffa ilre e non save cioè salva come nel­la espressione originale.
Un titolo che lascia pensare che la prima stesura, effettuata in Romania, fosse stata scritta «supponendo la vittoria dell’Asse» (Fattore).
Infine: ammettiamo pure che Malaparte lavorasse di sola fanta­sia, comodamente seduto in pol­trona. Farebbe qualche differen­za? No, Kaputt resterebbe uno splendido romanzo (troppo a lun­go sottostimato) e una testimo­nianza terribile sulla Vecchia Eu­ropa colata a picco da assassini ideologizzati.