Marcello Foa, il Giornale 14/6/2010, 14 giugno 2010
FIAT, ECCO IL MANAGER SABAUDO CHE DA 14 ANNI SFIANCA I SINDACATI
Se fosse nato ai tempi del Regno, Paolo Rebaudengo sarebbe stato un Alto servitore del re, intelligente e discreto, leale e rigoroso; oculato nell’utilizzo delle risorse pubbliche più ancora che delle proprie. Ma è nato nel 1947, ad Asti, ed è cresciuto nell’Italia repubblicana e consumista. Eppure Paolo Rebaudengo è rimasto,nell’animo e nel portamento, un sabaudo.
alto, magro, molto ben educato, di poche parole, la fronte ampia, i tratti regolari. Non fuma, non beve, non gli si conoscono debolezze, né eccentricità, a parte un solo vezzo. Ama le cravatte con gli stemmi araldici e gli scudi, appena accennati, naturalmente, e su sfondo blu. Non ama mettersi in mostra e difficilmente i passanti lo notano incrociandolo per strada nella sua Asti, dove ancora vive con la moglie, che è segretario comunale, o a Torino, dove lavora.
Se digitate il suo nome su Google, scoprirete che è citato migliaia di volte, ma non troverete una biografia più lunga di cinque righe, mai un’intervista, mai un aggettivo di troppo. A dire il vero non troverete mai nemmeno una sua foto. Rebaudengo esiste, ma non appare. Eppure è il responsabile delle relazioni industriali della Fiat, ovvero è colui che da 14 anni difende gli interessi dell’azienda nelle trattative con i sindacati. Dicono che sia un duro e che per questo riesce a strappare concessioni che all’inizio del negoziato sembrano improbabili. E duro lo è davvero, ma mai volgare, mai infido, sempre leale; come ammettono, per primi, gli stessi sindacalisti che lo hanno conosciuto e affrontato in questi anni.
Dalla Fiom, alla Fim alla Uilm i giudizi sono unanimi: « un avversario di cui tutti hanno stima». «Non gli ho mai visto sferrare un colpo sotto la cintura», confida un rappresentante dei lavoratori. « una persona trasparente, chiara e anche molto diretta », conferma Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania. «Chiarisce sempre in partenza se si può andare in una certa direzione o no. E sa mantenere la rotta ». Insomma, non fa perdere tempo con inutili divagazioni e non nasconde la pistola sotto il tavolo.Iniziò lacarriera all’Inps e nel 1973 entrò nel gruppo, dapprima alla Weber, poi alla Fiat Auto e al Settore trattori e macchine movimento terra, sempre come responsabile del personale o nell’ambito delle relazioni industriali. Pur non essendo un giurista (è laureato in scienze politiche) ha maturato una competenza straordinaria nell’ambito della contrattualistica e delle leggi del lavoro. Divenne responsabile delle relazioni industriali nel 1996 e nessuno degli amministratori delegati che si sono avvicendati a Torino ha pensato di rimuoverlo; nemmeno il temutissimo Sergio Marchionne, che quando c’è da tagliare una testa non si fa certo pregare.
Quella di Rebaudengo non è mai stata in pericolo; anzi. Da qualche tempo risponde direttamente all’amministratore delegato. Di lui Marchionne si fida, benché non sia certo uno yesman . Negli ambienti del Lingotto si sussurra che Rebaudengo sia uno dei pochi che non esita a esternare le proprie perplessità. Con rispetto, nei dovuti modi, naturalmente. Quando un giorno udì Marchionne affermare che le relazioni industriali del gruppo erano pessime, anziché far finta di nulla o tentare giustificazioni, si alzò e disse: «Se è questo il suo giudizio, ho le mie responsabilità». Fu confermato all’istante.
Quando si siede al tavolo con i sindacati è accompagnato da Giorgio Giva, responsabile delle relazioni istituzionali. Il gatto e la volpe. O la volpe e il gatto. «Uno interpreta il ruolo del buono, l’altro del cattivo - rivela una fonte sindacale - ma la volta successiva si invertono i ruoli». Intercambiabili e flessibili. Rebaudengo, oggi 63enne, non segue mai la stessa strategia, la cambia a seconda delle circostanze.
Talvolta, durante negoziati lunghissimi ed estenuanti, appare distratto, taciturno; in realtà non gli sfugge nulla. Dotato di una memoria infallibile, non si accontenta mai e tratta fino all’ultimissimo secondo, non fosse che per una virgola. Rompere con lui non è mai un affare, perché quando il dialogo riprende, le condizioni sono sempre peggiori rispetto a prima. E non c’è modo di farlo ricredere.
Ora la complessa partita in corso è per Pomigliano d’Arco e la sta vincendo, a modo suo. Con l’abnegazione di un servitore sabaudo.
METODO Non segue mai la stessa strategia, la cambia a seconda delle circostanze
TEAM «Con il collega Giva una volta recita la parte del gatto e l’altra della volpe»