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 2010  giugno 14 Lunedì calendario

MOSCA DIVISA TRA LA COPIA E

l’ORIGINALE-
Recentemente ho avuto a cena il più rispettato commentatore politico televisivo della Russia e un ex alto ufficiale del Cremlino. Quasi subito la conversazione si è soffermata sull’argomento politico più discusso nel Paese: chi sarà nel 2012 il prossimo presidente russo?
Reggeranno gli accordi tra il primo ministro Vladimir Putin e il suo protetto, il presidente Dmitry Medvedev o Putin, che è stato presidente per otto anni, rivorrà indietro il suo posto?
Non riuscendo a mettersi d’accordo, i miei due ospiti hanno fatto una scommessa. Uno ha puntato sul ritorno di Putin. L’altro era certo di un secondo mandato di Medvedev.
Premesso che non si tratta di un affare da poco e tenendo presente che i russi amano il buon vivere, i due ospiti hanno stabilito una posta adeguata. Il vincitore si prenderà sei bottiglie di Château Petrus.
Il cosiddetto tandem Putin-Medvedev è senza precedenti in Russia. La gente qui è abituata ad avere un leader, non due. I primi ministri in Russia prendono ordini dal presidente. E’ lui a nominare e a licenziare il capo del governo. Il Parlamento deve appoggiare la sua scelta ma già da tempo questa è una semplice formalità.
In teoria è Putin a dover rendere conto a Medvedev. In realtà è ancora lui l’uomo forte della Russia, la figura più potente del Paese. Abbiate perciò un attimo di compassione per Medvedev.
Immaginatevi di aver lavorato per il vostro capo per oltre un decennio. Andate molto d’accordo, ma non ci sono dubbi su chi comanda. E per di più il resto dell’azienda idolatra il capo. Un bel giorno vi annuncia che siete voi il suo prediletto; vuole che gli diate il cambio. E lui farà tutto il possibile per assicurarvi l’appoggio dell’azienda. Ottimo. C’è solo una piccola clausola: lui resterà per farvi da vice. E naturalmente, può sempre decidere di riprendersi il posto che vi ha appena ceduto.
Inevitabilmente all’inizio pochi presero sul serio Medvedev. Bravo ragazzo ma non è lui a decidere, si diceva. Una marionetta, avevano concluso i media stranieri. Il rapporto tra i due invece è ben più complesso. Putin ha il massimo rispetto per il suo protetto. Non lo tiranneggia ed è sempre stato molto attento a non dare di lui un’immagine pubblica debole. Da tempo Putin cerca di concentrarsi sul suo ruolo di premier, tentando di evitare di interferire in argomenti che sono di stretta competenza presidenziale, come la politica estera ad esempio.
C’è di sicuro grande rivalità fra le squadre dei due leader ma, a mio parere, non tra i due uomini, che si conoscono da oltre 15 anni.
Adesso l’ultima moda fra gli opinionisti è parlare dei tentativi che fa Medvedev per lasciare la sua impronta. Tutti concordano nel dire che il presidente sta diventando sempre più indipendente, sia nel suo stile che nelle decisioni. Alcuni illusi hanno persino interpretato alcune sue dichiarazioni come una critica a Putin.
E’ stato interessante osservare come Medvedev tenta di imporre la sua autorità, senza veramente scrollarsi di dosso l’ombra di Putin. Confesso che a volte è stato anche uno spettacolo bizzarro. In due anni Medvedev ha imparato perfettamente a imitare lo stile del suo predecessore. Il suo modo di parlare è cambiato così radicalmente che a volte è facile scambiare la sua voce per quella di Putin.
Di piccola taglia, indossa giacche attillate per apparire più atletico e copia la camminata da macho del primo ministro, facendo ondeggiare le spalle a ogni passo. Come Putin, agli incontri informali Medvedev indossa una maglietta nera attillata sotto una giacca, un abbigliamento da guardia del corpo più che da capo di Stato.
Quella di Medvedev è una buona imitazione, ma non convince. A differenza di Putin, il presidente russo non è per nulla macho. Sono entrambi laureati in legge ma da adoloscente Putin, come ha ammesso lui stesso più volte, aveva atteggiamenti da teppista. Ha anche lavorato per ben 16 anni nel temuto KGB. Per contro, Medvedev è nato in una famiglia di innocui accademici. Per riassumerla in modo semplice: Putin è cintura nera di judo. Medvedev invece ama lo yoga.
I due condividono una visione e sono una squadra ma è vero che il presidente, il leader più giovane che la Russia abbia avuto dopo lo zar Nicola II, sta cercando di lasciare la sua impronta. Più giovane di una generazione del suo mentore e appassionato utente di Internet, è molto più liberale e moderno di Putin. Ha condannato apertamente l’endemica corruzione del Paese e ha promesso di mettere fine a ciò che definisce come il «nichilismo giuridico» della Russia.
Ha anche dato il via ad una nuova tendenza, licenziando pezzi grossi della polizia e altri ufficiali coinvolti in scandali nazionali, ritenendoli perciò responsabili per le azioni dei loro subordinati, un concetto assolutamente alieno alla Russia.
Ha risposto ad appelli pubblici che gli sono stati rivolti direttamente, dimostrando molta più sensibilità di Putin all’opinione pubblica. Inoltre ha mostrato di essere a favore di una maggiore libertà di stampa.
La sua visione della Russia crede nella modernizzazione e la diversificazione. Non si basa solo sulla forza militare, il potere statale e la dipendenza esclusiva dal petrolio come invece fa quella di Putin. E per finire, in commenti che Putin non si sognerebbe mai di fare in pubblico, recentemente Medvedev ha definito l’Unione Sovietica uno Stato totalitario e ha fermamente condannato Joseph Stalin.
Parole, per lo più, non seguite da azioni, ma nondimeno incoraggianti. Sono un primo segno che la Russia si sta evolvendo verso una società più aperta e che Medvedev non è poi la marionetta che si pensava. Questo anche se il presidente non prenderebbe alcuna decisione di grande importanza senza prima consultarsi con Putin.
Il vero problema, tuttavia, è che pochi prendono Medvedev veramente sul serio. Il motivo è semplice. Finché Putin mantiene aperta l’opzione di un suo ritorno alla presidenza, l’enorme apparato statale russo continuerà a pensare a Medvedev come a un leader provvisorio. La maggior parte dei burocrati russi, le cui principali motivazioni sono l’autotutela e i propri interessi, ascolta quello che dice il presidente ma poi fa solo finta di agire. In realtà stanno a guardare e aspettano di vedere cosa porterà il 2012.
Molti stimano Medvedev ma il punto cruciale è che non lo temono. La gerarchia statale russa è basata sulla paura del proprio capo e questo è un Paese che ama essere guidato con il pugno di ferro. Putin il tosto, a differenza del suo prediletto successore, è temuto, spesso profondamente temuto. I burocrati russi hanno un sesto senso quando si tratta di capire chi è il capo. Finché Putin li tiene sul filo del rasoio, rifiutandosi di escludere un suo ritorno al Cremlino tra soli due anni, Medvedev non potrà che essere un leader frustrato.
E per quanto riguarda la scommessa fatta dai miei due ospiti, io per lo meno sarò soddisfatto qualunque sia il risultato. Gli ho fatto promettere che chiunque vinca, la prima bottiglia di Château Petrus sarà bevuta alla mia tavola.
*Corrispondente da Mosca del Sunday Times di Londra