Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 12 Sabato calendario

HI-TECH A UN PASSO DAL CIELO COS CAMBIANO I RIFUGI ALPINI - TRENTO

Del rifugio alpino tradizionale è rimasto il posto letto in camerata, le tariffe popolari, il menu scarno ed obbligato e la fatica per salire (a piedi) in alta quota. Per il resto tutto è cambiato: via i vecchi generatori a gasolio rumorosi e puzzolenti, sostituiti da mini centrali idro-elettriche e da pannelli fotovoltaici sul tetto; basta con i vecchi «wc» che si aprivano pericolosamente sul vuoto, molto meglio un micro depuratore; dimenticate i vecchi telefoni con le linee che si interrompevano al primo temporale: anche a 3 mila metri di quota si parla quasi ovunque al cellulare (alcuni rifugi sono dotati di ripetitori privati), talvolta con la possibilità di navigare su internet con una rete wi-fi.
Ecco a voi il rifugio hi-tech, con un occhio alle nuove tecnologie e l´altro all´ambiente: «Perché per chiedere ai turisti di comportarsi bene in montagna bisogna dare il buon esempio» spiega Paolo Scoz, presidente della commissione rifugi della Società alpinistica trentina, proprietaria di 35 rifugi dolomitici, sui versanti della provincia di Trento. L´apertura ufficiale della stagione è fissata per il 20 giugno, quando le Dolomiti festeggeranno la tutela dell´Unesco con un concerto di 11 cori in contemporanea in altrettanti rifugi alpini: dalle Dolomiti di Brenta alle Pale di San Martino, passando per le vette della valle di Fassa. Cambiano i clienti (sempre più numerosi, sempre più esigenti e sempre meno alpinisti) e cambiano i rifugi.
Il punto di riferimento delle nuove baite di montagna è sulle Alpi Svizzere: l´hanno chiamata nuova Capanna Monte Rosa ed è una struttura in vetro e legno (quasi) completamente autosufficiente dove l´acqua che esce dal rubinetto è neve sciolta, l´energia elettrica viene prodotta da una batteria di pannelli solari e la temperatura della sala da pranzo è controllata da un computer collegato con l´università di Zurigo, dove studiano il rifugio per progettare le case del futuro: «Per noi questo è un laboratorio. Quello che funziona a 3 mila metri di quota, certo non avrà problemi a fondo valle» spiega Peter Buchel, architetto del Club alpino svizzero.
Al rifugio Caduti dell´Adamello sperimentano una centrale che usa l´idrogeno per accumulare l´energia. Ma non sono tutte rose e fiori: «Ai 3.500 metri del Vioz (Ortles-Cevedale, nel parco naturale dello Stelvio) avevamo avviato un progetto con tecnologie molto avanzate per la produzione di energia pulita, ma in parte abbiamo fatto marcia indietro: lassù ci possono essere condizioni terribili e i voli in elicottero per la manutenzione annullavano i benefici delle nuove tecnologie, calcolando anche che gli investimenti si possono distribuire solo sui tre mesi estivi» spiega Scoz. Il sogno dell´autosufficienza si può raggiungere, allora, con le mini centrali idroelettriche che potrebbero alimentare anche un piccolo albergo purché ci sia l´acqua, cosa non scontata tra le rocce dolomitiche.
Quella dei rifugi alpini è una storia lunga cent´anni, insomma fine Ottocento, quando si conclude la conquista delle Alpi occidentali e comincia la colonizzazione dell´alta quota. Si chiudeva l´epoca dei ripari di fortuna, spesso tirati su dai cacciatori di camosci, e si apriva un´era nuova: basta guardare il Vajolet - 120 posti, un albergo nel cuore del Catinaccio - che venne costruito nel 1897 dai tedeschi e ceduto agli alpinisti italiani al termine della Grande guerra. E ora con il rifugio connesso alla rete, siamo alla terza generazione.