Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 12 Sabato calendario

C´ERA UNA VOLTA NEW YORK, ORA C´ BERLINO QUELLE CITT CHE ACCENDONO I TALENTI

La creatività, va da sé, non ha una residenza fissa. nomade, scelta sicuramente più fascinosa. E obbligata. Glielo impongono il profilo dell´artista e il costo della vita. Quando si tenta di tracciare la concentrazione bohemienne sul mappamondo bisogna tener conto di una cosa soprattutto: l´artista puro guadagna poco. Se non ha un secondo lavoro (scrittore e giornalista, pittrice e arredatrice) fatica a pagare l´affitto, cerca città e in esse quartieri dove possa cavarsela in attesa del successo che tocca a uno su mille. Gli altri criteri che determinano il flusso sono la tendenza di questa specie umana, benché faccia dell´originalità la propria bandiera, a raggrupparsi e la ricerca continua di energie nuove che la porta a seguire un´invisibile corrente che qualche volta davvero esiste e qualche altra è generata dal luogo comune.
Prendiamo quel che è accaduto a New York, per esempio. Per una lunga stagione è stata la capitale mondiale della creatività: ancora negli anni ´90 per affittare un loft a Soho artists only il condominio mi chiese le prove dell´attività intellettuale, almeno cinque libri e (questo rimane un mistero) relative recensioni.
Sul pianerottolo di un qualsiasi palazzo del Greenwich Village si sentivano uscire da una porta scale risalite al sassofono mentre quella di fronte era incrostata dalla vernice del pittore che l´aveva ridecorata a modo suo. Poi tutto questo è finito. Giuliani ha ripulito la città e ne ha riscritto al rialzo il cartellino del prezzo. Chi viveva d´arte e d´amore si è spostato verso il fiume, nell´East Village, poi oltre il fiume, a Brooklyn, infine ha cominciato a lasciare New York sparpagliandosi per il resto dell´America: i pittori a condividere la luce della Florida con i pensionati, i musicisti di ritorno a Nashville, gli scrittori in California, a trasformare racconti in sceneggiature per Hollywood, facendo la fine che Dan Fante racconta a proposito del padre John, quando dice di aver visto quanti danni fa a un uomo trovare la ricchezza e perdere la felicità. E la pietra tombale è stata quando Lapo Elkann ha detto: «Lascio New York, vado a Shanghai, là c´è più energia». A quel punto i contatori si sono azzerati.
Shanghai? Pechino? L´Asia? Troppo squadrate e regolamentate per favorire davvero la creatività. Appena si affaccia, subito sorge un distretto artistico che sa di ghetto commerciale. L´underground è ancora percepito come una possibile minaccia politica e risospinto a forza verso i piani superiori. La creatività e il rigore nell´ordine pubblico non vanno facilmente d´accordo, la tolleranza zero non ispira. L´unica città severa verso cui i creativi fanno rotta è Berlino. Ma il segreto è presto detto: un grande appartamento a Kreuzberg costa quanto un monolocale nel Marais. Parigi, o decaduta. Ci sono le biciclette libere, ma gli ultimi pittori negli atelier si sono visti nei film, quelli già vecchi trasmessi in tv. Philippe Starck rappresenta l´ultima scintilla accesa nello studio dietro Place de la République confinante con la palestra del Club Med, ma la torma dei giovani designer vive altrove: studia a Copenhagen, lavora a Stoccolma. Gli agenti immobiliari danno loro la caccia, perché si sa come funziona: basta un articolo di giornale dove si racconta che il nuovo quartiere hot è, chessò, Barceloneta, che lì ha comprato un monolocale ex casa di pescatore un regista molto off e tanto emergente, che ci sta ambientando un capitolo del suo prossimo romanzo Zafón e ci viene a mangiare i crostacei Ethan Hawke e il gioco è fatto. Cinque anni nell´olimpo dei luoghi di tendenza, poi arriva Starbucks, si rinnovano gli affitti e via verso nuove avventure. Ora è il tempo della frammentazione, delle piccole città valorizzate dai passaggi dell´Erasmus, di un´Europa (e un´America) insolite e meno déjà vu. Ma sarà ormai chiaro a tutti che i veri creativi non sono quelli che trasportano la propria vita là dove arde il fuoco condiviso dell´ispirazione, come un falò davanti alla stanca carovana. Sono piuttosto quelli che, di fronte all´atlante o alla mappa di una città si inventano a scadenze regolari nuovi spazi per ospitarli, mettendo qui un cinema d´essai, salvando là la vecchia libreria e intanto prenotando le ruspe di qui a qualche anno.