Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 12/06/2010, 12 giugno 2010
IN SARDEGNA DECOLLANO SOLTANTO LE PISTE
E cinque! La Sardegna ha finalmente coronato il suo sogno, inaugurando a Tortolì il quinto aeroporto. Proprio così: cinque scali. Uno ogni 330 mila abitanti. Con la stessa proporzione, la Lombardia ne avrebbe una trentina. Ma in Sardegna è diverso, «aprire i collegamenti aerei equivale a rompere l’isolamento di un’isola», come ha spiegato ieri il governatore berlusconiano Ugo Cappellacci, «benedicendo» il primo volo di linea: prima tappa Olbia, 160 chilometri di distanza stradale e cinque minuti di volo, prima di proseguire per Roma, destinazione finale.
Del resto, erano trent’anni che la mitica Provincia dell’Ogliastra, la più piccola d’Italia con meno di sessantamila abitanti (quanto il quartiere torinese di San Salvario), aspettava che il nastro d’asfalto a pochi metri dal mare diventasse una vera aerostazione internazionale. E pazienza se Tortolì dista appena 140 chilometri dallo scalo di Cagliari e 150 da quello Oristano. Inaugurato, quest’ultimo, giusto una settimana fa, dopo vent’anni di lavori costati una ventina di milioni di euro, con un volo per Roma sul quale si sono imbarcati nove passeggeri. Sempre più dei tre che il giorno dopo hanno comprato il biglietto di ritorno. Poco male. Secondo il governatore, che molto si è speso (e ha speso) per queste opere, «si delinea una prospettiva nuova per l’economia e per una più libera circolazione degli uomini e delle idee».
Bisogna consolarsi con le idee, perché i dati sulla circolazione degli uomini, nonostante le tariffe agevolate (la Regione paga una parte del biglietto aereo dei sardi in nome della «continuità territoriale» con il continente) non sono incoraggianti. Nei primi mesi di quest’anno Olbia ha perso il 15,3 per cento dei passeggeri e Cagliari il 13,3, mentre Alghero se la cava con un meno 3,8. Non solo: questi tre scali che muovono 6,5 milioni di passeggeri l’anno, secondo la Regione potrebbero accoglierne fino a dieci. Ma ciò non ha impedito alla stessa Regione di varare un piano di «potenziamento e valorizzazione del sistema aeroportuale minore»: un’altra pioggia milionaria di soldi pubblici non solo per costruire i nuovi scali, ma anche per acquisirne la gestione, inesorabilmente fallimentare.
«Sono anni che dico che alla Sardegna cinque aeroporti non servono», si lamenta Francesco Annunziata, docente di «Strade, ferrovie e aeroporti» all’università di Cagliari. «Intendiamoci: non è un problema solo nostro. Ciascun capoluogo rivendica il suo aeroporto, mentre bisognerebbe fare sistema». La situazione sarda è emblematica. L’Ogliastra è un’enclave pressoché inaccessibile. I collegamenti stradali con gli altri capoluoghi e aeroporti sono allucinanti, e ciò spiega la festa per il nuovo scalo. Non sta meglio Oristano: con un treno veloce si arriverebbe a Cagliari in 40 minuti. «Non sarebbe più saggio spendere i soldi per la ferrovia, che tra l’altro sarebbe utilizzata anche da altri utenti?», protesta il professore Annunziata.
Parole al vento. Gli aeroporti continuano a fiorire. Marco Ponti, docente di economia dei trasporti al Politecnico di Milano, non è pregiudizialmente contrario ai nuovi scali, «purché abbiano un senso economico». Ma serve un bacino di utenza adeguato per sopportare costi fissi elevati.
Altrimenti deve pensarci la Regione: ogni anno centinaia di migliaia di euro per ripianare le perdite degli aeroporti. In attesa del prossimo progetto. Che in Sardegna è già pronto. A Castiadas, vicino a Villasimius, costa sud orientale. Solo un’ora di macchina da Cagliari, ma che importa?