la Repubblica 12/6/2010, 12 giugno 2010
LETTERE
Oggi non fa più notizia la chiusura di un’azienda e di conseguenza la catastrofe per decine di famiglie. Anch’io leggevo fino a qualche mese fa distrattamente notizie del genere, ma oggi per me è diverso perché l’azienda in chiusura è quella in cui mio marito lavora da sempre. quella che ci ha permesso di assicurare ai nostri figli (diciotto e tredici anni) una vita dignitosa e a tratti agiata, è quella che ci ha consentito di comprare una casa, di concederci le vacanze estive e cure mediche appropriate quando ce n’è stato bisogno. Sì, perché di tutto questo è fatta oggi la vita di una famiglia e sapere che da domani dovrai inventarti qualcosa per tirare avanti, per permettere a tua figlia non di comprare le ultime scarpe alla moda, ma di completare il suo corso di violino o il suo perfezionameto d’inglese perché tu le hai insegnato a puntare tutto sulle sue capacità per andare avanti, bè tutto questo toglie il sonno e la salute. L’azienda in questione ea un piccolo gioiello in una realtà meridionale senza speranze, una piccola oasi di idee che ha portato il suo marchio in giro per il mondo, uno sparuto gruppo di giovani talenti che oggi sono professionisti invecchiati di cento anni in un secondo. Ecco, oggi per me la crisi ha veramente un volto, quello di mio marito. Lettera firmata elerec63@libero.it