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 2010  giugno 11 Venerdì calendario

TETTO AI COMPENSI DEI SUPERDIRIGENTI MA 25 MANAGER SARANNO ESENTATI

Roma’ Il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, potrà continuare a guadagnare 518.978 euro annui. Il regolamento sui «limiti massimi del trattamento economico» pagabile dallo Stato, proposto dal dipartimento della Funzione pubblica di Renato Brunetta, e approvato ieri dal Consiglio dei ministri, non mette alcun tetto allo stipendio o alla pensione dei manager pubblici, limitandosi a porre un limite esclusivamente ai compensi aggiuntivi rispetto a essi. Più precisamente tali emolumenti aggiuntivi non potranno superare il trattamento economico annuo di un primo presidente della Corte di cassazione, pari a 311 mila euro.
L’articolato, a distanza di due anni dall’esordio in Finanziaria, consegna una disciplina meno stringente di quanto non si possa credere. Destinatari del provvedimento sono coloro che hanno un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, anche precario (contratto d’opera di natura continuativa, di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione a progetto), con le amministrazioni dello Stato, agenzie, enti pubblici economici e non, enti di ricerca, università, società quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e loro controllate.
Ma ecco le prime eccezioni: sono esclusi coloro che lavorano in Banca d’Italia o presso le Autorità indipendenti. Inoltre il Dipartimento per la Funzione pubblica potrà vagliare eventuali deroghe «per esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni», per un numero massimo di 25 unità, da destinare alle posizioni di più elevato livello di responsabilità.
Il regolamento è chiaro: nel calcolo dei compensi sono esclusi tanto la retribuzione annuale quanto il trattamento pensionistico corrisposti al soggetto dall’amministrazione cui appartiene o dall’ente previdenziale. Ma anche la parte del compenso percepito dal soggetto che questi è obbligato a versare in fondi. Dunque, al tetto di 311 mila euro ci si può arrivare soltanto sommando i compensi aggiuntivi. E, sfogliando le cifre relative alle consulenze, pubblicate dalle diverse amministrazioni, è evidente che arrivare al tetto non è cosa frequente.
Esiste poi un’altra deroga cospicua: non sono comprese nel computo le attività soggette a tariffa professionale, le attività di natura professionale non continuativa (arbitrati, perizie, collaudi, e consulenze d’ogni tipo), i contratti d’opera di natura non continuativa (come certi compensi televisivi) e quelli degli amministratori di società per azioni non quotate, a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate, purché vi si detenga una qualche delega.
La disciplina in questione avrebbe dovuto essere già in vigore da due anni, ma l’emersione di numerosi profili di criticità, non chiariti peraltro da circolari interpretative, ne resero necessaria la sospensione in attesa del regolamento. Nel frattempo sono stati acquisiti i pareri del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari. Un lavoro che ha prodotto l’introduzione di una novità: il dipartimento della Funzione pubblica monitorerà gli incarichi di chiunque percepisca retribuzioni o emolumenti a carico dello Stato, «anche in caso di mancato superamento del limite» dei 311 mila euro. Al monitoraggio seguirà una relazione annuale al Parlamento. Critico Michele Gentile (Cgil): « una misura di scarsa efficacia e che in sostanza salvaguarda alcune limitate e ben note posizioni».