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 2010  giugno 12 Sabato calendario

Il padre che scopre le 120 rapine del figlio «Io sono solo un macellaio, ho bottega. Mi hanno insegnato sin da piccolo che, se non hai altro, si va avanti a pane e cipolla

Il padre che scopre le 120 rapine del figlio «Io sono solo un macellaio, ho bottega. Mi hanno insegnato sin da piccolo che, se non hai altro, si va avanti a pane e cipolla. Questo ho cercato di trasmettere ai miei due figli: con la prima ci sono riuscito, sono nonno. Con Emanuele no, la droga gli ha portato via la testa e adesso questa mazzata degli scippi...». Abby Sunderland, la velista sedicenne data per dispersa, è stata ritrovata in un remoto angolo dell’Oceano Indiano. Intanto negli Usa infuria la polemica sui baby-Guinness: ragazzini spinti dai genitori a esperienze più grandi di loro. Mauro Monosi parla, singhiozza e impreca al telefono della sua macelleria in corso Firenze a Genova. Spaccherebbe il mondo, «a cominciare da me stesso». Quando la polizia si è presentata a casa sua, quartiere San Fruttuoso, comunicandogli l’arresto di Emanuele, 27 anni, sul momento ha pensato a un errore: «Il ragazzo è in comunità terapeutica, si sta disintossicando...» ha balbettato. Ma gli agenti non lo hanno fatto finire: «Guardi, signor Mauro, che abbiamo più di un elemento per pensare che suo figlio sia uno scippatore di professione, che sia lui la persona che da mesi assalta anziane signore». Scippatore seriale, e che a ritmi: di almeno una settantina gli investigatori si dicono certi che la firma sia la sua, ma la lista è destinata ad allungarsi fino a quota 100-120, roba da Guinness dei primati (di cronaca nera). Uno stakanovista da 9 colpi alla settimana, con punte di 4-5 scippi al giorno: «Un’attività che ha dell’incredibile’ confessano alla squadra mobile di Genova, dove pure ne hanno viste di tutti i colori ”: il ragazzo era letteralmente ossessionato dal bisogno di droga». Cocaina. In dosi robuste e a distanza ravvicinata. Era questo il demone che ha divorato la mente e l’anima di Emanuele. Suo padre Mauro, con il quale viveva prima di andare in comunità a Pavia, dove è stato arrestato nei giorni scorsi, non se ne fa una ragione. « colpa mia, tutta colpa mia – impreca ”: sono arrivato troppo tardi, dovevo cominciare ad aiutarlo prima. Ma avevo il negozio da mandare avanti, tanti problemi...». Prima di scoprire la cocaina, Emanuele era un giovane come tanti: «Ha imparato il mestiere di macellaio’ racconta il padre’ da un nostro amico e da allora ha sempre lavorato nel quartiere, benvoluto da tutti: mai una lamentela». Qualche amico, le partite di calcio, le ragazze, la sera in casa dal padre. Poi è arrivata la polvere bianca. «Ma io sul momento non me ne sono accorto». Quando ha cominciato a capire che quel figlio non era più lui, è intervenuto: « stato due mesi fa: insieme abbiamo deciso prima di andare da uno psicologo e poi di rivolgerci a una comunità terapeutica di Pavia». Signor Mauro, e gli scippi? Davvero non si era accorto di nulla? «No, no, lo giuro... La sera Emanuele era sempre a casa, negli ultimimesi usciva pochissimo. E di giorno pensavo andasse al lavoro. Soldi? Al massimo, chiedeva qualche euro...». Il resto lo trovava per strada. Metodico e preciso, concentrava la sua attività di scippatore nelle ore diurne. Prima rubava uno scooter, poi individuava la vittima, e zac. In tre casi, le derubate sono rimaste leggermente ferite e per questo il giovane dovrà rispondere anche di rapina. andata avanti così da dicembre all’aprile scorso. Per un bottino di circa 10 mila euro, 100 euro a colpo: il tutto, speso in polvere bianca. La polizia è arrivata a lui esaminando le celle della telefonia mobile e scoprendo che nei luoghi dove avvenivano gli scippi risultava puntualmente la presenza del cellulare di Emanuele. «La sua colpa – dice il padre’ è stata di non chiedermi aiuto. Il suo cervello era andato in tilt per colpa di quella schifezza». L’ingresso in comunità aveva restituito un pizzico di speranza aMauro: «Stava reagendo bene. Il direttore mi aveva detto: "Emanuele sta rinascendo". Ma ora in carcere rischia di perdersi per sempre. Ha bisogno di tornare a Pavia. Non lo abbandono. Ce la faremo. Stavolta insieme...».