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 2010  giugno 11 Venerdì calendario

L’ANNO NERO DEI PETROLIERI: «PERSO UN MILIARDO»

Alla fine «si parla sempre del prezzo della benzina». Anche se l’industria della raffinazione e della distribuzione del petrolio lo scorso anno in Italia ha perso più di 1 miliardo di euro (il risultato peggiore da 20 anni), i consumi scendono e in tutt’Europa decine di raffinerie rischiano di chiudere. Si guarda guarda al costo del pieno, ma il mondo del petrolio «non è più l’isola felice che era qualche anno fa» avverte il presidente Pasquale De Vita aprendo l’assemblea dell’Unione petrolifera.
Il presidente dell’Up non fa nomi, ma i sintomi delle difficoltà del settore – riconosciute ieri anche da Erg e Saras – sono visibili: proprio Erg a gennaio ha unito la rete con Total per tagliare i costi, una motivazione simile sta dietro alle recenti nozze tra Ip e Api, mentre un grande gruppo straniero sarebbe pronto a liberarsi della sua rete italiana. Colpa di consumi in calo da anni (-4,7% il dato provvisorio del 2010), di una rete poco efficiente e di nuovi concorrenti molto agguerriti che arrivano da India e Cina.
Il settore vive settimane difficili anche a causa della catastrofe ambientale provocata da Bp nel Golfo del Messico. De Vita spiega che, per le caratteristiche dell’attività offshore nel nostro Paese, «si può escludere» il ripetersi di un caso del genere in Italia. E, per quanto la marea nera sia lì anche come un «monito» dell’importanza della sicurezza nelle trivellazioni (settore in cui l’Italia è all’avanguardia), non è possibile fermare la ricerca di greggio in mare, se si vuole garantire una maggiore indipendenza dell’Occidente dal cartello dei produttori dell’Opec.
Di questioni aperte ce ne sono molte, eppure si parla solo del prezzo della benzina, si lamenta De Vita. L’Up, ricorda il presidente, ha già dimostrato con ricerche indipendenti come la ’doppia velocità’ dei prezzi non esista. L’andamento del costo del carburante è legato alle quotazioni internazionali e il margine delle compagnie è di 1-1,5 centesimi al litro. La differenza tra il nostro prezzo e quello medio europeo, in media lo ’stacco’ è di 3,5 centesimi, è dovuta a «problemi strutturali della rete» e alla poca abitudine, tutta italiana, alla più economica benzina fai-da-te. I petrolieri, così come le associazioni dei consumatori (che ieri hanno ribadito le loro analisi), per azzerare lo stacco collaborano con il governo alla riforma del settore. Ma almeno chiedono di evitare il ripresentarsi di «teoremi accusatori ad ogni variazione in aumento, magari di pochi millesimi, da parte di un solo operatore».