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 2010  giugno 11 Venerdì calendario

APOLOGIA ESTETICA DELLE EDICOLE

Esistono dei miracoli del commercio su strada, da una superficie di vendita di sei metri quadri passano a una superficie espositiva di ventiquattro. Spesso sono isole d’ombra in pieno centro storico, altre volte replicano l’impresa dentro locali angusti. Sul banco niente bibite per turisti accaldati. Lottano contro l’invasione dei souvenir, firmano compromessi con ricariche telefoniche e Superenalotto, resistono ostinatamente per vendere a chiunque informazione e intrattenimento, gossip e fashion, porno e nautica, tabloid stranieri e riviste di nicchia. Sono le edicole, arrivano a vendere anche mille testate, hanno orari flessibili, anche se regolarmente gli orologi che ospitano non danno mai l’ora esatta, sono da sempre dei punti di riferimento per i cittadini.
In tempi di crisi si potrà fare a meno delle edicole? Soprattutto dopo che i quotidiani, oltre essersi organizzati per fornire contenuti in rete, iniziano a lavorare sui dispositivi portatili, come l’iPad di Apple. bastato al Giornale pubblicare una pubblicità che invitava i lettori a sfogliare elettronicamente il quotidiano per ricevere una lettera del Sindacato nazionale autonomo giornalai che provocatoriamente replicava con una richiesta di boicottaggio della testata, rea di allontanare così il lettore dalle edicole.
Che succederebbe in una Italia senza edicole? Il Riformista lo ha chiesto a Philippe Daverio, eccentrico cultore di estetica: «Che noia sarebbe! D’accordo che tutta una serie di giornali stanno soffrendo e che rimproverano all’edicola di non rispondere più in fatto di vendite, ma siamo sicuri che risolva tutto quella scatoletta elettronica? L’iPad mi va anche bene, ma c’è una riflessione da fare: nella Repubblica federale tedesca, la Bild-Zeitung tira ancora tantissimo, i Paesi avanzati non hanno mica rinunciato a questo. Feltri però così mi fa una gentilezza anzi lo ringrazio, quel suo titolo dell’altro giorno, mi ha fatto prendere un colpo. Ma l’edicola continuerà a vivere».
L’Italia giornalisticamente parlando insiste ad avere pagine che raccontano solo di politici, del dialogo tra fini e berlusconi, mentre la realtà sta altrove - continua Daverio - I giornali autentici, quelli veri, fanno così. Certo il New York Times è in crisi ma era da tempo una mappazza, i francesi invece continuano ad andare bene. Comunque il giornale è quella cosa che uno può prendere e lasciare su una panchina, idem sul treno e che può anche dimenticare. Io quel baracchino web non posso mica perderlo quindi volte al mese come faccio con i giornali. La verità è che io compro il giornale allo scopo di buttarlo via. e l’edicola è la fonte unica di questo mio piacere».
Che cosa rappresenta l’edicola? «Guardi la cosa peggiore non è la perdita dell’edicola in sé che non sono mai dei bei posti, ma il dialogo con l’edicolante, quello che nei paesi piccoli fa anche il tabaccaio. E soprattutto la ritualità, per esempio se mi sveglio sulla costa romana, mi alzo, esco, prendo cappuccino e giornale e sono un uomo contento. Noi siamo il paese del sole: più c’è sole, meglio lo leggo il giornale, per me che sono anche anziano. Mentre l’iPad soffre il sole. Comunque nessun problema, non mai è successo che un nuovo media uccidesse il precedente».
Edicole: c’è chi ne andava provocatoriamente fiero, «Non sono un giornalista, sono un giornalaio io!» ripeteva spesso Gianfranco Funari nei suoi talk show. C’è chi ne fa invece una serissima questione personale anzi famigliare, come Massimo Tabacchiera. I nuovi chioschi con le insegne luminose del padre Alfredo ricevettero anche l’omaggio di Wanda Osiris a Milano, una foto che decretò il successo del nuovo progetto: «L’edicola è casa mia, dal 1920 i primi chioschetti in ferro, ottagonali, storici che faceva mio nonno. Poi quelli di mio padre. Oggi la nostra produzione sul chiosco di giornali è calata oltre il 40%. verità, non polemica. Bisognerebe capire cosa vuol dire fare il giornalaio. Chiuderli? Il chiosco fa parte della cultura della città. A chi chiedi una informazione? Al vigile o all’edicola. E ogni famiglia ha la sua edicola, le chiamo sentinelle del territorio, molti sono aperti tutta la notte, sono un punto di riferimento Un processo globalizzato mondiale non si può fermare, internet ha cambiato molto, però è sbagliato contrapporre le due realtà».
Per le edicole non è mai stata una vita facile. Come racconta Lino Maesano, presidente dello Snag di Roma: «Fino agli anni 90 i giornali andavano avanti con le vendite, poi improvvisamente hanno cambiato registro con le pubblicità. Era più importante fare della diffusione anche gratis, ovunque, anche nei condomini». E ora? «Sono preoccupatissimo. Dal 1994 abbiamo cominciato a posizionare le prime edicole antichizzate a via Veneto. Un successo che ha funzionato come una catena di sant’Antonio. Per avere quelle nuove edicole c’era la fila, si indebitavano. Dal 2006 il fatturato in edicola è stato gonfiato dai collaterali. Poi però è crollato anche quello, e internet ha fatto il resto. Una perdita di oltre il 50%. del fatturato. I poveretti che ci stanno dentro non riescono più a gestirle, per non parlare di quelle che non sono alloggiate sul terreno pubblico. Tutta una serie di edicole storiche della capitale stanno chiudendo. Una volta a piazza Vittorio ce ne erano quattro. Le edicole non devono diventare come quelle di Firenze che vendono foulard. Qui il giocattolo si è rotto. Una volta ci invidiavano la nostra distribuzione. Al famoso Righetto di Testaccio Veltroni conferì la medaglia al commercio».