ENRICO SISTI, la Repubblica 10/6/2010, 10 giugno 2010
UN POPOLO IN STRADA, LA FESTA COMINCIATA PARREIRA COMMOSSO: "ABBIAMO GI VINTO" - JOHANNESBURG
Accompagnano il bus scoperto dei calciatori verso qualcosa di impalpabile, di assurdo: «Vogliamo la finale». Il Sudafrica non si nasconde. Centinaia di migliaia di persone si riversano in strada per il "Bafana Bafana Day". A Sandton con la squadra, nelle altre città davanti agli schermi giganti, sul lungomare di Durban, sotto i palchi a Soweto, a Nelson Mandela Bay. Ovunque scorre un fiume giallo che canta, cammina e balla come se già avessero tutti in mano la coppa. E´ l´orgoglio dei padroni di casa che si mescola all´illusione di poter vincere. L´umanità "united" dei camion, che trabocca dai mezzi dei vigili del fuoco dismessi, l´umanità dei tanti cappelli da minatore, gialli, arancione e verdi è un manifesto di libertà e una dichiarazione d´indipendenza. Indossano maschere votive, abbigliamenti tradizionali, combinazioni fra maglie da calcio e pastrani contadini. Il sedicente Eggyman strappa l´applauso ostentando un mostruoso copricapo fatto con cento uova. Sul marciapiede di Maude Street gruppi di famiglia in un esterno: gli abiti scelti dalla famiglia Khune, dodici componenti, formano il mosaico cromatico della bandiera sudafricana: «Un mese di tempo per cucirla».
Nella processione di gioia c´è chi trova il tempo di riflettere: «Ovvio che la squadra non ce la può fare, ma tutta questa gente ce l´ha già fatta». A tratti sembra un´allegria quasi disperata. Forse perché è impossibile dimenticare: «Senza calcio, il rebel game, non saremmo qui». Qui è l´avverbio del riscatto. Finalmente si sentono altrove. «Con i suoi istinti rivoluzionari il calcio ha contribuito a scacciare i fantasmi», spiega Parreira ormai fuso col mondo che ha scelto di allenare. Il ct ha pianto per la commozione: «E´ davvero come aver già vinto». Fuori la vuvuzela, nel cuore Mandela. Funziona così anche se la nazionale di calcio rimane una piccola cosa. I Bafana Bafana sono la controfigura degli Springboks vagamente ossessionata dal confronto con i cugini ovali. Una Coppa d´Africa vinta in casa nel ”96 poi solo dignitosa mediocrità. Il più famoso di loro, Benni McCarthy è stato lasciato a casa perché non aveva voglia di mettersi a dieta «per tre partite di qualificazione, quattro se succede un miracolo». Parreira ha fatto guerra alle prime donne: «Anche con 3 kg in più Benni faceva comodo», polemizzano i giornali. Restano Pienaar, scuola Ajax, e Parker, fresco campione d´Olanda col Twente.
Ma festa rimane. Pare che i ragazzini più scafati siano usciti di casa indossando la maglia della nazionale rubacchiata chissà dove e appena girato l´angolo se la siano sfilata per venderla ai turisti. Sulle bancarelle vendono le antiche tazze di legno che hanno ispirato la forma del Soccer City Stadium spacciandole per reperti archeologici: sopra però c´è scritto World Cup 2010. Ci credono i tifosi, sognano e intonano lo slogan "Ke nako!". E´ tempo. E gli intemerati aggiungono: «E´ tempo che vinciamo noi». Ma come? «Col Messico intanto segna di testa Mokoena». Poi si vedrà.
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