Salvatore Cannavò, il Fatto Quotidiano 10/6/2010;, 10 giugno 2010
SUPERPENSIONATI, DOPPIO REDDITO
Lacrime e sangue, per tutti. O quasi. Come si compor teranno nell’austerità i g ra n d commis, quegli alti burocrati pubblici che non ricadono sotto la scure dei tagli? Il buon esempio si impegna a darlo, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, la Banca d’Italia. Appena il decreto della manovra finanziaria verrà convertito in legge, anche se non sarebbe obbligato, il governatore di Bankitalia Mario Draghi a p p l icherà anche dentro l’istituto i tagli agli stipendi più alti – incluso il suo – come per i chiesti ai dipendenti dei ministeri (fino al 10 per cento). E gli altr i? PENSIONI INP DA P. Draghi, però uno dei tanti dirigenti di Stato, parlamentari, ex presidenti del Consiglio o ex presidenti della Repubblica, che risultano pensionati dell’Istituto dei dipendenti pubblici, l’Inpdap, ma che, allo stesso tempo, continuano a percepire importanti compensi per i loro incarichi pubblici. Siano essi parlamentari, consulenti di ministeri, ministri o ex ministri, senatori a vita, tutti godono di importanti indennità rigorosamente pubbliche e a carico del bilancio generale. E non si parla certo di pensioni ”nor mali”, cioè 700-800 euro al mese o, quando va bene, 1.000 o 1.200 euro. L’Inpdap a questi dirigenti paga a questi alti funzionari anche 8 o 12 mila euro al mese. Del resto, la legge 133/2008, la prima manovra economica di Giulio Tremonti ha abrogato, dal 2009, il divieto di cumulo, salvo alcune eccezioni, tra reddito di pensione e reddito di lavoro dipendente e autonomo. Peccato che quella stessa legge abbia mantenuto le restrizioni per i titolari di pensione di invalidità e di reversibilità. In questi casi, infatti, permangono le restrizioni della riforma Dini, che impongono un taglio progressivo dell’assegno se gli altri redditi superano certe soglie. Così come sono state mantenute le restrizioni per lavoratori part time, lavoratori socialmente utili, titolari di assegni straordinari per il sostegno del reddito pagati dai fondi di solidarietà ecc. Per Draghi, per esempio, il cumulo invece è possibile. Accanto alla sua indennità, Draghi incassa ogni mese una pensione lorda di 14.843 euro che diventa di 8.614,68 euro al netto delle ritenute. Fino al 2008, tra le ritenute c’era anche la trattenuta per cumulo tra pensione e reddito da lavoro, una condizione che al governatore ”c o s t ava ” c i rc a 4.500 euro al mese. Dal gennaio 2009, questa riduzione della pensione è stata eliminata e così si arriva all’attuale assegno mensile. Da notare che il governatore, tra i più fermi i sostenitori della necessità di alzare l’età pensionistica per tutti, uomini e donne, per risanare il bilancio pubblico, beneficia del suo assegno mensile dal 2005. Tradotto: è andato in pensione all’età di 58 anni. CUMULI REDDITIZI. Di altri non sono diponibili i redditi attuali, ma si conoscono le pensioni. Non ha più incarichi di governo, ma G i uliano Amato continua ad accumulare poltrone: è il presidente dell’Enciclopedia Treccani, da quest’anno è stato nominato senior advisor della Deutsche Bank e soprattutto presidente del comitato Garanti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia in sostituzione del dimissionario Carlo Azeglio Ciampi. poi ex parlamentare, ex primo ministro e gode quindi delle relative indennità. Eppure, accanto a tutto questo, incassa anche una pensione lorda mensile di 22 mila euro che si traduce in un assegno netto di 12.518 euro, cioè 20 volte la pensione minima che oggi è pari a 530 euro mensili. Il ministro Renato Brunetta, infatti, all’età di 60 anni, si è messo in pensione come docente percependo una pensione modesta, paragonata a quelle precedenti, ma che comunque equivale a 3 mila euro netti al mese (’d opo 38 ani di insegnamento”, ha precisato in una recente puntata di Otto 1/2). Però Brunetta è parlamentare e ministro e quindi, oltre alla pensione, dovrebbe ricevere circa 20 mila euro al mese. C’è anche un altro esperto E che dire di un altro fustigatore del lavoro dipendente, che spesso ha spiegato la necessità di alzare l’età pensionabile ma incassa una pensione di 6.385 euro al mese godendo, contestualmente, dell’indennità di parlamentare che, ricordiamo, sfiora, tutto compreso, i 15 mila euro al mese: Giuliano Cazzola, classe 1941, già dirigente generale del ministero del Lavoro, impegnato in Cgil fino ai primi anni Novanta e ora deputato del Pdl. REDDITI A VITA. I n d e nnità a vita Poi ci sono i senatori a vita. Due esempi: Giulio Andreotti e Oscar Luigi Scalfaro. Il primo, ha una "pensioncina" di 3.440 euro netti che gode dal 1992. Contemporaneamente è anche senatore a vita. Stesso discorso per Scalfaro che, oltre a essere senatore a vita in quanto ex presidente della Repubblica e che usufruisce di un assegno mensile di 4.774 euro. E poi tanti altri casi, di centrodestra o di centrosinistra. L’ex ministro Claudio Scajola p e rc e p i s c e una pensione netta di 2.625 euro in qualità di dipendente Inpdap - dove però giurano di averlo visto poco - e che è anche, almeno per ora, parlamentare. Rocco Buttiglione, vicepresidente della Camera, una vita in Parlamento ma anche pensionato pubblico con 3.258 euro al mese; il Pd Giuseppe Fioroni, la cui pensione impallidisce al cospetto delle altre, ma che pure all’indennità parlamentare aggiunge 1.218 euro al mese. Fino ad arrivare a Antonio Di P i e t ro, andato in pensione all’età di 45 anni, nel 1995, e titolare di una pensione di 1.956 euro al mese a cui aggiunge le altre indennità cui ha diritto. Uno studio del sindacato Cobas- Inpdap, che tiene il contro di questi emolumenti, stima in circa 25 mila i fruitori di pensioni cumulate ad altri redditi provenienti da consulenze, incarichi parlamentari e altro. ”Se si applicasse ai personaggi riportati nel nostro elenco [oltre ai già citati ci sono anche Mario Baldassarri, Sergio D’Antoni, Publio Fiori, Giorgio Guazzaloca, Antonio Martino, Andrea Monorchio, Girolamo Sirchia e altri ancora ndr] il divieto di cumulo - ci spiega Ettore Davoli, del Cobas Inpdap di Roma - in quanto percettori di altri redditi, che non sono certo redditi da fame, potremmo avere un risparmio di circa 193 mila euro mensili”. Il risparmio complessivo potrebbe essere quindi molto alto, se non i 3 miliardi calcolati dal Cobas sicuramente una cifra compresa tra 1 e 2 miliardi di euro all’anno. Una piccola manovrina e una misura di equità.