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 2010  giugno 10 Giovedì calendario

FINI E IL PADRONE

bastato che il padrone alzasse appena la voce e dichiarasse finita la ricreazione degli emendamenti, e la fronda del presidente della Camera ha prontamente smesso di stormire. La legge-bavaglio, la legge-salvacricca, la legge ”golpe strisciante” è ottima e abbondante – giura Fini mettendosi sull’attenti – e perfettamente conforme alle promesse elettorali di legalità. Dice proprio così, senza un residuo di pudore e con evidente sprezzo del ridicolo. D’ora in avanti l’onorevole Fini ci faccia il piacere – almeno – di non citare più i Tocqueville e le Hannah Arendt con cui si è permesso di accreditare i suoi libri e i suoi discorsi. E meno che mai di citare Borsellino come simbolo della destra che intende realizzare. Abusivamente e a tradimento, come ha ormai ufficializzato. E ci facciano il medesimo piacere, visto che la responsabilità morale e quella politica (per chi ha una morale e per chi politica vuole farla davvero) è personale ancora più della responsabilità giudiziaria, tutti i senatori e i deputati della ”f ro n d a ” finiana, singolarmente presi, che una volta di più passeranno sotto le forche caudine imposte dal ducetto di Arcore e piegheranno la testa sotto il giogo, arzigogolando e azzeccagarbugliando le più invereconde ”t ro u va i l l e s ” per giustificare un ennesimo atto di servilismo che si spiega solo con una parola: viltà. Viltà contro la Costituzione e le istituzioni della Repubblica, grazie a cui siedono in Parlamento. Viltà contro le loro stesse parole, sparse a bizzeffe nelle scorse settimane in ogni dichiarazione e talk-show, con una solennità pari solo a quella che si dimostra ora improntitudine e inganno, il solito mare tra il dire e il fare, nella più gaglioffa tradizione italiota. Viltà infine anche contro i poliziotti – di cui la destra si presenta sempre come paladina, nel bene e nel male, a prescindere – che vivono questa legge-befana pro-criminali