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 2010  giugno 09 Mercoledì calendario

VENTER: I MIEI BATTERI SALVERANNO IL MONDO

A due «guru» si è pensato per arginare l’inarrestabile marea nera della Louisiana. Uno è James Cameron, il regista di «Avatar» che è anche un esperto di esplorazioni subacquee. L’altro è Craig Venter, il padre dei microbi artificiali, destinati a diventare in un futuro non troppo lontano aiutanti tuttofare: per esempio producendo carburanti bio e divorando petrolio cattivo.
Al momento, però, Cameron non ha potuto fare granché e nemmeno potrà fare molto Venter, che ieri, di passaggio a Londra, è stato protagonista di una «conference call» organizzata da Discovery Channel. «E’ difficile rispondere - ha ammesso - perché una delle maggiori preoccupazioni che ho sentito, quando abbiamo annunciato la creazione del batterio sintetico, è stata la possibile liberazione nell’ambiente di questo tipo di organismi: l’idea di buttarli nell’oceano per tentare di contrastare la marea nera sarebbe uno scenario che richiede estrema prudenza».
La sua celebrata biologia sintetica non ha quindi soluzioni da offrire?
«La nostra idea, piuttosto, è studiare una serie di campioni della marea e capire se si possano individuare organismi naturali in grado di attaccare e degradare il petrolio. In realtà, l’unica vera soluzione è eliminare il petrolio e trovare delle valide alternative. Fino a quando lo estrarremo dalla Terra e lo porteremo in giro, questi disastri saranno inevitabili».
Tra le applicazioni delle sue scoperte c’è proprio quella che prevede la produzione di nuovi carburanti: quanto siamo vicini - o lontani - dall’obiettivo?
«Io penso che una delle grandi sfide che abbiamo davanti sia produrre su larga scala nuovi carburanti a partire dal diossido di carbonio e renderli competitivi nei confronti dei carburanti tradizionali. E’ quindi fondamentale tassare di più i combustibili fossili: molti ambientalisti saranno sicuramente d’accordo sul fatto che non ci si può permettere di bruciare tutto il petrolio e tutto il gas che è ancora custodito sottoterra, anche se diventasse totalmente gratuito».
Resta il fatto che il clima trionfalistico che si è respirato con la manipolazione del batterio Mycoplasma si scontra con una realtà che spesso non controlliamo.
«In quanto scienziato, mi auguro di sviluppare una tecnologia che abbia un impatto positivo sulla nostra civiltà: sono convinto che abbiamo bisogno di nuove scoperte scientifiche che ci permettano passi avanti decisivi. Oggi ci sono 6.8 miliardi di persone sul pianeta - e presto saremo 9 - e, al momento, non abbiamo i mezzi per fornire a tutti cibo, acqua pulita, medicine ed energia senza distruggere l’ambiente. Ma sono ottimista sul fatto che la biologia sintetica contribuirà a cambiare la situazione. Al centro c’è anche una questione filosofica: siamo un po’ vicini a capire i fondamenti della vita e come il Dna regola il funzionamento dell’esistenza batterica. Tanto più indagheremo questi processi, tanto meglio interpreteremo la nostra evoluzione, passata e futura».
Il suo batterio manipolato - il Mycoplasma - è realtà dopo anni di ricerche, ma quali sono i problemi ancora irrisolti?
«Abbiamo dimostrato la fattibilità con le specie del Mycoplasma e adesso dobbiamo verificare quanto questa tecnologia sia allargabile e fino a che punto possiamo spingerci con i nuovi codici genetici e le manipolazioni dei meccanismi cellulari».
Dieci anni fa, al momento della decifrazione del Genoma, si pensò che la medicina personalizzata fosse alle porte, ma non è stato così. Si rischia un’altra disillusione anche con i batteri sintetici?
«E’ vero che i progressi attesi con la decifrazione del Genoma sono stati più lenti del previsto, ma, per esempio, i costi del sequenziamento del Dna sono enormemente calati, mentre i tempi si sono accelerati. Quanto al genoma sintetico di cui parliamo adesso, sono convinto che diventerà l’approccio numero uno del prossimo futuro. E’ difficile prevedere una precisa scala temporale, dal momento che dipendiamo da ulteriori ricerche, ma sono convinto che già entro 20-30 anni si trasformerà nella tecnologia dominante».
Intanto, oltre ai biocarburanti, si parla della produzione di plastica sintetica e biodegradabile.
«Se oggi la plastica è un prodotto del petrolio, nel futuro potremmo derivarla invece dalla CO2 e così faremmo entrare questa sostanza-chiave in una logica più ampia di riciclo planetario».
Si sta pensando anche a nuove generazioni di vaccini: è una speranza credibile?
«Al momento possiamo soltanto immaginare gli scenari futuri di una tecnologia che ci darà grandi opportunità: di sicuro ridurremo drasticamente i tempi tra l’emergere di un’infezione e la creazione di nuove generazioni di farmaci».
Alcuni scienziati criticano la sua logica di generazione di nuove forme di vita, «mischiando» Dna naturale con Dna sintetico. Sostengono che ci sono strade più semplici per costringere organismi-base a eseguire operazioni utili all’uomo: come risponde?
«Che quelle strade non hanno segnato grandi progressi: quando si pensa a tutto il petrolio di cui abbiamo bisogno, è chiaro che si deve poter produrre i nuovi carburanti in miliardi di barili e con bassissimo impatto ambientale e non c’è nessun organismo naturale che possa produrre energia a questi livelli. Siamo costretti ad alterare la natura, se vogliamo raggiungere quell’obiettivo. La genomica sintetica offre una soluzione molto più veloce ed economica».
Alterare la natura significa provare a cambiare le sue leggi e «inventare» nuovi processi evolutivi?
«Non abbiamo l’obiettivo scientifico di cambiare l’evoluzione. Gli organismi che abbiamo creato possono esistere unicamente in laboratorio e in condizioni speciali: le alghe sintetiche non possono vivere nell’oceano e abbiamo ideato dei ”geni suicidi”, oltre a una serie di dipendenze di tipo chimico, che impediscano ”fughe” nell’ambiente. Possiamo, anche, controllare la velocità di crescita di questi organismi, accelerandola o rallentandola».
Qual è il suo prossimo obiettivo?
«Abbiamo cominciato 15 anni fa, cercando di capire quali fossero i principi-base della vita: oggi siamo in grado di lavorare con una serie di geni nel genoma sintetico per ottenere i componenti minimi. Questa è la direzione su cui proseguiremo, mentre l’altra è capire - come dicevo - a quali confini possa essere spinta».
Finora quanto sono costati i test?
«Circa 40 milioni di dollari».
Molti prevedono un business gigantesco: qual è la sua opinione?
«Credo che la biologia sintetica possa trasformarsi nel generatore numero uno di ricchezza già in questo secolo: sarà di certo una tecnologia trainante».