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 2010  giugno 09 Mercoledì calendario

CORSIVO

Ferve il dibattito sull’Unità d’Italia. Dopo aver letto l’affascinante rilettura di Cota (Cavour era un federalista che voleva annettersi Cernusco sul Naviglio, ma le camicie rosse lo costrinsero a prendere Catanzaro), mi sono accostato con curiosità all’intervista in cui il sottosegretario Gianfranco Miccichè ha esposto a Siciliaoggi i risultati dei suoi studi sull’invasore Peppino Garibaldi. Il giovane eroe non fugge dall’Italia dopo una fallita sollevazione mazziniana, ma inseguito da un’accusa di omicidio. Arrivato in «un Paese sudamericano» (che il Miccichè non nomina in ossequio alla nuova legge: le indagini sono ancora in corso) il serial killer Peppino ammazza di nuovo, ruba e gli tagliano un orecchio: ecco perché portava i capelli lunghi. Tornando in patria, strangola Anita nei pressi di Hammamet, poi dice che è morta di malattia. E’ fatto così. E’ un massacratore che in Sicilia fa uccidere i bambini. Gli eroismi che gli vengono attribuiti sono opera di una riscrittura della storia, realizzata da quattro romanzieri coordinati da Alessandro Dumas.
Ho meditato a lungo le rivelazioni di Dan Brown Miccichè, per poi confrontarle con quelle di un rivale di Garibaldi, il conte Cavour, che di lui lasciò scritto: «E’ un galantuomo, ha fatto vedere al mondo che anche gli italiani sanno combattere». Sarò fazioso, ma fra i due statisti antigaribaldini, Miccichè e Cavour, tenderei a fidarmi di Cavour. Se non altro perché, essendo un contemporaneo, non poteva farsi circuire come noi dalle invenzioni di Dumas e dei suoi romanzieri (non erano moschettieri?)