9 giugno 2010
BANCOMAT PER VOCE ARANCIO
È morto il 15 maggio 2010, al Raigmore Hospital di Inverness, in Scozia, John Shepherd-Barron, considerato l’inventore del bancomat. Aveva 84 anni.
Si stima che al mondo ci siano oggi 1,7 milioni di sportelli bancomat.
Il bancomat nei paesi anglosassoni è chiamato anche ”the hole in the wall”, il buco nel muro.
John Adrian Shepherd-Barron nacque il 23 giugno 1925 a Shillong, nella provincia indiana dell’Assam. Suo padre, Wilfrid Barron, fu presidente del porto di Londra, mentre sua madre, Dorothy Shepherd, era una campionessa di tennis: nel 1923 aveva vinto il doppio nel torneo di Wimbledon.
Nel 1963 Shepherd-Barron fu nominato presidente della Security Express, un’azienda che si occupava di trasporto di denaro.
John Shepherd-Barron raccontò di avere avuto l’idea del distributore di soldi mentre faceva il bagno, di ritorno dalla sua banca che aveva trovato chiusa. Era solito prelevare il denaro di sabato, ma quella volta arrivò con qualche minuto di ritardo e trovò gli uffici serrati: «Volevo che ci fosse un modo per avere sempre a disposizione il mio denaro in qualsiasi parte del Regno Unito e del mondo. Ho pensato ai distributori automatici di cioccolato».
Poco tempo dopo, con l’invenzione in testa, incontrò il direttore generale della Barclays Bank che stava andando a pranzo e, offrendogli un aperitivo, gli chiese 90 secondi per illustrare la sua idea. «Se è davvero in grado di mettere in pratica ciò che dice, compro la sua idea in questo istante», fu la risposta del banchiere dopo soli 85 secondi. Così la Barclays gli commissionò sei sportelli automatici, il primo dei quali, costruito dalla società De La Rue, fu installato nel sobborgo londinese di Enfield il 27 giugno 1967. Il primo cliente a prelevare fu l’attore Reg Varney.
Non essendo ancora state inventate le tessere in plastica con banda magnetica, nei primi bancomat venivano inseriti assegni impregnati di carbonio-14. I clienti infilavano il biglietto leggermente radioattivo nella macchina, che lo riconosceva e, dopo l’inserimento di un certo numero su una tastiera, erogava i soldi. Si potevano prelevare fino a dieci sterline alla volta («allora sufficienti per un fine settimana di follie», disse Shepherd-Barron).
Si deve allo stesso Shepherd-Barron l’invenzione del Pin, il codice numerico da digitare una volta inserita la carta nel bancomat. Inizialmente aveva pensato a un numero a sei cifre, come quelli delle matricole dei soldati, ma poi su suggerimento della moglie Caroline le ridusse a quattro. Per convincerlo la signora gli aveva detto: «Tra gli oggetti che stanno sul tavolo della cucina non riesco a ricordarne più di quattro».
Quando nel 1967 tenne una conferenza a Miami per illustrare agli americani la sua invenzione, ricevette una tiepida accoglienza ma poco dopo la First Pennsylvania Bank gli ordinò sei sportelli automatici. In Giappone, invece, gli dissero che i bancomat se li sarebbero costruiti da soli, ma gli pagarono sette anni di royalties per l’idea.
La sua trovata non gli fece guadagnare soldi, perché non la brevettò: avrebbe dovuto svelare i codici di sicurezza che facevano funzionare il distributore di soldi, ma non lo fece temendo che finissero nelle mani di qualche malintenzionato. Nel 2004, comunque, ricevette l’Ordine dell’Impero Britannico.
Tra le altre invenzioni di Shepherd-Barron, un congegno che riproduce il verso dell’orca assassina, utilizzato per tenere lontane le foche dagli allevamenti di salmoni.
La paternità dell’invenzione del bancomat è contesa. Luther George Simijian, americano d’origini turco-armene, nel 1939 progettò e installò a New York una macchina simile. Alla sua apparizione gli unici a utilizzarla furono, per ammissione dello stesso Simijian, «prostitute, biscazzieri e quel tipo di gentaglia che si vergogna di farsi vedere in faccia dal cassiere di una banca». Andò a finire che la macchina fu tolta dopo poco tempo, a causa dello scarso interesse suscitato tra la gente.
Altri dicono che il vero inventore del bancomat fu lo scozzese James Goodfellow. La sua macchina, brevettata nel 1966, fu testata un mese dopo quella di Shepherd-Barron. Secondo altri, invece, fu Goodfellow a inventare il Pin.
Tra i possibili inventori c’è anche Don Wetzel, che registrò un brevetto nel 1973. Uno dei suoi primi modelli si riempì d’acqua al primo temporale.
«Non ho mai pensato realmente di essere stato l’inventore del bancomat, ma sono quello che ha costruito il primo e lo ha fatto funzionare» (Shepherd-Barron).
In Italia, il primo sportello bancomat fu aperto nel 1976 dalla Cassa di Risparmio di Ferrara.
In una delle ultime interviste concesse, Shepherd-Barron ha predetto la scomparsa del denaro contante nel giro di cinque anni.
Margherita Hack fa sapere d’aver da tempo rinunciato al bancomat: «Ho provato a usarlo quando mi hanno spedito il numero di password in busta sigillata, ma era sbagliato. Allora ho deciso che era meglio lasciar perdere. Le macchine non sono perfette».
Secondo i dati del Consorzio Bancomat, aggiornati a giugno 2009, in Italia nel 2008 sono state compiute 689 milioni di operazioni di prelievo dagli sportelli bancomat. Nello stesso anno i pagamenti nei negozi effettuati col bancomat sono stati 768 milioni. Gli sportelli automatici sono 46 mila, i dispositivi Pos attivi nei negozi abilitati al pagamento con carta bancomat sono 1milione e 180 mila. Le carte bancomat sono 28 milioni.
Le carte bancomat sono carte di debito: chi le possiede può effettuare acquisti presso i negozi convenzionati (che hanno cioè un terminale Pos, ”point of sale”, su cui digitare il codice segreto) o prelevare soldi in contanti dagli appositi distributori, con addebito immediato sul conto corrente. Se la carta è collegata a circuiti internazionali, è possibile utilizzarla anche all’estero, per prelievi di valuta locale e per effettuare pagamenti.
Il bancomat si chiama Atm (Automatic teller machine) in Australia, America e Nuova Zelanda. Cash machine in Regno Unito e Irlanda, Geldautomat nei paesi di lingua tedesca. In Francia si chiama Guichet automatique.
Scritta sul display del bancomat dello Ior: «Inserito scidulam quaeso ut faciundam cognoscas rationem», «Inserire la scheda per iniziare». Inserita la scheda, appaiono tre opzioni: «Deductio ex pecunia», il prelievo; «Rationum aexequatio», il saldo del conto corrente; «Negotium argentarium», i movimenti bancari. Una volta terminata l’operazione si digita il «Retrahe scidulam depositam» e si avrà indietro la scheda.
La frode più diffusa è la clonazione della carta di credito (62%), seguita dal furto della carta (20%) e dalla clonazione della carta bancomat (10%). Il 25% delle frodi avviene davanti a uno sportello automatico. Tutti gli altri casi si verificano quando si utilizza la carta come pagamento Pos. I metodi di clonazione delle carte si basano sull’introduzione di un chip nel terminale Pos di un punto vendita per catturare i dati delle carte dei clienti o sul posizionamento di elementi (false tastiere, piccole telecamere ecc.) sugli sportelli bancomat per scoprire i codici Pin.
Ecco alcuni consigli per non farsi copiare la carta del bancomat.
1) Quando si digita il codice coprire sempre la tastiera con l’altra mano.
2) Preferibilmente recarsi allo sportello nell’orario di apertura della banca. E’ più difficile per i truffatori manomettere lo sportello senza dare nell’occhio.
3) Controllare l’estratto conto ogni settimana per verificare i movimenti della carta bancomat.
4) Se la banca lo mette a disposizione, attivare il servizio sms che avvisa il proprietario della carta di ogni movimento.
Il futuro del bancomat. «Presto arriveranno i chioschi non-cash, punti di sola consultazione», dice Danilo Rivalta, vicepresidente della Diebold, una delle aziende produttrici di Atm. «Le banche non invieranno più nulla a casa dei clienti, per avere informazioni sul conto si dovrà andare al chiosco. In paesi come Inghilterra o Brasile, le agenzie normali, quelle con il cassiere, già non esistono più, è tutto automatizzato. In Italia si dovrà aspettare ancora una decina d’anni». Si arriverà a banche aperte 24 ore su 24, con 10-20 macchine incassate nel muro, senza cassieri. L’impiegato è destinato a diventare un consulente: «Le grandi banche già stanno investendo milioni di euro nel rifacimento delle loro filiali in questo senso».
Un distributore Atm in grado di svolgere più operazioni arriva a costare circa 30 mila euro. Una macchina più semplice, di sola consultazione, costa circa 11 mila euro. Rivalta: «Pensiamo che in Italia nei prossimi anni ci sarà bisogno di macchine per un investimento di 1,6 miliardi di euro. A cui poi bisogna aggiungere le spese per l’assistenza e per il software. Un mercato colossale».
I bancomat del futuro emetteranno anche biglietti per cinema e teatro o per eventi come i concerti. L’Atm sarà equipaggiato con schermi grandi, a colori, sui quali compariranno pubblicità personalizzate, in base al proprio profilo.
Nell’Emirates Palace di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, è stato installato un bancomat che, dietro inserimento di banconote, distribuisce piccoli lingotti d’oro (fino a 10 grammi) o monete incise con motivi scelti dall’acquirente. Il distributore di lingotti segue giornalmente le quotazioni dell’oro e aggiorna i prezzi automaticamente. L’idea di questo bancomat è dell’imprenditore tedesco Thomas Geissler, che ha cominciato a sperimentare la sua macchina in Germania nel 2009. Quella collocata nella hall dell’Emirates Palace è la prima a funzionare.
Sul sito kellybethdesigns.com si vendono gioielli realizzati con carte di credito e bancomat scadute. Gli orecchini costano da 16 a 30 dollari l’uno, i bracciali circa 35.
L’applicazione iBancomat per iPhone permette di trovare lo sportello automatico più vicino al luogo in cui ci si trova. Fornisce anche indicazioni stradali per raggiungerlo. Su Internet con il sito Faro si possono cercare gli sportelli automatici di tutta Italia.