Frammenti, 9 giugno 2010
[Schedone su Nelson Mandela. Aggiornato in fondo] MANDELA Nelson, Transkei (Sudafrica) 18 luglio 1918
[Schedone su Nelson Mandela. Aggiornato in fondo] MANDELA Nelson, Transkei (Sudafrica) 18 luglio 1918. Politico. Leader del movimento contro l’apartheid. Capo storico dell’African National Congress, dopo la messa fuori legge dell’organizzazione (1960) passò alla lotta armata e fu arrestato (’62) e condannato all’ergastolo (’64). Liberato nel 1990, ha guidato l’Anc nel negoziato con il governo che ha permesso il superamento del regime di segregazione razziale. Trionfatore nelle prime elezioni libere multietniche del ”94, presidente della repubblica fino al ”99. Nobel per la pace ”93 con F. W. De Klerk (Garzantina Universale, 31 agosto 2008) «Geniale stratega di una transizione che sembrava impossibile» (Aldo Rizzo, ”La Stampa” 2/11/2005) Racconta Anthony Sampson, suo biografo che arrivò in Sudafrica nel 1951: «Non mostrava ancora i segni del grande leader. [...] Spesso i compagni lo trovavano arrogante. Aveva un fare distaccato, freddo, quasi regale. Intimoriva, con quel suo fisico e quel suo piglio da boxer. […] Fu la prigionia ad abbattere il muro difensivo che si era costruito attorno e ad arricchire la sua capacità di comprensione degli uomini e degli avvenimenti. [...] La cosa straordinaria è che arrivò a dominare psicologicamente la prigione. Diventò amico di alcuni guardiani afrikaner, fino a considerare anche loro quasi come dei prigionieri, con le loro paure e le loro aspirazioni […] Verso la fine del processo di Rivonia, si era convinto che lo avrebbero condannato a morte. Quando giunse il momento della lettura del verdetto, buttò giù in fretta alcune righe da leggere quale ultima dichiarazione. [...] Inviai quelle note all’unica persona che avrebbe potuto decifrarle: Mandela stesso. Che qualche giorno dopo mi telefonò per dirmi: ”Scusa Anthony, ma nemmeno io sono riuscito a leggerle!”» (Arianna Dagnino, Stefano Gulmanelli, ”l’Espresso” 17/6/1999). Sposato con Graça Machel 52 ( vedova dell’ex presidente del Mozambico). Si sono sposati nel 1998 con rito civile (lui per la terza volta, lei per la seconda) e il beneplacito dei più importanti rappresentanti dei diversi gruppi religiosi, con banchetto per 2.000 invitati vip. Mandela ha pagato al padre di Graça il ”prezzo” della figlia con 60 mucche selezionate, dopo la vestizione in camere separate, lo scambio degli anelli, le ha dato il primo bacio atteso per ben otto anni di affettuoso corteggiamento. I barbieri della città indiana di Bangalore hanno tagliato gratis i capelli a tremila poveri come regalo di nozze e in segno di ammirazione verso «L’uomo nero più amato dai bianchi»( come l’ha definito Winnie, la sua ex moglie). (il Giornale 20/07/1998). Samora Machel, marito di Graça, morì in un incidente aereo il 19 ottobre 1986 (Dino Messina, Corriere della Sera 11/04/2010) La ex moglie, Winnie Madikizela, si è messa a imbottigliare la terra di Soweto per venderla ai turisti. (Gabriele Villa il Giornale, 21/12/2002) Rapporti con capi di stato stranieri. Ottimi con Gheddafi: nel 1997 lo incontrò due volte e lo insignì della più alta onorificenza concessa dalla repubblica sudafricana ad uno straniero. (P.P.P., lo Stato 07/07/1998; Newton Kanhema, Panafrican News Agency 21/09/1997). Dalai Lama: «Guardiamo al Sudafrica. La leadership del presidente Nelson Mandela ha cercato di promuovere la riconciliazione secondo le regole della non violenza è c’è riuscito. stata una cosa meravigliosa» (Anais Ginori, la Repubblica 09/12/2001) Molto amico anche di personaggi dello spettacolo come la top model Naomi Campbell («Nelson Mandela mi telefona spesso. E’ un uomo straordinario e non capisco cosa trovi in me di così speciale» ("Il Venerdì" 4/3/2005) e l’attore Morgan Freeman (ha un patto con Mandela che cerca di rispettare sempre: incontrarsi ogni volta che si trovano a 1.000 miglia l’uno dall’altro. (celebritywonder.com). Mohamed Ali, ha detto di lui: «rappresenta per il mondo intero un insegnamento straordinario. Mandela incarna la prova vivente che non c’è nulla al di fuori di Dio e di noi stessi che può sconfiggerci. Nulla può annientarci se usiamo le armi del cuore e del coraggio. (Corriere della Sera 25/10/2005, pag.37 Antonio Troiano). La scrittrice Nadine Gordimer: «Fui una delle prime che incontrò quando uscì di prigione. Lo conoscevo da molto tempo, da quando era sotto processo. Lo conobbi in tribunale e il nostro rapporto continuò. Poiché il mio libro, La figlia di Burger (Feltrinelli, 1992), venne contrabbandato in prigione, lui lo lesse in carcere e, tramite il suo avvocato difensore, Nelson mi scrisse una lettera per dirmi quanto avesse lo apprezzato. Dopo la liberazione l’ho visto abbastanza spesso». (Lara Ricci, Il Sole-24 Ore 7/2/2010) Ha detto: «Sports has the power to change the world». Lo sport può cambiare il mondo. (EMANUELA AUDISIO, la Repubblica 8/6/2010). Appassionato di calcio («Sono stato 27 anni nella galera di Robben Island e non potrò mai dimenticarmi quando mi chinavo verso la radio, per ascoltare la cronaca delle partite ai mondiali» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 16/5/2004) ha capito che il rugby poteva essere uno strumento per unire bianchi e neri nel suo paese. Ama anche il tennis: riuscì a convincere le sue guardie a Robben Island a procurargli una radio in modo da poter ascoltare la cronaca della finale Bjorn Borg -McEnroe di Wimbledon il 5 luglio dell´80 si giocò la finale (La Repubblica 13/11/2005, Emanuela Audisio). Adora la boxe e Mohammed Alì (che contraccambia). (Massimo M. Veronese, il Giornale 2/7/2006) Nel giugno 2004 convocò una conferenza stampa per annunciare il suo ritiro dalla vita pubblica: «A chi gli chiedeva: "Che significa?", ha risposto: "Significa che d’ora in poi devo esser io a chiamare voi e non voi a chiamare me". Anche se privo incarichi, Mandela è rimasto un punto di riferimento per la vita pubblica sudafricana e, su certe questioni, per i politici di tutto il mondo. Si deve a lui, per esempio, l’organizzazione lo scorso dicembre a Città del Capo di un immenso concerto per raccogliere fondi destinati alla cura dell’Aids. "Ma adesso basta" ha detto "Voglio stare con la mia famiglia"». (uscito Vanity Fair 10/6/2004) Ha un life-coach (l’allenatore personale della mente che aiuta a star bene fisicamente, a raggiungere i risultati sperati nel lavoro e a vivere in equilibrio) (Lilli Garrone, ”Corriere della sera” 21/10/2004) Il figlio Makgatho è morto d’Aids (aveva 54 anni): "Diamo pubblicità allo Hiv, non teniamolo nascosto, è l’unico modo che abbiamo per farlo apparire come una normale malattia". (uscito su vanity 17 gennaio 2005) Successori: Mbeki, anch’egli di etnia Xhosa, e poi il discusso Jacob Zuma (Ugo Tramballi, Il Sole-24 Ore 24/6/2008) In Sud Africa vi sono due sole popolazioni antichissime, lì stanziate da decine di migliaia di anni: i Boscimani e gli Ottentotti (i loro veri nomi sono San e Khoi-Khoi). Mandela dev´essere per metà circa di origine ottentotta, e per il resto bantù, una popolazione che giunse in Sud Africa molto tardi,al termine di una lunga espansione, poche centinaia di anni fa. (Massimo Livi Bacci, la Repubblica 17/11/2008) «Uno stato non razzista, uno stato non sessista», fu lo slogan di Nelson Mandela prima delle elezioni del 1994. [...]il Sudafrica di Mandela fu il primo stato al mondo a dichiarare illegale, nella sua costituzione, la discriminazione in base agli orientamenti sessuali. (Andrea Sorrentino, la Repubblica 24/10/09) E’ uscito dal carcere la mattina di domenica 11 febbraio 1990. [...] Il mondo intero conosceva Nelson Mandela, ma nessuno lo aveva mai visto. [...] L’ultima fotografia conosciuta ritraeva un giovane avvocato nel fiore della maturità che - già latitante- improvvisava un comizio prima di tornare a nascondersi nella clandestinità. [...] Colui che i giornali sudafricani avevano soprannominato «la primula nera», parafrasando il nome dell’eroe romanzesco della baronessa Orczy («La cercan qui, la cercan là/ dove si trovi nessun lo sa/ Che impadronirsi mai non si possa/ della dannata Primula Rossa?»). [...] L’11 febbraio 1990 era un’incognita. Pochi giorni prima un settimanale americano aveva addirittura pubblicato in copertina un’elaborazione al computer di quella sbiadita istantanea, invecchiando i lineamenti, aggiungendo rughe alla fronte e pieghe alle guance, per dare un’idea di come «il prigioniero politico più famoso del mondo» poteva apparire. Ma era solo una supposizione. « Mandela speaks», c’era scritto sui volantini distribuiti a tappeto nelle periferie di Città del Capo per annunciare il comizio organizzato in serata: Mandela era una voce, ma non un volto. [...] Gli ultimi avvenimenti si erano succeduti molto in fretta. Il discorso della svolta, con il quale il presidente sudafricano de Klerk aveva proclamato la fine del regime dell’Apartheid, la legalizzazione delle organizzazioni politiche bandite da decenni (a cominciare dall’African National Congress di Mandela), la sospensione delle condannea morte, la liberazione della maggior parte dei prigionieri politici, era di dieci giorni prima, il 2 febbraio. (PIETRO VERONESE, la Repubblica 7/2/2010) Il campionato di calcio a Robben Island, organizzato dai detenuti. Aveva una struttura e organizzazione, scritte con manuale della Fifa alla mano (il secondo titolo più popolare della biblioteca del carcere dopo Il Capitale di Marx), nel giugno del ´69. Nome: Makana Football Association (dal nome del condottiero xhosa esiliato sull´isola nel 1819 dopo aver sfidato il potere coloniale). Come una vera e propria Lega di calcio, la Mfa comprendeva nove club, tre divisioni, una Commissione disciplinare e un´Associazione degli arbitri. Inizialmente giocavano ogni sabato per sola mezz’ora. A Mandela, che era in isolamento, era proibito giocare e tifare in campo. Spiava le partite dalle grate della sua cella finché, eretto un muro, dovette accontentarsi di seguirne l´andamento grazie alle cronache che gli giungevano di straforo. (ROSALBA CASTELLETTI, la Repubblica 20/3/2010) Mandela poco dopo la sua elezione a presidente andò a prendere il tè dalla vedova di Verwoerd, l’uomo che l’aveva condannato a marcire in carcere. (Michele Farina, Corriere della Sera 3/8/2006) A Robben Island era il detenuto numero 466/64. Aveva una cella di appena 1.95 metri, con una sola feritoia di 30 centimetri. Il presidente della Fifa, Joseph Blatter, ribadisce che Mandela sarà alla partita inaugurale dei Campionati del mondo di calcio. Anche il governo e l´Anc, partito al potere, assicurano la sua presenza. La famiglia sia di diverso avviso. A parlare è la nipote, Mandla Mandela: «Io, anzi tutti noi parenti, abbiamo deciso che sarebbe davvero un rischio portare fuori mio nonno, che ha 92 anni, in una fredda notte d´inverno per andare a vedere una partita di calcio. Noi, come sudafricani, e la comunità internazionale, dobbiamo iniziare a tener conto della sua età. Io so per certo che lui venerdì non andrà alla partita».(EMANUELA AUDISIO, la Repubblica 8/6/2010) Frederik Willem de Klerk (ultimo presidente dell’Apartheid, che nel 1993 ha ricevuto con Mandela il premio Nobel): «Quando ho incontrato Nelson Mandela per la prima volta sono rimasto colpito dal suo portamento altero, quasi superbo. Avevo davanti a me un signore già anziano, forse fisicamente più alto di quanto immaginassi, che emanava una straordinaria forza e convinzione morale. Ecco, non sembrava proprio un prigioniero in carcere da ventisette anni. Siamo diventati amici anche se i nostri rapporti sono stati a volte burrascosi». Liberare Mandela «non fu una decisione improvvisa. Per me era il punto d’arrivo di un lungo processo avviato all’interno del National Party. Già il 6 febbraio 1989, appena eletto leader del partito, avevo messo in chiaro che il nostro obiettivo doveva essere costruire un "nuovo Sudafrica". Alle elezioni del settembre ’89, con le quali diventai presidente, le riforme erano nel programma. Insomma, pensavo di aver largamente preparato il terreno per una svolta. Eppure il mio annuncio suscitò enorme sorpresa. I militanti dell’estrema destra erano inorriditi». Quale ricordo conserva del suo primo incontro con Mandela? «Era il 13 dicembre 1989. Mandela stava a Victor Verster Prison. Chiesi di farlo portare in gran segreto nel palazzo presidenziale di Città del Capo. Di lui conoscevo solo vecchie foto da giovane. Era molto cambiato ma non era assolutamente afflitto dalla lunga prigionia. Non discutemmo di politica, né di decisioni sostanziali. La cosa fondamentale è stato guardarci negli occhi e stringerci la mano. Abbiamo capito subito che potevamo fare un pezzo di strada insieme». [...] «Mandela voleva rimandare la liberazione di qualche giorno, per permettere all’Anc di negoziare alcuni aspetti della transizione politica. Gli dissi che non era più possibile, ma che avrebbe potuto scegliere dove essere liberato, se a Città del Capo o a Johannesburg. Scelse Città del Capo». Mandela fece il famoso discorso da uomo libero, annunciando che la lotta armata sarebbe continuata. Ne fu sorpreso? «Era sconcertante, ero sconcertato. Andava contro tutti i progetti di pacificazione che insieme dovevamo garantire. Mandela mi disse poi che il discorso non è stato scritto da lui. Non so se fosse vero. Il dubbio rimane». Durante la transizione, lei e Mandela avevate anche smesso di parlarvi. Comunicavate solo attraverso collaboratori. Perché? «L’ala radicale dell’Anc cercò di sabotare i negoziati. Durante il corteo del 7 settembre 1992 a Bisho, con decine di morti e feriti, ci siamo trovati a un passo dal baratro. Per fortuna, i moderati come Mandela hanno ripreso il controllo del partito, tornando a negoziare il 26 settembre di quell’anno». Quando Mandela divenne presidente del Sudafrica, lei rimase al governo. Come fu la coabitazione? «Mandela non è mai stato un presidente interessato all’ordinaria amministrazione. Delegava quasi tutto al suo vice, Thabo Mbeki e, in misura minore, a me. La forza di Mandela è stata sempre il suo carismae la sua tenacia nel promuovere una riconciliazione nazionale». (ANAIS GINORI, la Repubblica 7/2/2010) Nelson Mandela sarà, anche solo per pochi minuti, alla partita inaugurale della 19ª edizione della Coppa del Mondo, Sudafrica-Messico, alle ore 16 di venerdì 11 giugno 2010. L’annuncio arriva da un nipote, Nkosi Zweliveilile, e scaccia le paure della granda vigilia. Mandela saluterà per un quarto d’ora i giocatori e i tifosi che verosimilmente occuperanno Soccer City, l’ultimo «nato» di Johannesburg. (Roberto Beccantini, La Stampa 9/7/2010)