MARCO ZATTERIN, La Stampa 8/6/2010, pagina 15, 8 giugno 2010
PAESI BASSI, L’ORA DELLE DESTRE
L’uomo che tre mesi fa ha detto «oggi Almere e l’Aia, domani l’Olanda» sta cercando un modo per salvare la faccia. Nei corridoi del parlamento Orange, i collaboratori di Geert Wilders, il leader nazionalista del Partito della Libertà (Pvv), ammettono che il loro capo dovrà rassegnarsi all’opposizione e abbandonare il sogno del premierato perché l’ultradestra, stavolta, non sfonda nei Paesi Bassi. «La crisi ha cambiato il clima, ha rinfocolato la fiducia nelle parti tradizionali», spiega Peter Kanne, esperto sondaggista della Tns-Nipo. Immigrazione e conflitti sociali hanno lasciato la ribalta a lavoro e crescita stentata. Gli elettori chiedono certezze alle forze conservatrici, segno che il futuro fa più paura di un vicino di casa che prega Allah.
E’ un doppio scherzo dei capricci di una politica instabile. Mercoledì si vota in Olanda, dopo che la grande coalizione guidata dal cristianodemocratico (Cda) Jan Balkenende è stata abbattuta in febbraio dall’uscita dei socialisti (Pvda), contrari alla missione afghana: l’esito probabile è una vittoria del Vvd, i liberali di destra, col giovane Mark Rutte destinato a condurre un’alleanza numerosa. Domenica tocca al Belgio, un puzzle. I sondaggi annunciano il trionfo nelle Fiandre degli indipendentisti della Nva di Bart De Wever e in Vallonia dei socialisti di Elio di Rupo. Formare un esecutivo sarà un impresa; gli allibratori accettano scommesse pure sul 2011.
Qualcosa sta però succedendo. «E’ il tempo delle riforme - spiega Marietje Schaake, eurodeputata olandese di casa D66 -. La gente s’è persuasa che chi c’era prima non va bene per risolvere i terribili problemi dell’economia e, allo steso tempo, non ritiene che Wilders sia concreto». In marzo l’autoproclamato crociato antislamico prometteva 24 seggi alle politiche, oggi è indicato in discesa sotto quota venti, a metà strada sul Vvd. L’ultima polemica, sulla tassazione del velo, non ha pagato. Ora sembra fuori.
Gli esperti prevedono che le urne arancioni porteranno in parlamento dieci partiti. E che, contate le schede, la regina Beatrice convocherà subito Rutte, 43 anni, bella presenza e bella testa. L’elettorato è mobile, la coalizione ardua. L’idea è che scivolerà dal centro sinistra al centro destra, con una punta di verde. Fonti Vvd prevedono un patto con Cda, D66 e GroenLinks. In discesa l’ipotesi «porpora», Rutte non vuole i laburisti. Il 62enne Job Cohen, numero uno socialista già sindaco di Amsterdam, è invece il più popolare politico del basso paese. Bisognerà tenerne conto.
Il problema è che i Labour sono considerati portatori di riforme «troppo sociali», giudicate da molti inefficaci. L’Olanda pare auspicare una cura decisa che chiuda con l’assistenzialismo. Così va a finire che la tempesta penalizzerà chi governava (Cda e Pvda) e agevolerà un ricambio coi liberali. Ne risulterebbe uno spostamento a destra, nel rifiuto delle formazioni più radicali alla Wilders. Roba da moderati duri.
Anche Bart De Wever, la stella del voto 2010 destinata a raccogliere un voto su quattro nel Nord del Belgio, dice di essere un moderato e di «non essere contro gli amici valloni». Ma nel Paese federale formato da due nazioni che non si parlano - Fiandre e Vallonia -, terra in cui tutto è doppio, anche i partiti e i giornali, l’evenienza gonfia l’incertezza. Popoli diversi votano candidati diversi che si devono poi mettere d’accordo come fossero uno. I fiamminghi, più benestanti, si consegnano alla destra. I valloni, in difficoltà, insistono col Ps. Nessuno ha idea di chi possa essere il premier. Il paese diverge, tira a destra e a sinistra, così potrebbe rompersi come sogna De Wever. Ma non subito e non presto. E’ il classico caso in cui un divorzio sarebbe ancora più problematico del matrimonio.