ANDREA MALAGUTI, La Stampa 8/6/2010, pagina 11, 8 giugno 2010
IL DOTTOR NICHOLSON E L’OMBRA DELLA TRUFFA
Seduta dietro al tavolino basso del dipartimento di malattie infettive dell’University Hospital di Leicester, Linda Kenny, segretaria personale del professor Karl Nicholson alza il telefono senza mai rinunciare al suo sorriso sbarrato. E’ cordiale, efficiente, rapida e risponde in automatico, sempre allo stesso modo: il professore è impegnato in una riunione, la faccio chiamare. Un muro di gomma. Cortese, ma di gomma.
Del resto Karl Nicholson non è un signore normale, piuttosto una specie di genio delle malattie contagiose, uno che capisce in anticipo la reazione che hanno i corpi quando incontrano un batterio strano. E’ per questo che tutti lo vogliono. Lui, tendenzialmente, sa.
Uno scienziato che ha lavorato con gli ospedali, con il governo, con l’Organizzazione mondiale della sanità e con le industrie farmaceutiche, qualche volta nello stesso momento. Per questo l’hanno trascinato nella tempesta, conflitto di interessi. Presunto. Il caso lo ha sollevato il British Medical Journal che in collaborazione col Bureau of investigative journalism di Londra, ha fatto uno straordinario lavoro sulla psicosi da influenza suina, la pandemia che avrebbe dovuto mettere il pianeta in ginocchio e che invece ha avvelenato le casse degli Stati.
Il dottor Margaret Chan, direttore generale dell’Oms, presentandosi al mondo il 9 giugno del 2009 disse testualmente: «La pandemia è iniziata». Gli inglesi investirono un miliardo in medicinali prevedendo che 65 mila persone avrebbero perso la vita. La guerra. Dodici mesi più tardi gli studi legali sono al lavoro per sciogliere contratti blindati che hanno portato negli ospedali oltre 14 milioni di dosi di vaccino diligentemente disposti negli armadietti. Servono a qualcuno? Il Cabinet Office ha aperto un’inchiesta.
Secondo il British Medical Journal, Karl Nicholson non solo sarebbe uno degli esperti incaricati da dieci anni di studiare le incombenti pandemia da parte della World Health Organisation (che sulla composizione della commissione mantiene un incomprensibile segreto), ma avrebbe anche prestato la propria opera per le aziende farmaceutiche Roche e Glaxo. E chi ha fornito l’oseltamivir (il Tamiflu) e lo zanamivir necessari al vaccino anti-suina venduti nel mondo in cambio di 8 miliardi di dollari? La Roche e la Glaxo. «E’ vero, ho lavorato per loro, ma l’ultima volta che ho preso dei soldi dalla Roche è stato nel 2001».
Evidentemente infastidito, apparentemente sincero, il direttore del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale di Leicester si concede per pochi secondi e liquida la storia con una battuta spigolosa. «La Oms richiede a chi partecipa ai suoi incontri, come è successo a me nel 2002 e nel 2004, di compilare dei documenti che certifichino eventuali conflitti di interessi». Li ha compilati? «Secondo lei?».
Il sottotesto è banale: se la Oms fa la radiografia del mio lavoro e lo ritiene compatibile con l’incarico che vuole assegnarmi, devo essere io a farmi da parte?
Storia ruvida e secondo Paul Flynn, deputato laburista che siede nel comitato sulla salute del Consiglio d’Europa, inaccettabile. «I tentacoli delle grandi industrie farmaceutiche arrivano ai più alti livelli decisionali. Alcuni dei risultati presentati dal rapporto del Consiglio sono drammatici». Si stringe il nodo della cravatta e arrotola le maniche della camicia azzurra. «La mancata trasparenza ha prodotto quattro problemi: una distorsione evidente delle priorità pubbliche, una perdita enorme di denaro, la diffusione di una paura ingiustificata e l’utilizzo di vaccini non sufficientemente testati e dunque potenzialmente pericolosi». Chiede un bicchier d’acqua, mentre un quadrato di cielo scuro gli sporca una solida barba bianca. «Non mi piacciono questi giorni». Sa che bisognerà combattere.