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 2010  giugno 08 Martedì calendario

C’ UN PAESE DOVE I SALARI RADDOPPIANO IN TRE GIORNI

La fabbrica cinese di Foxconn Thechnologies, di proprietà della Hon Hai Precision Industry di Taiwan, che occupa in Cina 800 mila dipendenti, è stata protagonista, nel giro di una sola settimana, di ben tre eventi. Il primo evento, è la notizia che, in questo megacomplesso industriale, dove si lavora per 12 ore al giorno e per sette giorni la settimana, si sono suicidati dieci dipendenti e che, nell’ultima settimana, i tentativi di suicidio sono stati altri tre. Il secondo, è la notizia che, ai dipendenti cinesi che percepivano un salario equivalente di 132 dollari al mese, la Foxconn aveva concesso un aumento per portarlo a 176 dollari. Questa improvvisa accondiscendenza è dovuta probabilmente alle pressioni esercitate dalle società occidentali come Apple, Dell, Hewlett-Packard e Sony, che producono gran parte dei loro prodotti elettronici alla Foxconn, che, temendo di fare la fine di Adidas e Nike, che infatti vennero boicottate a livello internazionale con l’accusa di utilizzare manodopera infantile per produrre i loro articoli sportivi, debbono aver invitato la Foxconn a togliere il piede dal freno. Il terzo, è di ieri, e consiste nel fatto che i salari alla Foxconn, che erano già saliti da 132 a 176 dollari, sono stati subito fatti aumentare a 300 dollari al mese (251 euro). Un aumento del 100% dei salari, in meno di una settimana, non si è mai verificato durante l’intera storia industriale del mondo. Perché, allora, è avvenuto in Cina? Perché lo hanno voluto (o consentito) la autorità cinesi. Da Tien An Men in poi (passando per Google censurato), tutti sanno che in Cina non si muove foglia che il Partito comunista cinese (Pcc) non voglia. Secondo, perché anche in Cina comincia a sentirsi una certa scarsità di manodopera utilizzabile in produzioni sofisticate (anche se ripetitive), perché stanno venendo al pettine le conseguenze della politica demografica coercitiva, basata sul figlio unico. Il figlio unico non ha solo ha maciullato la crescita demografica in un paese che, fino a 25 anni fa, era composto da famiglie numerosissime, ma ha fatto sì che i figli unici fossero coccolati in modo inimmaginabile nelle generazioni precedenti. La quantità di affetto biologicamente disponibile per 5 figli è stata infatti forzatamente concentrata sul figlio unico che, non a caso, in Cina, è spesso obeso (per la prima volta nella sua storia quinquemillenaria). Il figlio unico cinese è un po’ (solo un po’, sia chiaro) «bamboccione» come direbbe Tommaso Padoa Schioppa. Non accetta di essere tirato per il collo come i suoi padri. E Pechino se ne accorta ed è corsa ai ripari. Più soldi a tutti, quindi. Le conseguenze? Meritano capitolo a parte.