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 2010  giugno 08 Martedì calendario

PERCH QUEL POPOLO NON DIVENTA UNA NAZIONE

L´arcobaleno ha sette colori. Ma nella "rainbow nation" ne dominano due. Nero e bianco. Estranei peraltro alla sequenza cromatica dell´arcobaleno, che Nelson Mandela assimilava alla mimosa del bushveld e alla jacaranda di Pretoria per evocare la necessaria convivenza fra popoli e culture nel Sudafrica multirazziale.
Il tempo della poesia è scaduto. Il Sudafrica del disincanto riscopre irrisolto il nodo primario che il fervore dell´utopia non ha potuto sciogliere.
A sedici anni dalle prime elezioni del dopo-apartheid, la razza continua in buona misura a determinare la condizione sociale dei sudafricani. Financo la loro appartenenza politica. Lo stesso governo di Pretoria segnala l´«erosione della coesione sociale», l´«indebolimento del senso di appartenenza comune». E uno dei più influenti politologi locali, Anthony Butler, osserva come «i colori costitutivi dell´arcobaleno sudafricano abbiano conservato molto della "separatezza" acquisita nelle epoche del segregazionismo e dell´apartheid».
In uno dei paesi più liberi dell´Africa, il vivacissimo dibattito pubblico continua a ruotare intorno al colore della pelle. Con toni talvolta esasperati. Giacché la fine della tirannia bianca sui neri non ha (ancora?) prodotto l´identità condivisa evocata nel 1955 dalla Carta della Libertà, bandiera della lotta anti-apartheid guidata dall´African National Congress (Anc), e poi codificata nella costituzione: «Il Sudafrica è di tutti coloro che ci vivono, neri e bianchi».
Ridurre quell´immenso caleidoscopio alla bicromia significa offuscarne le mille sfumature culturali e territoriali, le intersezioni e persino i conflitti interni alle quattro razze ufficialmente censite: africani (neri), coloureds (meticci), indiani/asiatici, bianchi. Ma trascurare la linea di faglia che tuttora divide 39 milioni di neri (79,3% della popolazione) da 4 milioni e mezzo di bianchi (9,1%) - oltre a quasi altrettanti meticci (9%) e a 1 milione e 300 mila indiani/asiatici (2,6%) - equivale a perdere di vista la questione di fondo: può esistere una nazione sudafricana? In termini affini alla nostra storia patria: fatto il Sudafrica democratico, restano da fare i sudafricani.
Il saggio motto di Nelson Mandela - «let bygones be bygones» («mettiamoci una pietra sopra») - ha perso molto del suo smalto. La maggioranza nera ha conquistato pacificamente il potere politico e lo ha incardinato nell´egemonia incontrastata dell´Anc, semiabbandonato dai progressisti bianchi che avevano creduto in Mandela. (…)
Il primato politico nero è parzialmente bilanciato da quello economico dell´élite bianca, cui tuttora appartengono i tre quarti della terra coltivabile e molte altre leve del potere economico. Oltre al predominio in campo scientifico e artistico-letterario. Politica, economia e cultura seguono binari paralleli, il cui solco resta largamente marcato dalla razza. (…)
Mandela immaginava un Sudafrica multicolore, il cui esempio si sarebbe irradiato ovunque. Nel continente e oltre. Ma un multiculturalismo che intende radicare diritti e doveri dei cittadini mantenendo, anzi coltivando l´identità fondata sul sangue, finisce per contraddire le sue premesse.
Forse il sogno di Mandela era troppo ambizioso. Forse i suoi epigoni mancano di ambizione. O forse è semplicemente troppo presto per veder maturare i frutti di quell´utopia che la festa dei Mondiali vorrebbe ravvivare.
Il testo completo di questo articolo sarà pubblicato sul numero di "Limes" in edicola da domani