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 2010  giugno 07 Lunedì calendario

VIVA IL PRECARIO MA SIA GARANTITO

La precarietà è un fenomeno sociale che non va demonizzato. Non ha senso la campagna della paura che la addita come agente disgregatore delle vite individuali». Enzo Mattina è drastico e non ce la fa ad ascoltare continuamente il mantra contro la flessibilità, identificata con la precarietà. Mattina, ex sindacalista, ex europarlamentare, uno dei dirigenti di una società di lavoro interinale, la Quanta, ha avuto un ruolo intenso nel promuovere il lavoro temporaneo in Italia e cerca di difenderlo dagli attacchi che reputa ingiusti e ideologici.
Lei in un suo libro appena uscito tesse l’elogio della precarietà. Perché?
«Perché c’è in Italia uno strabismo che fa percepire il lavoro cosiddetto precario più negativo del lavoro nero. Il lavoro precario è visibile, quantificabile, scomponibile nelle sue innumerevoli facce, che non sono tutte uguali, ed è legale. E ha dato un contributo essenziale all’emersione del lavoro sommerso. Mi rendo conto della provocazione, ma la precarietà del lavoro può diventare un’opportunità, se solo ci sforzassimo di gestirla».
Certo che oggi, con i tempi che corrono, è difficile gestire la flessibilità.
«Oggi c’è un contesto culturale che io chiamo precarismo, che è l’allarmismo sulla precarietà. Credo invece che si possa e si debba pensare ai rimedi sugli abusi e individuare una corretta pratica della flessibilità. Io penso alla flessibilità socialmente sostenibile, imperniata su tutele economiche, contributive e formative e sull’universalità di alcuni diritti fondamentali. Invece, il precarismo amplificato dai media diventa un aggregatore del conflitto. paradossale che sull’unica forma di precarietà contrattualizzata e tutelata, il lavoro interinale, siano stati prodotti saggi, romanzi, film che l’hanno reso la metafora della precarietà. stato persino inventato un santo, san Precario, l’unico a cui votarsi per difendersi da quello che vien detto caporalato».
Ammetterà che oggi ci sono oltre 4 milioni di persone che definiamo precari. Bisognerebbe ascoltarli.
«Io penso che si debba distinguere. Dei precari nella pubblica amministrazione, i cosiddetti Co.co.co., non si è mai scandalizzato nessuno. Tra un somministrato e un collaboratore a progetto c’è una grande differenza. Tra un interinale e una partita Iva fasulla c’è differenza. Invece si fa di ogni erba un fascio».
Sì, ma oggi va ripristinato il diritto al lavoro.
«Il diritto al lavoro oggi è il diritto di accedere alle opportunità per conseguire livelli di conoscenze e competenze che aiutino a entrare nei percorsi del lavoro e a rimanervi, facendo i conti anche con i periodi di discontinuità. anche un diritto ai servizi per il lavoro. Oggi, purtroppo insieme al precarismo ideologico c’è anche un mercatismo anarcoide che sfugge alle regole».
Quali sono quindi le prorità di una flessibilità che non sconfini nella precarietà?
«Il diritto ai servizi, tutele minime per tutti e la formazione di qualità e non scadente, come è oggi. Infine, welfare attivo e risposte da subito a quella che potrebbe diventare la vera bomba sociale, quella di future generazioni senza una pensione».