GIULIA ZONCA, La Stampa 7/6/2010, pagina 10, 7 giugno 2010
OSCENI 600 MILA EURO A TESTA
Non sarà una questione di soldi ma il Mondiale sta facendo i conti. Premi troppo alti come quelli dei francesi o inesistenti come la ricompensa dell’Algeria o addirittura «osceni», parola usata dai politici spagnoli, per scansare i 600 mila euro che ogni giocatore incasserebbe in caso di vittoria finale.
Cifre e imbarazzo perché i nazionali si offendono, i dirigenti protestano, la gente si indigna e i parlamentari alzano valanghe di vibranti e inutili proteste. A Madrid hanno chiesto un intervento a gamba tesa sulla federazione colpevole di «anacronistica leggerezza». Il Paese ha varato una manovra per spremere 65 miliardi e ai ragazzi della «Roja» basta segnare per mettere le mani su una fortuna. Poi però vai a spulciare tra le sovvenzioni e scopri che la nazionale riceve dal governo il 6 per cento del suo budget, che il malloppo della ricompensa arriva dagli sponsor e che i giocatori hanno accettato di tagliare tutti i bonus di percorso (60 mila euro per arrivare ai quarti, 90 mila per la semifinale, e 120 mila per la finale). I 600 mila euro restano assurdi, ma qualcuno è disposto a tirarli fuori e la delegazione spagnola è pronta a dimostrare che il trionfo smuoverebbe l’economia. quello che abbiamo detto noi dopo aver alzato la coppa nel 2006 e non era nemmeno una frottola solo che quattro anni dopo il calcio italiano perde sempre pubblico, gli stadi invecchiano e l’Uefa non ci prende nemmeno in considerazione. Eppure nessuna inversione di tendenza.
La Francia si sente quasi misera ad accettare 390 mila euro per un successo in cui nessuno crede. Al contrario degli spagnoli, i Bleus, raccolgono a ogni tappa: 70 mila euro solo per passare la prima fase e i tifosi, già nauseati dalla qualificazione con mano, hanno fatto precipitare la popolarità del calcio. A Parigi quasi gufano e i politici se ne sono accorti così cavalcano lo scontento popolare e aggiungono una dose di superficialità alle critiche. Rama Yade, segretaria di stato agli esteri, la stessa che saltellava in preda all’euforia quando Platini ha consegnato alla Francia l’organizzazione degli Europei 2016, ha definito «indecente» l’hotel di lusso scelto dal ct Domenech: «Dovrebbero fare come gli spagnoli e vivere in un campus». Poi però toccava promettere 600 mila euro anche a loro.
Non si agitano i sudafricani per i mille euro a gol messi in palio da finanziatori privati e negli Usa non hanno ancora realizzato che se la loro squadra scrivesse la storia portandosi a casa il trofeo agli eroi spetterebbero 750 mila euro. Cifra scandalo che le fonti ufficiali rifiutano di confermare o smentire e che gira indisturbata da giorni allargando i sorrisi del ritiro americano, ormai un bunker con vista. Del resto è stata mamma Fifa a dare l’esempio. Ha aumentato le ricompense del 61 per cento rispetto all’ultima edizione, le federazioni intascano per la partecipazioni, per i progressi per la finale, il totale per chi vince è 31 milioni di dollari.
Il Brasile taglia: Dunga quando ancora stava in campo, nel 1990, capeggiava la protesta del logo: «Copriamolo se non guadagniamo abbastanza a mostrarlo». Oggi è il tecnico e ha cambiato fronte, appoggia la federazione nella marcia indietro: la vittoria del 2010 varrà meno di quella del 2002. Problemi anche per l’Algeria che ha scoperto di meritare solo un bonus, 150 euro per la qualificazione agli ottavi. Due apparizioni Mondiali e due risse causa soldi. Già nel 1986, al loro debutto, gli algerini minacciarono uno sciopero dopo aver scoperto che non c’erano omaggi per le vittorie. Stavolta è peggio perché il reclutamento si è nutrito di propaganda: 17 dei 23 convocati sono nati in Francia e potevano essere altrove. Lo stato li ha lusingati: porta l’Algeria in Sudafrica e ti faremo re. Ora sono sparite le corone.