Sergio Rizzo, Corriere della Sera 08/06/2010, 8 giugno 2010
DIECI ORE DI FILA DAVANTI AGLI SPORTELLI
File alla Posta, file all’anagrafe, file alle aziende sanitarie locali. Nell’epoca di Internet, l’Italia intera continua a vivere in coda: in media 10 ore e 23 minuti l’anno per ogni famiglia italiana. Con un costo che l’Ufficio studi della Confartigianato in un’indagine sul tempo perso davanti agli sportelli quantifica, sulla base del reddito del lavoro dipendente per ora lavorata, in 255 euro. E senza poi contarne altre, alle quali non facciamo purtroppo nemmeno più caso. Fra cui, ovviamente, le file in automobile: ma nel Paese d’Europa con il maggior numero di vetture circolanti (addirittura 61 ogni 100 abitanti, con un picco di 71 nella città di Roma) e le infrastrutture nello stato in cui si trovano, questo è forse comprensibile, anche se inaccettabile. Soprattutto considerando lo stato degli altri trasporti, con una percentuale di soddisfazione degli utenti che fra il 2003 e il 2008, relativamente alla puntualità, sarebbe scesa di quasi 15 punti per il treno (dal 57,5% al 42,6%) e del 3,6% per gli autobus extraurbani (dal 69,1% al 65,5%).
Ma nemmeno le code e i ritardi, in questa Italia dalle mille facce, sono uguali dappertutto. E basta dare un’occhiata agli indicatori contenuti in questo studio (che sarà presentato domani all’Assemblea nazionale della Confartigianato) per avere un’idea delle difficoltà che si incontreranno quando, con il federalismo fiscale, si tratterà di applicare i cosiddetti costi standard. Cominciamo dal problema principale, quello delle aziende sanitarie locali. In media hanno 24 impiegati ogni 10 mila abitanti. Però, a fronte dei 18 del Nord Ovest, al Sud ce ne sono 32, ovvero un numero superiore dell’89%. Il servizio sarà veloce ed efficiente, penserete. Niente di più sbagliato. Perché è esattamente il contrario. Prendiamo le Asl della Lombardia: hanno 10 impiegati ogni 10 mila abitanti e i loro utenti costretti a sopportare file di almeno 20 minuti sono il 37,8%, cioè in rapporto alla popolazione molti meno dei calabresi, il 63,1%, che ricevono lo stesso trattamento. Soltanto che in Calabria le Asl hanno il quadruplo degli impiegati: 40 (quaranta) ogni 10 mila residenti. Il poco invidiabile record delle code più lunghe di 20 minuti lo detiene comunque il Lazio, con il 65,1%, seguito appunto dalla Calabria e dalla Sicilia (62,4%). Mentre il primato numerico degli impiegati non appartiene invece, sorprendentemente, a una regione meridionale, bensì alla Provincia di Bolzano, che ne ha 55 per 10 mila abitanti: ma con una quantità di utenti in fila per oltre 20 minuti che supera appena il 20%. Per scendere al 18,5% nelle Asl della Provincia di Trento, con 37 impiegati ogni 10 mila residenti.
Secondo la Confartigianato il Lazio si conferma maglia nera anche per le attese davanti agli sportelli dell’anagrafe. I cittadini in fila per almeno 20 minuti sono il 46,5%, due volte e mezzo una media nazionale attestata al 17,5%. E questo con un costo del personale addetto che pesa per 33 euro l’anno su ogni utente. Peso decisamente maggiore che in Lombardia (29 euro), dove però le persone costrette a code tanto faticose sono un quarto rispetto al Lazio.
Logico che i cittadini di questa regione siano coloro che devono sopportare un peso economico abnorme per tutti questi tempi morti. Una famiglia laziale trascorre davanti a uno sportello 12 ore e 11 minuti l’anno, il che equivale a un costo teorico di 329 euro, 74 oltre la media nazionale. C’è da dire che in Sicilia si arriva, tutto compreso, a 12 ore e 31 minuti: anche se lo spreco in denaro appare minore (294 euro) perché il reddito di un lavoratore dipendente siciliano è inferiore. All’altro capo d’Italia, in tutti i sensi, si trova la Provincia di Trento, con un costo delle code e dei ritardi (in tutto 6 ore e 16 minuti) di «soli» 158 euro.
L’organizzazione degli artigiani, che per arrivare a questi risultati ha incrociato dati di fonte diversa, dall’Istat al ministero della Salute alla Banca d’Italia, sostiene inoltre che nei cinque anni dal 2003 al 2008 lo stato dei principali servizi allo sportello sarebbe perfino peggiorato. All’anagrafe, per esempio, la quota di chi aspetta 20 minuti e più è salita dal 12,6% al 17,5%. Stessa situazione alla Posta. Il numero di chi nel 2008 è rimasto in coda tutto quel tempo per spedire una raccomandata avrebbe raggiunto il 28,1%, contro il 16,4% del 2003. Per non parlare dei conti correnti. Dice lo studio che le file oltre i 20 minuti hanno coinvolto nel 2008 il 43,6% degli utenti, contro il 39,3% di cinque anni prima. Con punte del 73,1% in Sicilia, del 61,8% in Calabria, del 60% in Campania e del 59,6% nel Lazio. All’opposto, la Provincia di Trento, dove le code per un versamento in conto corrente non superano l’8%. E il ritiro della pensione? Anche in quel caso i tempi di attesa, sempre secondo la Confartigianato, si sarebbero allungati. Il 52,3% dei pensionati avrebbe aspettato più di 20 minuti, a fronte del 49% nel 2003. Enormi le differenze: si va dal 2,4% della Provincia di Bolzano al 77,7% della Sicilia. Non si scherza, comunque, nemmeno in Calabria (71,5%), Puglia (67,9%), Sardegna (62,3%) e Lazio (62,1%). I cinici direbbero che gli anziani hanno più tempo a disposizione. Ma perché buttarlo via così?
Alle ore gettate dalla finestra per le file si dovrebbero poi aggiungere i ritardi dei trasporti. E anche in questo caso lo scenario che si ricava dallo studio della Confartigianato non è proprio confortante. A cominciare dall’insoddisfazione per la puntualità dei treni: massima nelle aree urbane più densamente popolate (60,4%), nelle Isole (64,1%) ma anche nelle regioni del Nord-Ovest, dove nel 2008 avrebbe raggiunto il 63%. Un giudizio negativo evidentemente legato ai disservizi per i pendolari. La regione dove gli utenti del treno sarebbero meno contenti della puntualità è tuttavia la Calabria, con il 75%. Il doppio rispetto a Bolzano.
Sergio Rizzo