Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 08/06/2010, 8 giugno 2010
LE STORIE DI ELISABETH
«Resta con me; presto cala la sera, la tenebra si addensa; resta con me, o Signore», recita l’inno preferito del reverendo Tyler Caskey, ministro del culto a West Annett, cittadina del Maine. «Resta con me» è il titolo del romanzo della scrittrice statunitense Elisabeth Strout, che questa sera leggerà un suo inedito alla Basilica di Massenzio, accanto al filosofo Marco Senaldi e all’autore francese Philippe Djian. «Resta con me» è il secondo libro della Strout, scritto prima di quell’ «Olive Kitteridge» che l’ha resa famosa facendole vincere il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009, e dopo «Amy e Isabelle» (tutti tradotti e pubblicati da Fazi). Ma in Italia «Resta con me» è uscito soltanto in questi giorni, un anno dopo «Olive Kitteridge» e per questo in molti credono che sia questo il libro più recente e senz’altro il più bello.
Strout l’ha dedicato alla memoria del padre, uno scienziato che si occupava di parassitologia: «Morì proprio mentre stavo scrivendo il romanzo e ho trascorso con lui le ultime tre settimane promettendogli la dedica. Ne fu felice». Racconta che qualcosa del padre è anche in questo reverendo Tyler, un giovane uomo alto e grosso con grandi occhi azzurri, ingenuo e innocente, che si ritrova vedovo con due bambine e la responsabilità di guidare una congregazione di famiglie puritane, molto nevrotiche e frustrate, chiuse nel loro quotidiano come dentro una pentola a pressione pronta ad esplodere. West Annett, la piccola città del New England è inventata, così come era inventato il villaggio di Crosby che ospitava i protagonisti di «Olive Kitteridge». In quell’occasione Strout aveva chiesto il nome in prestito a una vecchia compagna di college. Questa volta ha semplicemente immaginato un villaggio simile ai tanti disseminati nel Maine, dove ha trascorso i primi venticinque anni della sua vita prima di trasferirsi a Oxford dove si è laureata in legge e poi a New York dove ha buttato al vento la toga per diventare scrittrice. Scrive a mano i suoi libri, in un appartamento al 26˚ piano di un grattacielo dell’upper East Side, in cui vive con il marito e una figlia.
Questa sera a Massenzio leggerà un racconto inedito intitolato «Appetito». Lo riassume così: «Protagonista è una donna che ha vissuto con passione una vita bella e piena di significato e un giorno scopre che questa energia positiva può trasformarsi all’improvviso in un istinto di distruzione. L’evento che scatena il cambiamento è dei più innocenti. La donna va con il marito a trovare il figlio che si è trasferito da New York in Arizona, inseguito dall’angoscia degli attentati. I tre fanno una passeggiata, durante la quale la madre capisce tante cose di sé e del suo matrimonio e sente nascerle dentro un desiderio violento di morte, di fare del male agli altri, tanto che arriva a comprendere il desiderio di distruzione degli attentatori dell’11 settembre».
Ritorna il tema della passione come sentimento da demonizzare, lo stesso che si affaccia più volte nel romanzo «Resta con me». Al reverendo Tyler capita ogni tanto di citare nei suoi sermoni santa Teresa di Lisieux e viene ripreso dai membri anziani della comunità, perchè l a santa cattolica esprime una passionalità proibita ai protestanti di origine puritana di West Annett, dove è bandito ogni sentimento troppo intenso e ogni piacere, «un po’ come per il cibo: abbastanza per sostenersi, ma entro certi limiti, senza goderne davvero». Strout rivela così a fondo la spiritualità intrisa di dolore di Tyler che viene da chiederle se anche lei è molto religiosa. «Non so mai come rispondere. Dire di no, non sarebbe esatto. Diciamo che sono religiosa, ma non praticante». Per scrivere il romanzo, pieno di citazioni dalla Bibbia e da altri testi sacri, si è documentata a lungo. «Anche perché volevo capire che cosa volesse dire fare il ministro del culto negli anni Cinquanta, in un posto come quello. Quali fossero i suoi sentimenti. Perciò ho riletto in maniera quasi maniacale la Bibbia e portavo sempre con me una copia dei Salmi. La aprivo in metropolitana o in treno. Ogni tanto ne trovavo qualcuno che sarebbe piaciuto a Tyler». Un uomo che ascolta «senza avere la minima idea di cosa volesse dire» la psicologa della scuola di sua figlia, che gli parla di Freud e Wilhelm Reich e gli spiega come «il mito del peccato originale sia nato dal bisogno umano di venire a patti col senso di colpa».
Lauretta Colonnelli