Giovanni Caprara, Corriere della Sera 07/06/2010, 7 giugno 2010
IL MONDO VISTO DA GALILEO
Rivestita d’oro zecchino emerge dall’ombra nella sala della cosmografia. Con la sua imponenza (supera i tre metri) trasmette la grandezza e la complessità del cosmo. Al centro c’è la Terra e intorno il mondo, come Aristotele e Tolomeo lo avevano concepito. la sfera armillare di Antonio Santucci, lettore di Matematiche all’Università di Pisa tra il 1599 e il 1612. La costruiva per il granduca Ferdinando I del quale era al servizio ed ora è quasi il simbolo della rinascita dell’Istituto e Museo della storia della scienza ribattezzato «Museo Galileo».
Santucci, astronomo e cosmografo, diventò noto proprio per le monumentali sfere che ancora non rispecchiavano la rivoluzione di Copernico. Ne costruì una anche per il re di Spagna Filippo II. La «macchina universale», come era chiamata, profondamente restaurata, è uno dei 1.300 preziosi «oggetti» che il Museo espone riaprendo i battenti dopo due anni di chiusura e di interventi che ne hanno modificato il volto. In meglio, ovviamente, consentendo un affascinante viaggio in quell’epoca segnata dai granduchi di Toscana a partire da Cosimo I il quale, giocando sulla versione latina e greca del proprio nome, Cosmus e Kosmos, riteneva che il cielo gli avesse assegnato un destino imperiale. Continueranno i Lorena che, come i Medici, offrivano protezione e incoraggiamento agli scienziati di talento, lasciando un’eredità che segna la storia dell’Italia. La sensibilità culturale era abilmente sposata con gli interessi e quindi non c’è da stupirsi se Cosimo I e il figlio Ferdinando I favorirono lo sviluppo delle conoscenze della navigazione, perché aiutavano i loro interessi d’espansione commerciale oppure le tecniche militari che, superando l’arte cavalleresca, metteranno radici nelle matematiche e nella strumentazione più scientifica. Lo stesso Galileo ottenne il suo primo successo con il compasso geometrico e militare e pure il suo telescopio, prima di puntarlo verso il cielo, lo proponeva al doge di Venezia come utile strumento per scoprire in anticipo le navi nemiche.
Nei due piani del Palazzo Castellani che ospita il Museo scorrono davanti agli occhi meraviglie della storia della scienza mostrate con l’aiuto delle tecnologie più moderne. Sessanta teche vetrate, paragonabili a trasparenti navicelle spaziali con luce e aria rigorosamente dosate e controllate, ospitano i mirabili strumenti che i granduchi hanno conservato. E, passando davanti, alcuni si muovono per rivelare la loro interezza. «Per la prima volta’ spiega Paolo Galluzzi direttore del Museo fiorentino e protagonista della sua rinascita – il visitatore sarà accompagnato da una videoguida portatile interattiva, capace di riconoscere automaticamente gli oggetti raccontandone la storia, talvolta con animazioni, e rispondendo anche alle scelte e alle diverse preferenze».
Il fulcro dell’istituzione fiorentina è naturalmente l’eredità galileiana. Qui sono visibili i due cannocchiali costruiti dal grande scienziato e la lente rimasta da quello con cui scoprì i satelliti di Giove 400 anni fa. Ma ora c’è qualcosa di più, l’ultimo atto di una storia iniziata il 12 marzo 1737.
Quel giorno, poco dopo il tramonto, con una solenne cerimonia alla quale partecipavano uomini di cultura, molti appartenenti alle logge massoniche, e rappresentanti delle famiglie nobili, le spoglie di Galileo e del suo discepolo Vincenzo Viviani venivano finalmente trasferite, dal deposito clandestino in cui erano state collocate, al sepolcro di Santa Croce dove ancora si trovano di fronte a quello di Michelangelo. Fino ad allora le autorità ecclesiastiche avevano impedito una degna sepoltura a causa della celebre condanna.
«Grazie a un documento notarile, abbiamo scoperto – racconta il professor Paolo Galluzzi’ che prima della chiusura del sarcofago dalla mano destra vennero tagliati il pollice, l’indice e il medio per essere conservati come la reliquia di un santo». Pollice e indice andarono smarriti per oltre un secolo. Ricomparivano nell’ottobre scorso in un contenitore di legno intagliato emessi all’incanto dalla casa d’aste fiorentina Pandolfini. Le indagini dimostrarono la loro autenticità e adesso saranno esposti assieme ad un dente anch’esso rivenuto, accanto ai telescopi che rivoluzionarono la scienza.
La rinascita del Museo, aperto esattamente 80 anni fa da Benito Mussolini, è costata otto milioni di euro, per metà forniti dall’Ente Cassa di risparmio di Firenze il commissariamento e la paralisi dell’ente subito dopo la sua rinascita. Vanificando anche l’investimento pubblico».
Il Museo, patrimonio della cultura nazionale, ha trenta dipendenti e altrettanti contrattisti. La biblioteca contiene 170 mila volumi ed è frequentata dagli studiosi dei cinque continenti. Nella stanza accanto alla direzione Curtis Wong, ex direttore della ricerca in Microsoft e ora consulente di Bill Gates, sta lavorando per la digitalizzazione del Codice Leicester di Leonardo da Vinci acquistato nel 1994. Presto dovrà interrompere il suo lavoro. La storia della scienza italiana non è più accessibile: per decisione governativa. e l’altra metà dal ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Toscana. «Domani l’apriremo’ spiega il direttore Galluzzi’ e poi affronteremo l’ignoto e incredibilmente la possibile immediata chiusura grazie al taglio imposto dalla manovra finanziaria. Abbiamo un bilancio di quasi quatto milioni di euro per la metà coperto dal contributo statale e destinato a coprire le spese di funzionamento: dagli stipendi al telefono al riscaldamento. Se viene ridotto del 50 per cento già quest’anno, ci porrà nell’impossibilità di far fronte agli impegni economici sottoscritti per mantenerlo aperto nei prossimi mesi. Il consiglio di amministrazione non potrà accettare una situazione del genere e quindi si andrà verso il commissariamento e la paralisi dell’ente subito dopo la sua rinascita. Vanificando anche l’investimento pubblico.
Il Museo, patrimonio della cultura nazionale, ha trenta dipendenti e altrettanti contrattisti. La biblioteca contiene 170 mila volumi ed è frequentata dagli studiosi dei cinque continenti. Nella stanza accanto alla direzione Curtis Wong, ex direttore della ricerca in Microsoft e ora consulente di Bill Gates, sta lavorando per la digitalizzazione del Codice Leicester di Leonardo Da Vinci acquistato nel 1994. Presto dovrà interrompere il suo lavoro. La storia della scienza italiana non è più accessibile: per decisione governativa.
Giovanni Caprara