Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 06 Domenica calendario

L’ENCICLICA NASCOSTA DI PIO XI SULL’UNITA’ DEL GENERE UMANO

Ho letto che l’enciclica «Humani generis unitas», che Pio XI avrebbe fatto pubblicare se non fosse scomparso il 10 febbraio 1939, era stata composta da due gesuiti, l’americano John LaFarge e il tedesco Gustav Gundlach. Ma non era l’allora segretario di Stato cardinal Eugenio Pacelli che in quei tempi preparava le encicliche per il Papa, tra cui la celebre «Mit brennender Sorge»?
Eluterio Pispoli
eluterio.pispoli@tiscali.it
Caro Pispoli, Pacelli ebbe una parte importante nella redazione dell’enciclica « Mit brennender sorge » (con cocente preoccupazione) perché era diretta alla Germania, un Paese in cui il futuro Pio XII era stato lungamente nunzio apostolico. Ma il Papa può valersi di chiunque abbia la competenza necessaria e, soprattutto, riscuota la sua fiducia. Nel caso di cui lei scrive, la storia cominciò nel giugno del 1938 quando un gesuita americano di passaggio a Roma, John LaFarge, apprese con sorpresa che Pio XI desiderava vederlo e che l’incontro avrebbe avuto luogo nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Il Papa aveva letto un libro sui rapporti razziali negli Stati Uniti che LaFarge aveva pubblicato nel 1937 ed era stato colpito dall’intelligenza con cui il gesuita americano negava l’esistenza delle razze. Deciso a contrastare la politica razziale di Hitler, il Papa chiese al gesuita di mettersi al lavoro, con altri due sacerdoti, per la preparazione di una enciclica sull’unità del genere umano.
Il lavoro si svolse a Parigi in grande segretezza e si concluse con una bozza che gli autori consegnarono a padre Wladimir Ledochowski, preposito generale della Compagnia di Gesù. Ma la bozza giunse sul tavolo del Papa soltanto tre settimane prima della sua morte e scomparve sino agli anni Settanta negli Archivi vaticani. Molti erano a conoscenza del progetto di Pio XI e qualcuno ebbe l’occasione di leggere il testo, ma il segreto fu gelosamente custodito per più di trent’anni. La vicenda suggerisce qualche domanda. Perché il nuovo Papa, Pio XII, non ritenne di raccogliere la «staffetta» morale del suo predecessore? Forse perché il clima politico, nel frattempo, era cambiato e la maggiore preoccupazione della Santa Sede, in quel momento, era il conflitto? Perché padre Ledochowski trattenne così a lungo la bozza dell’enciclica prima di trasmetterla al pontefice?
Troverà queste domande e qualche risposta, caro Pispoli, in un libro pubblicato in Italia da Corbaccio nel 1997 e intitolato «L’enciclica nascosta di Pio XI». Dei due autori il primo, Georges Passelecq, era al momento della pubblicazione monaco benedettino nell’abbazia di Maredsous in Belgio e vice presidente della Commissione nazionale cattolica belga per le relazioni con il mondo ebraico; mentre il secondo, Bernard Sucheky, era un bibliotecario di origine ebraica, docente di storia all’Ecole des Hautes Etudes di Parigi. Il loro libro è un «giallo» scritto con grande serietà, un buon ricostituente dopo la lettura di un romanzo di Dan Brown.
Sergio Romano