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 2010  giugno 07 Lunedì calendario

ZUCCOLI, IL DURO VALLIGIANO: COSì TAGLIERO’ FUORI I FRANCESI DALLA EDISON

Giuliano Zuccoli è nato a Morbegno, provincia di Sondrio nel 1943. Sposato, con tre figli, è laureato in ingegneria elettrotecnica preso il Policlinico di Milano. Dopo la laurea, trascorre una paio di anni in Australia presso il fratello, anche lui ingegnere. Al suo ritorno, entra a far parte del gruppo Falck, dove pèercorre tutta la carriera fino ad assumere la carica di direttore generale di Falck Nastri. Nel 1985 viene nominato direttore generale di Società Nordelettrica Sondel, quotata a Piazza Affari. Nel 1996 entra nel cda di Aem, di cui diventa l’anno dopo amministratore delegato e dal 1999 presidente. Dal genniao 2009, in seguito alla fusione tra Aem Milano e Asm Brescia diventa presidente del consiglio di gestione di A2a. Dal maggio del 2009 è presidente di Assoelettrica.

Di lui dicono che «ragioni come se in testa avesse i chilowattora al posto dei neuroni». E nemmeno la nasconde questa sua passione per l’energia. In particolare, per quella che nasce dai grandi bacini delle Alpi, come nella sua Valtellina. Tanto che nell’ultima assemblea di A2a, l’utility dove ricopre la carica di presidente del consiglio di gestione ha risposto così a chi gli contestava l’acquisto dell’ex monopolista del Montenegro: «Voi non capite le potenzialità dei loro impianti, ma per me l’energia idroelettrica è una visione del mondo».
Non teme di apparire per quello che è Giuliano Zuccoli, ingegnere di 67 anni originario di Morbegno, il versante della valle che confina con la provincia di Bergamo: «Siamo gente un po’ ombrosa e testarda. Ma è naturale, noi veniamo dalla montagna che il sole lo vede poco, mica come quelli di Bormio o che danno sulla Svizzera».
Allora, sarà anche una questione di cromosomi se Zuccoli ha deciso di fare a testate contro colossi che, sulla carta, sono molto più grandi di lui e della sua utility locale, quella A2a nata dopo mille difficoltà, lotte di campanile e di poltrone dalla fusione tra Aem Milano e Asm Brescia. Si è messo in mente di sfidare Enel sul progetto di rilancio del nucleare in Italia, cercando di dar vita a una cordata alternativa. Ha voluto diventare uno dei leader nel settore dei rifiuti, non esitando a infilarsi in una operazione complicata come quella della gestione del termovalorizzatore di Acerra, da cui è scappata persino Impregilo. Ma, soprattutto, vorrebbe giocare una partita alla pari con Edf, il numero uno in Europa nella produzione di energia a cui la Fiat prima e le banche creditrici poi hanno assegnato il controllo di Edison, l’ultimo gioiello della vecchia Montedison.
Pensare che tredici anni fa, quando è stato nominato per la prima volta amministratore delegato di Aem, per il mondo della finanza era un illustre sconosciuto, un ingegnere che aveva percorso tutti i gradini della carriera all’interno del gruppo Falck. Iniziando a lavorare a gomito a gomito con gli operai degli altiforni di Sesto San Giovanni, per arrivare vent’anni dopo alla guida di Sondel (Società Nordelettrica) che nel 1985 la storica famiglia dell’acciaio decide di quotare in Borsa e di cui viene nominato amministratore delegato. Ed è in qui che comincia a coltivare il progetto di dar vita a un grande gruppo dell’elettricità dell’Italia settentrionale che possa addirittura far concorrenza a Enel.
Come capita nella vita, le sole idee o le capacità non bastano. Ci vuole anche un colpo di fortuna. Che si materializza a metà anni ”90 quando il comune di Milano decide di quotare Aem a Piazza Affari. E la municipalizzata che da un secolo porta l’elettricità nelle case della grande metropoli si procura parte dell’energia sfruttando con le sue dighe il bacino dell’Adda in Valtellina. Di fronte alle polemiche che piombano dalla valle ("i milanesi ci rubano l’acqua e ora vogliono arricchirsi in Borsa alle nostre spalle") l’allora giunta leghista guidata da Marco Formentini offre una sorta di compensazione: una parte delle azioni saranno date in opzione ai residenti in Valtellina e invita il presidente della Provincia di Sondrio a indicare una rosa di nomi da cui scegliere un membro per il nuovo consiglio di amministrazione.
Pur vivendo durante la settimana nelle case che la Falck aveva fatto costruire a Sesto per i suoi dipendenti, Zuccoli non ha mai interrotto i rapporti con la valle. Anzi, li ha coltivati con grande cura, come fa tuttora con l’orto che tiene a Morbegno in un piccolo podere di famiglia (l’unica passione al di fuori del lavoro a parte le passeggiate in montagna che gli si conosca). L’ingegner Zuccoli è riconosciuto come uno di quelli che ha fatto carriera a Milano. E per il suo rapporto con i Falck viene anche considerato come uno che ha fatto esperienze importanti nella capuitale economica d’Italia. Tanto da entrare nel consiglio di amministrazione del Credito Valtellinese e stringere amicizia con il suo presidente Giovanni De Censi. E siccome si intende di centrali grazie al suo ultimo incarico alla Sondel, viene proposto a Formentini che lo nomina nel cda di Aem. il dicembre del 1996. Così, sempre sfruttando le sue competenze («si vedeva che era l’unico a capirci qualcosa di elettricità», racconta uno dei membri del cda di allora) un anno dopo, con il rinnovo delle cariche sociali, diventa amministratore delegato a poi anche presidente. Da allora sono passati 13 anni e la vecchia municipalizzata di Milano ha completamente cambiato pelle.
Nonostante le polemiche per qualche operazione non sempre riuscita e la scarsa sintonia con il sindaco Letizia Moratti, Zuccoli ha continuato a inseguire il suo sogno: «Quando ero alla Sondel ho passato anni a scappare da Edison che voleva mangiarci, ma ora il pesce piccolo si è rivoltato e mangerà quello grande». L’occasione arriva offrendosi come possibile soluzione nel braccio di ferro tra Edf e il governo italiano. Il gruppo francese, conquistata la maggioranza del capitale da Fiat, si era visto sterilizzare i diritti di voto dal governo italiano, contrario alla creazione di un secondo polo dell’energia in Italia in mani straniere. Zuccoli si offre di comprare la quota di Edf e propone di "dividere" l’investimento con Asm Brescia. Ma ottiene un rifiuto.
E qui commette un errore. A un passo da quello che considera il passaggio fondamentale per la trasformazione di Aem, mette in piedi una cordata di utility locali trentine e emiliane per entrare lo stesso nel capitale di Edison. Ma Edf rimane in maggioranza e da socio di controllo continua a gestire la società secondo i propri disegni e non secondo quelli che vorrebbe Zuccoli. Edison investe, ad esempio, nelle infrastrutture che porteranno gas in Italia (il rigassificatore di Rovigo, i gasdotti dalla Grecia, il giacimento di Abukir), mentre Zuccoli vorrebbe che Edison facesse acquisizioni di società e di quote di mercato nel settore elettrico in Europa. I soci italiani vorrebbero fare sinergie industriali, mentre Edison per tutta risposta comincia a fare concorrenza sul mercato residenziale con campagne aggressive, offrendo sconti sia sul metano che sull’energia elettrica. Campagne nazionali, s’intende, con cui l’ad di Edison Umberto Quadrino riesce a salvare i margini anche in anni difficili come gli ultimi due, ma rubando inevitabilmente clienti anche ad A2a a Milano e a Brescia.
Ecco perché, sempre nell’ultima assemblea, Zuccoli ha conquistato le aperture delle pagine finanziare dei quotidiani tuonando contro Edison: «Se ne vada in Francia a cercare nuovi clienti, vediamo se Edf non ha nulla da dire». Ed ecco perché bisognerà trovare un nuovo modus convivendi tra soci. Anche a rischio di arrivare a un clamoroso divorzio: «Qualcosa deve cambiare è il ragionamento di Zuccoli abbiamo un investimento che non ci porta benefici industriali e che non possiamo consolidare in bilancio. Ritirare il dividendo una volta all’anno non ci interessa». Ma non sarà facile. I patti di sindacato con i francesi scadono solo fra un anno. E il nuovo ad Henri Proglio ha fatto capire di non avere fretta. E, in ogni modo, la maggioranza ce l’ha lui. Al limite, può sempre cavarsela liquidando la quota in mano agli italiani. Zuccoli e A2a se ne uscirebbero con una buonuscita che vale tra 1,5 e 1,8 miliardi, ma finirebbe il sogno della Grande utility.
In attesa che inizi la trattativa per cui ha già avuto il mandato dal suo cda Zuccoli continua a lavorare sulla crescita per linee esterne. Anche se questo lo porta a essere accusato di flirtare con la Lega o di aver fatto troppi favori al governo di centrodestra. La gestione dell’impianto di Acerra nel pieno dell’emergenza rifiuti a Napoli è uno di questi. Così come l’acquisizione per 194 milioni del 34% di Epcg, il monopolista elettrico del Montenegro, il cui capo di governo è accusato di vicinanza alla criminalità organizzata. Zuccoli si difende raccontando ai suoi collaboratori che «non sono favori, ma occasioni per la crescita dell’azienda». Quasi come se usasse i governi come un tram. Così il termovalorizzatore di Acerra diventa una delle voci dell’utile del trimestre, grazie all’energia prodotta bruciando rifiuti. Lo stesso motivo per cui la controllata Ecodeco ha aperto impianti simili anche in Grecia, Spagna e Gran Bretagna. E il Montenegro, con i suoi progetti nell’idroelettrico, la possibilità fra qualche anno di portare energia a basso costo in Italia non appena terna avrà realizzato il nuovo collegamento sotto l’Adriatico.
Avrà fatto i conti giusti, l’ingegner Zuccoli in questo suo sogno di trasformare la piccola Aem, ora divenuta A2a, in un player nazionale? Di sicuro, è un sogno che costa. Il debito è lievitato oltre i 4 miliardi, e per evitare un declassamento del rating, la società ha dovuto vendere uno dei gioielli di famiglia: il 5% dell’utility svizzera Alpiq che ha fruttato 400 milioni di euro.
Di sicuro, pur senza arrivare agli eccessi di altri manager, Zuccoli i conti li ha saputi far bene per il suo conto in banca. I suoi compensi sono arrivati nel 2009 a 1,9 milioni: 912mila euro come presidente del consiglio di gestione di A2a, 806mila come presidente di Aem e 224mila come vicepresidente del Credito Valtellinese. E ora che è arrivato al punto più alto della sua carriera, Zuccoli vorrebbe vincere l’ultima sfida: ridurre il peso dei francesi in Edison. Ma anche per un appassionato di montagna l’impresa potrebbe essere impossibile.