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 2010  giugno 07 Lunedì calendario

ESAGERARE AL TEMPO DEL MINIMALISMO

L’altro ieri un’amica mi fa: ”L’hai letto quel libro?Non è bello...de più!”. Così al bar qualche giorno prima: ”Se stasera l’Inter perdesse a Madrid non è che soltanto godrei (qui segue lunga pausa)...de più!”. Non so quanto l’espressione, inequivocabilmente romana, si sia propagata all’intero paese. Certo appartiene all’indole capitolina, al gusto barocco per l’iperbole, per l’esagerazione, quello stesso gusto che pure aveva ispirato il celebre ”Non me ne può fregare di meno”, dichiarazione teatrale e un po’ contorta di perentoria indifferenza al prossimo.
Vorrei subito sottolinearne la eccentricità nel nostro panorama sociale. In tempi di minimalismo affettivo in funzione difensiva, di prudente understatement del sentire (per non esporsi a troppi rischi), c’è qui invece la voglia di comunicare una sensazione vertiginosa, un sentimento estremo. Senza però rinunciare a un pizzico di ironia spiazzante (anch’essa tipicamente romana). Se il partner ti dice ”No, non ti amo...”, beh, ci resti subito male, la cosa ti rattrista. Poi però quella stessa persona aggiunge, guardandoti negli occhi: ”...di più!”. Non siamo lontanissimi, in ambito retorico, dalla figura della litòte, che esprime una cosa affermandone il contrario (’Quel tale non è stupido” per dire che è invece molto intelligente). D’altra parte la stessa sensibilità giovanile tende oggi a oscillare tra autoanestesia emotiva e neoromanticismo, tra un nichilismo molto esibito e propensione al mélo: magari un po’ cinici ma sempre qualche metro sopra il cielo…Anzi ”di più”. come se si indicasse una zona del proprio sentire che resta inesprimibile, ineffabile, che si sottrae al discorso. Il mio interlocutore confessa in quel momento che non trova le parole per dirlo. Può solo alludere alla cosa, evocarla con un gesto: è appunto ”di più” rispetto a qualcosa che ci è invece familiare. Spingersi oltre con l’immaginazione, trasumanare…In questo tic linguistico si cela dunque una attitudine quasi mistica: si deve tacere su ciò di cui non si può parlare. Suggerisco però un rovesciamento dell’iperbole, forse più ancora utile nella nostra epoca: ”L’hai letto quel libro? Non è brutto o illeggibile... di meno!”.