FABIO GAMBARO, la Repubblica 6/6/2010, 6 giugno 2010
CASA PRVERT
Parigi. «Mio nonno era un uomo molto generoso che amava stare con gli altri. Gli piaceva discutere ed era curioso di tutto. A volte, dopo aver preso una bottiglia di vino rosso e un salame, scendeva in strada e andava a sedersi con i clochard, con i quali chiacchierava per ore». questa l´immagine che Eugénie Bachelot Prévert ricorda del nonno Jacques, il poeta e sceneggiatore francese morto nel 1977. La donna, che allora aveva solo tre anni, oggi ne custodisce eredità e memoria nella casa parigina dove lo scrittore trascorse gli ultimi vent´anni della sua vita. Un appartamento luminoso in fondo a un vicolo cieco dietro il Moulin Rouge.
U n quartiere, che a metà degli anni Cinquanta, quando il poeta vi si trasferì, aveva una pessima reputazione, frequentato da delinquenti e prostitute. L´ambiente popolare allo sceneggiatore di Alba tragica non dispiaceva affatto. Rievocando il carattere «aperto e socievole» del nonno, Eugénie ci fa visitare la casa piena di angoli, stanze e corridoi, la cui atmosfera - per via dei muri immacolati di calce, i pavimenti di cotto e le nicchie scavate nei muri - ricorda più una dimora della Provenza che un appartamento parigino. Era stato Prévert a volerla così, per ricreare sulle rive della Senna un angolo solare di Mediterraneo: « una casa che gli assomiglia», spiega la nipote, ricordando i lunghi periodi trascorsi dal poeta nel sud della Francia. Ad esempio, durante la Seconda guerra mondiale, quando, fuggito da Parigi dopo l´occupazione nazista, «si rifugiò nell´entroterra della Costa Azzurra, dove scrisse le sceneggiature di due celebri film di Marcel Carné: Les visiteurs du soir e Les enfants du paradis».
Nella casa di Parigi, che per ora è ancora chiusa al pubblico ma che in futuro potrebbe diventare un vero e proprio museo, lo studio è rimasto come lo ha lasciato il poeta, con la grande scrivania affacciata su un´immensa terrazza dominata dalle pale rosse del Moulin Rouge. Uno spazio magnifico dove, insieme a Boris Vian, che abitava l´appartamento affianco al suo, l´autore di Parole organizzò diverse riunioni del Collegio di Patafisica, alla presenza di Raymond Queneau, Eugène Ionesco, Man Ray o Max Ernst.
Nell´appartamento, Eugénie ha riunito tutti gli archivi dello scrittore, i manoscritti, la corrispondenza, i libri, le foto, i disegni, i collage e moltissimi altri documenti, molti dei quali ancora da inventariare, tra i quali figurano anche diversi inediti. La giovane donna vorrebbe trasformare questo luogo carico di ricordi in un centro studi, dove promuovere l´opera del poeta del lirismo quotidiano. E proprio per finanziare tale progetto, il 9 giugno, da Drouot, metterà all´asta un piccolo tesoro composto da una cinquantina tra manoscritti, lettere, foto, libri e disegni. Tra i pezzi forti proposti al pubblico ci saranno i manoscritti originali di due famosissime opere di Prévert: quello della sceneggiatura del Porto delle nebbie, il film tratto dall´omonimo romanzo di Pierre Marc Orlan e girato da Carné nel 1938, e quello delle Foglie morte, la canzone d´amore scritta nel 1945 e resa celebre dalle interpretazioni di Yves Montand e Juliette Gréco. Oltre a queste due opere, durante l´asta parigina verranno battuti molti altri documenti di grande interesse: note di lavoro, lettere e libri illustrati con dediche e disegni originali di Miró, Matisse, Ernst o Chagall, e persino un piccolo quadro di Picasso raffigurante la famiglia Prévert al mare. «Naturalmente mi spiace separarmi da alcune opere emblematiche dell´opera di mio nonno, ma se voglio continuare a far vivere la sua memoria non ho altra scelta», spiega Eugénie, per la quale per altro «un testo come Le foglie morte è ormai patrimonio di tutti».
Quando morì - all´età di settantasette anni, lasciandosi alle spalle sei raccolte di poesie, una ventina di libri, cinquantacinque film, centinaia di collage e oltre cinquecento canzoni - lo scrittore parigino era molto popolare e molto apprezzato. Secondo la nipote però, con il trascorrere degli anni la sua immagine si è progressivamente appannata, prigioniera degli stereotipi e dei luoghi comuni: « diventato un autore molto letto nelle scuole, motivo per cui in molti hanno cominciato a considerarlo un poeta facile e sentimentale, adatto soprattutto ai giovanissimi. Insomma, si è ritrovato imbalsamato nei manuali scolastici e l´interesse per le sue opere è andato scemando». A volte è stato perfino apertamente osteggiato, come fece qualche anno fa Michel Houellebecq in un articolo intitolato "Jacques Prévert è un coglione", che liquidava senza mezzi termini una poesia considerata «ottimista, stupida e mediocre».
A questa visione «ingiusta e riduttiva» dell´opera del nonno, Eugénie ribatte sottolineando il carattere libertario e anticonformista di un poeta che si è formato intellettualmente nell´ambito del surrealismo, con cui entrò in contatto grazie a Yves Tanguy e Marcel Duhamel, conosciuti nel 1920 durante il servizio militare: «L´esperienza surrealista fu per lui fondamentale. Con Breton, Desnos e Aragon, scoprì la vita di gruppo, la volontà dissacrante, il bisogno d´inventare nuove forme. In fondo, la sua passione per i giochi di parole, gli scherzi e l´ironia, ma anche il bisogno di rivolta e l´indignazione politica, vengono da quell´esperienza, breve ma molto intensa».
La nipote ricorda anche l´importanza del lavoro con il Groupe Octobre, il gruppo di teatro operaio e militante per il quale Prévert, nei primi anni Trenta, scrisse diverse opere di denuncia, tra cui la celebre Bataille de Fontenoy. «Sono opere in cui emergono la sua personalità ribelle, lo spirito anticonformista, la ricerca della verità e la denuncia di tutte le ingiustizie. Nel clima infuocato di quegli anni, mio nonno s´impegnò a fondo, anche se, a differenza di molti scrittori suoi contemporanei, non s´iscrisse mai al Partito comunista, rimanendo sempre uno spirito indipendente e anarchico», racconta Eugénie, che ricorda come la dimensione critica di Prévert e i suoi testi contro la guerra, la colonizzazione e il potere siano ancora oggi di grandissima attualità: «Insomma, la sua personalità è molto più complessa dell´immagine stereotipata trasmessa dalla scuola. Per lui, cantare la libertà, l´amore e la giovinezza era una scelta di rottura, non un banale stereotipo da manuale scolastico».
Per contribuire alla riscoperta di tutta l´opera di Prévert, Eugénie ha in progetto anche la pubblicazione di una raccolta di sceneggiature e soggetti cinematografici inediti ritrovati tra gli archivi: «Nonostante rivendicasse il diritto alla pigrizia, mio nonno lavorava tantissimo, specie per il cinema, di cui apprezzava il carattere al contempo magico e popolare. Considerava il cinema il suo vero mestiere ed era fiero della sua tessera da sceneggiatore. Gli piaceva in particolare il cinema burlesco e divertente, un genere in cui poteva esprimere liberamente la sua fantasia e l´ironia». In compenso, Prévert non si sentiva per nulla scrittore e non considerò mai la poesia come un mestiere: «Per lui era solo un passatempo occasionale». Non a caso, la prima raccolta di poesia, Parole, in cui raccoglieva testi scritti nei vent´anni precedenti, arrivò nelle librerie solo nel 1946. «Il che però», conclude la nipote del poeta, «non gli impedì di avere subito un grandissimo successo».