Pietro Menarini, Libero 6/6/2010, 6 giugno 2010
I FALSI DI HAN
Henricus Antonius van Meegeren, per gli amici e per la storia Han, era nato nella cittadina olandese di Devender nel 1889 e fin da giovane si era dedicato alla pittura, ma senza successo. A onor del vero non era solo un mestierante, perché alcune cose pregevoli, soprattutto come ritrattista, le aveva fatte, dimostrando abilità e conoscenze tecniche non banali. Ma, come ben sapevano i romantici, la differenza tra un nessuno e un protagonista sta nella presenza di un piccolo dettaglio, il genio, e lui, almeno sino a quel momento, non pareva possederne. Superati i fatidici ”anta” si fece coraggio, gettò uno sguardo sulla sua vita passata, presente e futura e decise che era giunto il momento di prendere una decisione alla quale, forse, stava pensando già da tempo: pur non essendo stato acclamato come un grande pittore originale, poteva ancora divenirlo, ma come falsario. Non a caso conosceva a fondo le tecniche della falsificazione del restauratore e falsario olandese Theo Van Wijngaarden, ”maestro” e suo contemporaneo.
Decisione forse discutibile, ma che si rivelò felice, perché d’un colpo si realizzarono i suoi due sogni eterni: celebrità e ricchezza. Del resto, il mestiere del falsario d’arte vantava già illustri precedenti: Michelangelo non aveva esitato a truffare Giulio II vendendogli per greche alcune sculture che invece aveva realizzato lui stesso (naturalmente il Vaticano fu poi ampiamente ripagato, visto che nessuna statuetta greca può valere quanto un falso dell’artista della Sistina). E Van Meegeren non era in questo affatto inferiore a Michelangelo: fu proprio questa attività poco ortodossa che, finalmente, fece emergere quel genio che anche lui possedeva, ma che era rimasto soffocato per un errore di strada intrapresa. Infatti il nostro non si cimentò mai nella trivialità imbrogliona delle copie di quadri celebri, ma nella difficilissima attività di realizzare ”opere ignote” di pittori celebri.
Il segreto dei colori
Amante della pittura olandese del Seicento, tra i vari modelli imitati, il suo favorito fu Jan Vermeer, di cui conosceva a fondo non solo le tecniche pittoriche, ma anche i materiali che usava per ottenere i suoi particolari colori, come quel blu oltremare, il cui pigmento era ottenuto mescolando lapislazzuli triturati con olio di lillà. Inoltre era riuscito a trovare brandelli di tele e legni per i telai dell’epoca. L’inganno fu così perfetto da ingannare persino esperti quali De Vild e Bredius, che inoltre classificarono ”La cena (o I discepoli) di Emmaus” e ”Cristo e l’adultera” come i due capolavori di Vermeer, cosa che del resto per molto tempo sostenne unanimemente la critica.
Van Meegeren si rivelò abile anche nel mettere sul mercato le sue ”scoperte” senza destare sospetti. Per vendere la ”Cena di Emmaus”, a esempio, il nostro si finse mediatore di un’importante collezione di maestri del Seicento in possesso di una famiglia olandese residente in Italia: la discrezione degli interessati doveva essere totale, perché se il governo fascista fosse venuto a conoscenza della cosa non avrebbe permesso l’uscita dal territorio nazionale di un tale capolavoro. Ma si sa, il diavolo fa le pentole, mai i coperchi. Nel suo delirio di fama e ricchezza Van Meegeren pensò bene di spacciare i due quadri di cui sopra a chi riteneva in grado sia di dargli le cifre iperboliche che chiedeva, sia di proteggerlo per l’illecita vendita di (presunti) capolavori nazionali. così che li rifilò a due collezionisti sensibili, delicati e raffinati, certamente senza problemi di liquidità: Heinrich Himmler, capo delle SS, che acquistò il primo, e Hermann Göring, il successore designato di Hitler, che si assicurò il secondo.
Condannato a morte
Crollato il nazismo, iniziò in tutta Europa la caccia alle streghe. Non ci volle molto alla polizia olandese, partendo proprio dalla collezione del Maresciallo, risalire al nome del fornitore del quadro di Vermeer. Nel 1947 Van Meegeren fu arrestato e in men che non si dica condannato a morte per collaborazionismo. A questo punto al pittore restava una sola via d’uscita: dire la verità. Ma proprio la perfezione e l’autenticità dei suoi falsi fece sì che i giudici quasi si mettessero a ridere.
Ed ecco che il genio soccorse un’altra volta Van Meegeren, il quale, non disposto a morire, anche se dopo aver realizzato in tutto i suoi sogni, lanciò una sfida alla corte: lasciargli dipingere un quadro (ignorato) di Vermeer sotto i loro occhi. Così avvenne e a metà di ”Gesù nel tempio” il tribunale e il mondo erano a bocca aperta. Van Meegeren, furbescamente (di nuovo un colpo di genio), dichiarò inoltre di aver voluto umiliare gli odiati invasori nazisti prendendoli per i fondelli. Fu questione di un attimo passare da traditore a eroe nazionale. La corte lo condannò a un anno di prigione per truffa, pena che però il pittore non scontò: stremato dall’abuso di alcol e droghe, morì il 30 dicembre 1947. E ancora c’è chi non crede che quei Vermeer siano falsi...
I quadri di Van Meegeren sono ora visibili, insieme ad altri di Vermeer (autentici), nella splendida mostra allestita dal Museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam, che resterà aperta fino al 22 agosto.