Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, 7/6/2010, 7 giugno 2010
ISRAELE AGGIORNAMENTO (APPELLO DEL PAPA A CIPRO)
Nell’ultimo giorno della sua visita a Cipro, attraverso L’Instrumentum Laboris, il documento di base del Sinodo straordinario per il Medio Oriente previsto a Roma per ottobre, Benedetto XVI ha preso una posizione molto dura con Israele.
«Da decenni - si legge nel testo papale- la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e l’egoismo delle grandi potenze, hanno destabilizzato l’equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione». Se non si trova presto una soluzione, dice Ratzinger, «si rischia il bagno di sangue». E l’occupazione israeliana è «un’ingiustizia politica imposta ai palestinesi» che nessun cristiano può giustificare con pretese teologiche, come fanno alcuni movimenti neo-evangelici sionisti. Nel ribadire la condanna per ogni forma di antisemitismo, la Chiesa definisce il dialogo con gli ebrei «essenziale, benché non facile». Stretti tra il fondamentalismo islamico, l’autoritarismo di molti regimi dell’area e l’occupazione «ingiusta» dei Territori palestinesi, i cristiani arabi, iraniani, turchi sono così costretti alla fuga e la loro scomparsa mette in pericolo non solo l’identità della Chiesa, che nel Medio Oriente affonda le sue radici, ma anche un futuro di democrazia e pluralismo per l’intera area. L’Instrumentum Laboris, un documento di una quarantina di pagine, insiste sulla capacità di costruire una convivenza con i musulmani, con i quali i rapporti sono spesso «difficili» ma dai quali dipende in gran parte «il nostro futuro». Ecco perciò determinante l’attenzione del mondo verso il ruolo fondamentale dei cristiani mediorientali. Ma le comunità locali devono trasformarsi in «minoranze attive» e non «ghettizzate», superare le divisioni liturgiche e le rivalità tra le varie chiese cattoliche orientali, migliorare la propria formazione umana e spirituale, e recuperare la trasparenza nella gestione del denaro. Infine, una chiara denuncia del fondamentalismo islamico, che è «una minaccia per tutti». I cristiani del Medio Oriente rappresentano «una ricchezza» non solo per la Chiesa ma per l’intero mondo democratico. dunque una «grave responsabilità».
CHE COS’ L’INSTRUMENTUM LABORIS
L’instrumentum laboris è il documento di lavoro che farà da base al sinodo sul Medio Oriente, in Vaticano dal 10 al 24 ottobre. E’ una sintesi, compiuta dalla segreteria del sinodo, delle risposte arrivate dai vescovi orientali, «dall’Egitto all’Iran», e da conferenze episcopali, dicasteri della Curia e religiosi. Il testo è di 41 pagine. Ecco i punti principali.
Cristiani’ Persecuzioni, martirio. «La situazione attuale nel Medio Oriente è per non pochi versi simile a quella vissuta dalla primitiva comunità cristiana in Terra Santa», scrive nella prefazione l’arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del sinodo. In Iraq, si legge nel testo, «la guerra ha scatenato le forze del male nel Paese, all’interno delle correnti politiche e delle confessioni religiose». I cristiani sono «tra i più colpiti» perché «rappresentano la comunità irachena più esigua e debole». In Libano «i cristiani sono divisi», senza progetto comune. In Egitto «la crescita dell’Islam politico» rende «la vita esposta a serie difficoltà», si crea una «islamizzazione che penetra nelle famiglie». In «altri Paesi» la «dittatura» spinge «a sopportare tutto in silenzio per salvare l’essenziale».
Palestina’ Il «conflitto israelo-palestinese» è definito «il focolaio principale». Si denuncia la violenza «tanto dei forti quanto dei deboli» e il «terrorismo mondiale più radicale» che «sfrutta» la situazione nella regione. La «occupazione» dei Territori è definita «una ingiustizia politica imposta ai palestinesi» che «rende difficile la vita quotidiana» agli stessi cristiani. E ancora, il passo più duro: «Da decenni, la mancata risoluzione del conflitto israelo-palestinese, il non rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani e l’egoismo delle grandi potenze hanno destabilizzato l’equilibrio della regione e imposto alle popolazioni una violenza che rischia di gettarle nella disperazione. La conseguenza di tutto ciò è l’emigrazione, specialmente dei cristiani». Così, per israeliani e palestinesi, si ripete la soluzione «due popoli, due Stati».
Islam e laicità – La crescita dell’«Islam politico» e le «correnti estremiste» sono «una minaccia per tutti, ebrei, cristiani e musulmani». Negli stati a maggioranza musulmana « non c’è laicità, ad eccezione della Turchia» (dove peraltro la laicità «pone ancora problemi alla piena libertà religiosa»). L’Islam è in generale «religione di Stato, principale fonte di legislazione ispirata alla sharia». C’è solo libertà di culto ma la «libertà religiosa e di coscienza sono generalmente sconosciute nell’ambiente musulmano». Poiché i «musulmani non fanno distinzione tra religione e politica», i cristiani sono nella posizione di «non cittadini».
Gli ebrei – Il riferimento nel rapporto con gli ebrei sono i testi conciliari, a partire dalla Nostra Aetate. Il «dialogo con i fratelli maggiori» è detto «essenziale, benché non facile». Le relazioni risentono, ancora, del «conflitto israelo-palestinese». Si «rifiuta l’antisemitismo» e anche l’«antigiudaismo» è stato «superato dalle linee del Concilio, almeno a livello teorico». Quanto all’antisionismo, «è diffuso il parere che sia piuttosto una posizione politica e di conseguenza da considerare estranea ad ogni discorso ecclesiale».
Coerenza’Il documento invita sacerdoti e religiosi ad essere testimoni «coerenti» e modello per la comunità: «Molti fedeli auspicano una maggiore semplicità di vita, un reale distacco in rapporto al denaro e alle comodità del mondo, una pratica edificante della castità e una purezza di costumi trasparente».
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dati:
Cisgiordania: Abitanti: 2,5 milioni. Il 46% al di sotto della soglia di povertà. Tasso di istruzione 92,4%. Disoccupati 19%. Nel 2009: crescita economica del 7% grazie a un alleggerimento delle restrizioni imposte da Israele e alle donazioni. Ma il livello di vita resta inferiore a quello pre-intifada (2000)
Coloni e controllo: Sono circa 300 mila i coloni israeliani in Cisgiordania e 180 mila a Gerusalemme Est mentre 8.000 hanno lasciato Gaza 5 anni fa (ma Israele continua a controllarne i confini inclusi spazio aereo e coste). Una barriera di 790 km divide Israele dalla Cisgiordania inglobando parti di Gerusalemme Est
Striscia di Gaza: Lunga 40 km e larga 10 km. Abitanti: 1,5 milioni. Si tratta per lo più di famiglie di rifugiati fuggiti o espulsi con la nascita di Israele nel 1948. Molti vivono in campi profughi, ai quali l’Onu fornisce sanità, istruzione e altri aiuti. Disoccupazione: 42% (fonte Onu)
L’embargo: Israele l’ha imposto a Gaza nel giugno 2007, dopo che Hamas ha preso il controllo del governo cacciando il Fatah di Abu Mazen. Da allora la popolazione vive con meno di un quarto del volume di beni importati che riceveva nel 2005. Vietate le esportazioni. L’Onu l’ha definita una «punizione collettiva»
La guerra: Durante l’operazione israeliana «Piombo Fuso» a Gaza, dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, sono morti circa 1.400 palestinesi (in maggioranza civili secondo fonti locali) e 13 israeliani (in maggioranza soldati). Oltre 5000 i feriti nella guerra a Gaza, 50mila gli sfollati, 4000 le case distrutte