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 2010  giugno 05 Sabato calendario

IL CONTAGIO E IL PANICO NON SI FERMANO

Capita di rado che un governo metta nei guai il proprio Paese descrivendolo come vicino alla bancarotta.
E’ successo ieri a Budapest. E i mercati, che ogni giorno cercano spunti per poter giocare al ribasso contro l’euro, ci si sono gettati di volata, anche per rifarsi delle speculazioni andate male delle settimane scorse.
Così i guai hanno contagiato le economie di tutto il continente.
Forse non durerà, dato che l’Ungheria ha usato solo metà dei 24 miliardi del piano di aiuti Europa-Fmi, e che gli stessi analisti finanziari sospettano che sia tutta politica interna di Budapest.
Che basti così poco - un battito d’ali che provoca una burrasca - dà il segno dei tempi che viviamo. L’Ungheria non fa parte dell’area euro e conta solo per lo 0,84% dell’intera economia europea a 27. Ma se il portavoce del suo nuovo ministro Viktor Orban, che di nome fa Peter Szijjarto, considera «non esagerato parlare di rischio di bancarotta», si scatena il pandemonio in tutto il continente, e anche al di là. L’euro scende sotto un dollaro e 20, dando esca alla seconda gaffe della giornata, quella del primo ministro francese François Fillon, che immedesimandosi troppo negli esportatori del suo Paese, si fa scappare che non gli dispiacerebbe l’euro 1 a 1 con il dollaro.
I numeri ufficiali dell’Ungheria si dovrebbero sapere lunedì. Il precedente governo di centro-sinistra (l’alternanza è avvenuta nella direzione opposta a quella di Atene l’anno scorso) prevedeva per quest’anno un deficit al 3,8% del prodotto lordo, in base al programma concordato con Unione europea e Fondo monetario. Secondo le ultime voci provenienti dal centro-destra ora al potere, potrebbe essere il doppio. Il 7,5% non sarebbe poco, ma neppure una cifra da bancarotta in un Paese dove il debito pubblico accumulato è il 78%, molto più basso che in Grecia (e in Italia); la quota di bond a breve in scadenza non è alta.
A differenza della Grecia, nei conti dell’Ungheria avevano già messo il naso la Commissione europea e il Fmi. C’è già un piano di aiuti, operativo da mesi. Sarebbe normale che a Budapest, come in tutte le altre capitali, ci si ingegnasse a dimostrare che si tratta di un caso molto differente dalla Grecia. Invece no, per calcolo politico interno si è inscenato un dramma, non rendendosi conto che il teatro delle marionette della politica interna è osservato in tutto il mondo da spettatori che non capiscono la lingua e vedono solo la zuffa.
Il nuovo governo guidato da Orban ha una maggioranza robustissima ma deve fare i conti con una destra estrema in ascesa; ha vinto le elezioni con una promessa impossibile da realizzare di meno tasse e di fine dell’austerità. Pare tranquillo Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo che controlla una delle principali banche ungheresi: «Mi sembra che le voci e le dichiarazioni che sono venute dall’Ungheria siano un po’ politiche, a uso interno e forse poco ragionate: noi pensiamo che l’Ungheria abbia una sua solidità di fondo».
Qualsiasi sia la verità sul deficit «il nuovo governo ungherese dimostra di capire assai poco come funzionano i mercati», afferma un rapporto della Danske Bank. «Quando persone vicine al governo si esprimono così, come credono che reagiscano gli investitori?», rincarano alla Royal Bank of Scotland. Secondo la Citigroup si tratta «di commenti di tipo populista, dato che per tutto il 2010 l’Ungheria appare in grado di rifinanziare il suo debito». «Comprate fiorini ungheresi, il paragone con la Grecia è esagerato», ha scritto Bnp Paribas ai suoi clienti.
Smentendo chi sostiene che la Grecia starebbe meglio senza euro, avere una moneta propria non ha affatto alleviato le difficoltà; negli ultimi sei mesi il fiorino si è deprezzato sul dollaro all’incirca quanto l’euro. Il rischio è piuttosto che il panico metta in difficoltà le banche ungheresi e qui il contagio sarebbe inevitabile, dato che sono controllate per il 24% da aziende di proprietà austriaca, 21% tedesca, 17% italiana.