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 2010  giugno 05 Sabato calendario

ACCELERA IL SUPERFONDO EUROPEO ANTI-CRISI MA IL CONTAGIO ORA SFIORA ANCHE LA FRANCIA

A volte il panico sui mercati ha anche una sua crudele ironia e ora tocca all’area-euro pagarne le conseguenze. I suoi leader avevano attaccato Wall Street e le agenzie di rating per aver costruito artificialmente valutazioni elevate su certi titoli «innovativi». Peccato che di recente abbiano passato intere giornate seduti a un tavolo con quelle stesse agenzie di rating per un motivo simile: cercare di ottenere il massimo dei voti, la tripla A, sulle emissioni del fondo da 440 miliardi che dovrebbe blindare il debito del fianco Sud dell’euro.
Quei titoli saranno infatti garantiti dai governi europei, i quali però in maggioranza non vantano la tripla A. Il dosaggio delle garanzie andrà dunque mescolato (con l’aiuto delle agenzie di rating), agitato e servito caldo: l’appuntamento per alzare il velo sul «veicolo speciale» da 440 miliardi è previsto per il vertice dei ministri finanziari europei di lunedì e martedì.
Se non calmerà i mercati quello, i conigli nel cilindro di Eurolandia saranno (quasi) esauriti. La crisi di debito del Vecchio Continente diventa sempre di più una guerra di posizione giocata contro il tempo. I governi e la Banca centrale europea si preparano ad aspettare per mesi che gli interventi e le misure di risanamento filtrino nell’economia e facciano il loro effetto. Qualcuno nel mercato spera invece che la volatilità e il panico deraglino tutti gli sforzi, creando nuove occasioni di profitto al ribasso.
Per ora non sta vincendo nessuno. Ma qualcuno in Germania, magari senza capirlo, fa del suo meglio perché la fibrillazione del sistema diventi un po’ più acuta. Il presidente della Bundesbank Axel Weber, candidato alla guida della Bce, da settimane continua a dissociarsi in pubblico dalla scelta dell’Eurotower di acquistare titoli di Stato dell’area-euro per calmare il mercato. «Così Weber mina la credibilità dell’intera strategia della Bce», commenta James Nixon di Société Générale. Il settimanale tedesco Spiegel poi ha scritto che alla Bundesbank si sospetta un «complotto» della Bce, guidata dal francese Jean-Claude Trichet, per salvare le banche di Parigi. L’argomento non è un granché: l’acquisto di titoli greci da parte della Banca centrale aiuterebbe gli istituti transalpini esposti su Atene (ma lo stesso è vero per le banche tedesche). Il messaggio implicito però è che l’Europa resta divisa ed è proprio questo che da mesi innesca la speculazione. Nella psicologia delle sale operative, poche parole di Weber e la fuga di «notizie» allo Spiegel vanificano l’effetto del maxi-piano europeo da 750 miliardi di tre settimane fa. Su questo sfondo, ieri è arrivato da Budapest un annuncio così strano che non ci crede davvero nemmeno chi ha venduto a rotta di collo subito dopo. Un portavoce del governo di Viktor Orban, il leader populista appena tornato al potere, ha osservato che l’ipotesi che l’Ungheria vada in insolvenza «non è esagerata». Da oltre un anno l’Ungheria è nelle maglie di un programma di sostegno e risanamento dell’Fmi. Il suo debito pubblico in rapporto al prodotto è pari a quello della Germania (79%). Non sono escluse brutte sorprese come in Grecia, ma Orban non sarebbe il primo leader a drammatizzare il quadro per giustificare i sacrifici di cui fin qui non aveva fatto alcun cenno.
Resta per ora il risultato netto: sempre un po’ peggio del giorno prima. Per la prima volta il contagio partito da Atene tocca l’Europa centro-orientale: per sradicarlo adesso sarà durissima. E per la prima volta da ieri la percezione del rischio sul debito s’impenna anche nei Paesi del «nucleo duro» di Eurolandia: Austria più 20 punti-base (0,2%) sui titoli a dieci anni, Belgio più 15, Francia e Olanda più 10. I tassi interbancari dicono poi che le banche si fidano sempre meno le une delle altre (ma ancora molto più di un anno fa) e le voci colpiscono stavolta Société Générale. E la prova di resistenza fra il panico e i governi si prolunga. Purché alla fine l’arbitro non abbia il magnifico senso dell’opportunità dimostrato da Axel Weber.