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 2010  giugno 05 Sabato calendario

LIBRI, CALCETTO, SALA MUSICA: «ALL’AIA UN CARCERE HOTEL»

Charles Taylor, 62 anni, il «signore della guerra» che devastò la Liberia, è appena diventato papà di una bambina, grazie alle visite della compagna che dall’Africa viene a trovarlo in cella. Anzi, in una delle sue due celle, perché l’altra lui la usa solo per tenervi i documenti della difesa. E finora sono stati i secondini, cioè le nazioni che finanziano il carcere della Corte Penale Internazionale dell’Aia, a pagare le spese di viaggio della signora. giusto, non è giusto? Se lo chiede retoricamente l’International Herald Tribune, che ieri ha sollevato il caso di Taylor insieme con quelli di altri detenuti in attesa di giudizio, uomini accusati di crimini contro l’umanità e ospitati nel cosiddetto «Hilton dell’Aia». Il giornale ricorda anche, con pari malizia, che finora «il tribunale non ha completato un solo processo». Mentre avrebbe saldato fin troppe note-spese di «visite coniugali», per molte decine di migliaia di euro: e concesso benefici di ogni tipo, sconosciuti ai detenuti «normali» che attendono la sentenza nelle carceri dei Paesi finanziatori.

Non è solo il giornale anglosassone, però, a dire tutto ciò. Diversi fra gli Stati che sostengono le spese della prigione hanno protestato, negli ultimi mesi. E in particolare tre: Italia, Francia e Costarica. La richiesta, in sostanza, è che a L’Aia non vengano accordati e soprattutto pagati dei benefici che non esistono nell’ordinamento penitenziario delle stesse nazioni. «Si tratta di un problema di cui naturalmente si è occupato il nostro ministero della Giustizia, d’intesa con gli altri Paesi – confermano fonti della Farnesina’ il 27 novembre 2009, all’assemblea degli Stati finanziatori, è stata adottata una risoluzione che chiarisce come il diritto alle visite dei familiari, per i detenuti in attesa di giudizio dell’Aia, non includa il diritto ad avere visite pagate». Se questo è avvenuto, finora, per alcuni, è stata però ribadita l’intesa «che non debba costituire un precedente o incoraggiare aspettative di ulteriori finanziamenti» per concessioni simili nei vari Paesi. L’accordo «lascia comunque aperta la possibilità che venga costituito un fondo volontario di contribuzione, che non pesi però sui bilanci» della Corte.

Come, invece, sarebbe finora avvenuto, almeno in alcuni casi. Nel carcere, fra biblioteca, palestra, sala di meditazione, e una cucina comune dove uomini accusati di crimini contro l’umanità (citazione dall’Herald Tribune) «si scambiano le ricette dei cevapcici, le polpette serbe», sarebbe successo un po’ di tutto. Uno degli esempi più clamorosi è quello dei 16 mila dollari fatturati nel 2006 per i viaggi di moglie e 5 figli di Thomas Lubanga Dyilo, detto «il Leone», ex caporione congolese accusato di plurimi omicidi, stupri, e di aver costretto alla guerra dei soldati-bambini. Forse per queste sue passate frequentazioni con l’infanzia, la direzione del carcere gli concesse e pagò «anche una babysitter per intrattenere i bambini durante le visite coniugali». Sul conto del tribunale finirono i biglietti d’aereo da Kinshasa a L’Aia, due camere d’albergo per 15 notti, assicurazioni mediche, tasse per i visti, e un rimborso spese quotidiano di 24 dollari (moglie e figli maggiorenni) e 12 dollari (figli minorenni). Finirono in nota spese anche i vestiti invernali per la famigliola in visita.