Sandra Amurri, Rino Giacalone, il Fatto Quotidiano 5/6/2010;, 5 giugno 2010
UN FIUME DI DENARO PER CHI TROVA DENARO
Per il governo Berlusconi in caduta libera di immagine, dopo gli scandali che lo hanno travolto e la spaccatura con Fini sul ddl sulle intercettazioni, sarebbe uno spot mica da ridere poter arrestare il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro, campiere del senatore D’Alì del Pdl, latitante dal ”93, condannato all’er gastolo per le stragi che insanguinarono l’Italia. E la pubblicità come il re della Tv commerciale insegna ha un costo. Nel caso specifico vale un milione e mezzo di euro autorizzato dal ministero dell’Interno e dalla presidenza del Consiglio da cui i servizi segreti dipendono per la testa di Matteo Messina Denaro. Una manna sarebbe per pagare straordinari e missioni di investigatori che con i fondi stanziati riescono a mala pena a fare fronte a due mesi di attività all’an - no. Poco importa, o, forse importa, se resterà in piedi l’immensa rete imprenditoriale affaristica politica che con la mafia si arricchisce sottraendo risorse all’economia legale e inquinando il Parlamento. ”Tra t t a t i va ” g ià sperimentata e fallita con l’ex sindaco di Castelvetrano Tonino Vaccarino contattato dall’a l l o ra capo del Sisde Mori per la cattura di Matteo Messina Denaro che, almeno sul piano del metodo, registra una differenza che pone non poche perplessità e rischi. I servizi hanno optato per la ”t ra s p a re n z a ” informando dell’operazione lo Sco, il procuratore capo di Palermo Messineo e l’aggiunto Teresa Principato. Il primo imprenditore di cemento contattato dagli uomini con ”la barba finta” è stato Rosario Cascio originario di Partanna del Belice arrestato a cui sono stati sequestrati beni per 400 milioni di euro. Riina aveva dato a Brusca l’ordine di ucciderlo, Matteo Messina Denaro intervenne in suo favore e lo salvò. I camion della sua ditta Atlas nel 2005 trasportavano indisturbati il cemento per i lavori del porto di Favignana, appalto vigilato dalla Prefettura di Trapani. Ora appare un peccato di ingenuità pensare che uno così possa vendersi la testa del suo ”da - tore di lavoro” e del suo salvatore per un pugno di milioni. Ta n t ”è che la sua risposta è stata: ”Dutturi si putissi problemi unncinnè ma un saccio dunnè”. Il potere di Matteo Messina Denaro, come raccontano bene le intercettazioni e i pizzini riportati nelle operazioni che hanno inflitto duri colpi all’or ganizzazione, non è paragonabile a quello di nessun altro capo. Lui è dotato di un forte carisma che crea veri e propri seguaci. un simbolo. ”Matteo è come Dio fa il nostro bene. Lo dobbiamo adorare. Pensa che io ho avuto l’onore di dargli un passaggio con la mia moto!” diceva ad un amico in un’ambientale, Vito Signorello, calciatore della Folgore, insegnante di Educazione fisica, condannato, che uscito dal carcere, fa l’impiegato nella scuola di Castelvetrano. Chi si sa essere vicino a Matteo quando si reca allo sportello unico per le imprese ottiene il lavoro. Emblematica è la storia di una vedova di un imprenditore che nascondeva nella sua villa il boss Mangiaracina che in un’ambien - tale confidava: ”Voglio che i miei figli crescano avendo come riferimento la sua figura”. Filippo Sammartano commerciante di prodotti dolciari di Campobello dice: ”...di chiesa ce n’è una e di santo ce n’è uno”. Nell’ordinan - za ”Golem 2” l’imprenditore ex consigliere comunale di Castelvetrano Giovanni Risalvato intercettato dice: ”Gliel’ho detto un mare di volte vengo a mio figlio non gli manca niente mia moglie lo stipendio ce l’ha, meglio un giorno da leoni che 100 da pecora. Mi ha scritto: ”Io ti ringrazio so che lo fai con tutto il cuore, però mi può aiutare più D’Alì”. Minchia! Te la posso dire una cosa? Ah? Non so cosa pagherei per fumarmi un pacchetto di sigarette con lui, minchia una volta ce ne siamo fumati una stecca, minchia, quando abbiamo finito ci siamo guardati in faccia… m i n ch i a ! ”. Dopo l’arresto di Provenzano e la valanga di pizzini ritrovati, Matteo ne scrive pochissimi e ordina ai destinatari di bruciarli immediatamente. Ha ricostruito la rete di protezione sul modello delle cellule terroristiche: una cellula è la catena operativa e l’altra logistica. Le due cellule non comunicano. Non ha mai visto la figlia avuta dalla compagna Francesca Alagna, ragazza bellissima sfiorita tra le mura di casa di famiglia a Castelvetrano, che oggi ha 12 anni tanto che sua madre in un’am - bientale si lamentava di Matteo con il figlio Salvatore: ”L o re n z a , inizia a fare domande sul padre, inizia a capire e lui non può continuare a ignorarla”. L’operazio - ne Golem 2 che ha condotto in carcere 18 suoi complici, lo ha destabilizzato. Teme che possano essere risaliti alla catena logistica. Dopo l’arresto di Grigoli, re dei supermercati Despar, uomo di Matteo, Pietro, figlio di Baldassare, dipendente Despar, racconta al padre: ”Ieri ho fatto uscire dal computer 14 mila dossier, dal computer ho fatto uscire! Minchia la fotografia sua pure c’è! Minchia Internet pieno! Digitavo nel Web ”Giuseppe Grigoli’ minchia e mi è uscito… ci saranno più di trecento fascicoli!... Mah! C’è Matteo che dice che a Grigoli lo chiamava ”paesano’”. La mafia trapanese conta su una forte coesione ambientale. La partecipazione è data anche da chi mafioso non lo è perché affiliato o legato da vincoli di sangue, ma offre sostegno logistico al latitante perché è motivo di prestigio sociale. La mafia trapanese non usa la violenza per imporre il pizzo all’imprendito - re, con l’imprenditore condivide il profitto degli affari e l’im - prenditore il professionista i burocrati sanno bene che più c’è condivisione più i profitti lievitano. E la politica è dentro al gioco. Nella sentenza ”Mafia Appalti – scritta dal giudice Alessandra Camassa il deputato reg Paolo Ruggirello, figlio del banchiere Giuseppe racconta di aver appreso da Tommaso Coppola-imprenditore di Valderice vicino a Denaro, che durante un colloquio in carcere consigliava al nipote di parlare con il senatore del Pdl D’Alì – che questo aveva svolto un ruolo di rilievo per la candidatura dell’attuale sindaco di Trapani, Girolamo Fazio del Pdl. Che un milione e mezzo possa bastare ad ”a c q u i s t a re ” Matteo Messina Denaro appare improbabile, mentre è credibile che la ”t ra t t a t i va ” serva per provare ad arrestarlo senza sovvertire quell’equilibrio mafioso-imprenditoriale- politico che presto troverebbe un altro capo.