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 2010  giugno 04 Venerdì calendario

LA FRONTIERA DEI MISSIONARI

Il nuovo sangue cristiano in Turchia, con l´uccisione certo privata ma difficilmente privatizzabile, del vicario apostolico in Anatolia, dice quale fatica debbano affrontare le dinamiche della società pluralista in corso in quel Paese.
Un Paese sulla soglia dell´adesione all´Unione Europea che deve disintossicarsi dei nazionalismi che si sono radicati sulla dissoluzione dell´Impero ottomano. Si potrà facilmente chiamare in causa la fragilità psichica dell´autore del delitto, le inchieste chiariranno i risvolti ancora oscuri del crimine, ma non si potrà rimuovere un dato di scenario, che riguarda le difficoltà cui sono affrontati i cristiani delle diverse confessioni (ortodossi, evangelici, cattolici) nella vita sociale e sul piano organizzativo: si tratta della paranoia diffusa specialmente negli ambienti ultra-nazionalisti contro i "missionari", in nome della protezione della cultura nazionale.
In un saggio pubblicato in Francia, il gesuita Jean-Marc Balhan, del Centro interdisciplinare di studio dell´Islam nel mondo contemporaneo dell´Università Cattolica di Lovanio, ha sottolineato che lo stereotipo del "noi e gli altri", che è alla base della Repubblica turca, è disseminato dall´insegnamento, nutrito dalla stampa popolare, avallato dalla Presidenza degli affari religiosi. questo il paradigma che produce talora violenze gravi, come l´assassinio del prete cattolico italiano Andrea Santoro, nella sua chiesa a Trebisonda nel 2006, e il massacro di tre cristiani protestanti che lavoravano per una casa editrice di Bibbie, consumato a Malatya nel 2007.
Si sarebbe portati a sperare che le coltellate dell´autista sul cappuccino non abbiano lo stesso segno delle altre recenti violenze anti-cristiane. Che la coincidenza con la vigilia del viaggio di Benedetto XVI a Cipro, l´isola dell´ultimo muro divisorio d´Europa tra la parte greca ortodossa e quella turca dei minareti, sia accidentale. In ogni caso, è evidente che la nuova tragedia immerge l´appello che il Papa si prepara a lanciare da Cipro a ciò che è rimasto delle Chiese cristiane mediorientali, le antiche chiese apostoliche, in una prospettiva di urgenza forse apocalittica: non sono che dei "piccoli greggi", minoranze in situazione di esodo, civile e di praticanti, esposte dunque al martirio come lo erano i testimoni del Vangelo di Cristo dei primi secoli.
Le informazioni dal Vaticano narrano la fedeltà di Padovese all´ideale di Francesco di Assisi, al dialogo del Santo con il Sultano. Era stato responsabile dell´Istituto Francescano di Spiritualità nel Pontificio Ateneo "Antonianum" di Roma, delegato della Congregazione per le Chiese orientali per il coordinamento dei collegi e seminari orientali. Un uomo di cultura, di cui erano stimate le capacità di cogliere la necessità del dialogo anche con un mondo divenuto difficile, se non ostile. In questo spirito l´orientamento raccomandato dagli ultimi papi è di uniformare l´atteggiamento corretto dei cristiani di fronte alla violenza, di cui potrebbero essere e sono di fatto vittime, secondo il suggerimento evangelico: non "l´occhio per occhio, dente per dente", ma l´"amate i vostri nemici".
Tuttavia l´analisi della società turca e delle sue transizioni politiche e religiose rivela le difficoltà di una parte importante dell´opinione pubblica ad accettare pienamente la diversità culturale e il pluralismo indispensabile all´approfondimento della democrazia in questo paese. In uno studio pubblicato nel 2006 a Istanbul su "Religione, società e politica nella Turchia in mutazione", è emerso che dal 70 al 75% della popolazione si oppone al matrimonio di un proprio figlio con un non-musulmano e che il 58% afferma che l´attività dei missionari che diffondono una religione non musulmana deve essere ristretta. Alla domanda "Chi voi non vi augurereste di avere come vicino?" le risposte sono state queste: una coppia omosessuale (66%), una famiglia atea (49%), una famiglia greca-ortodossa (43%), una famiglia armena (42%), una famiglia ebrea (39%), una famiglia curda (28%), una di altra confessione (22%).
La divisione che preme sul territorio non è dunque solo quella convenzionale tra "laici" e "islamisti" o "neo-islamisti". Incide anche lo stereotipo del "Noi", cioè i Turchi musulmani sanniti, e "gli Altri", composti dai kurdi e comunque dai non musulmani. Riflesso di una percezione arcaica delle minoranze religiose o etniche come minaccia verso lo Stato turco e la sua identità. Questo paradigma si è riversato lungo i canali del sistema educativo fino a forgiare una visione nazionalista e unitaria scostante verso coloro che non fanno parte della maggioranza turca-musulmana-sunnita, con un esito rischiosamente discriminatorio sul lungo periodo in cui si formano le strutture culturali di una società, e si costruiscono i suoi tabù psichici.
Il processo di adesione alla Ue fornisce un sostegno formidabile alla lotta in corso per la correzione di questi stereotipi, la cui violenza culturale può trovare in ogni società in cui si radicano, anche da noi, i punti deboli per i quali esplodere e diventare assassina. Durante la sua visita a Istanbul, il 30 novembre 2006, Benedetto XVI dichiarò di essere favorevole all´ingresso della Turchia nell´Unione. "Un´affermazione grandiosa" ha commentato il ministro degli esteri della Repubblica di Turchia Ahmet Davutoglu, in un articolo per "30 Giorni". Nello stesso testo egli ha messo in valore la natura multiculturale e multireligiosa del suo Paese, negando che vi esista un problema di tolleranza: "La nostra storia – ha affermato – è una storia di tolleranza. Nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a identificare i musulmani in generale e i turchi in particolare con una cultura del regime autoritario o con una cultura dell´uniformità o dell´intolleranza. E´ vero l´opposto… Stiamo difendendo una cultura della tolleranza, dei diritti umani, del rispetto della multiculturalità, del rispetto delle differenti culture e religioni".