varie, 4 giugno 2010
Angelo Maggi, 76 anni. Milanese, piccolo e esile, dipendente comunale in pensione, nel 2008 aveva perso la moglie, morta di tumore, e solo di recente, essendosi un po’ ripreso dal lutto, era tornato a ballare e a frequentare il centro sociale
Angelo Maggi, 76 anni. Milanese, piccolo e esile, dipendente comunale in pensione, nel 2008 aveva perso la moglie, morta di tumore, e solo di recente, essendosi un po’ ripreso dal lutto, era tornato a ballare e a frequentare il centro sociale. Da quando era rimasto vedovo accudiva da solo il figlio Massimo, 41 anni, grande e grosso, ex ausiliario della sosta, poi impiegato in una scuola pubblica, in cura da una vita per schizofrenia, sempre più strano da quando era rimasto senza madre, tanto che i vicini lo vedevano spesso alla finestra che gridava accorato: «Mamma, ti voglio bene». L’altro giorno padre e figlio, nel soggiorno del loro appartamento al primo piano di un palazzone di periferia, ebbero una lite violenta. A un certo punto Massimo prese un grosso soprammobile, lo spaccò sul cranio del vecchio, quindi gli strinse le mani al collo finché non smise di respirare, e infine scavalcò la ringhiera del balcone e si buttò di sotto, rompendosi una gamba. Verso l’una e mezza di giovedì 3 giugno in via Moncucco 44, zona Famagosta, a Milano.