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 2010  giugno 02 Mercoledì calendario

JOHN TATE IL NOBEL DEI NUMERI


Nella più antica casa della cultura di Oslo, in Norvegia, il 25 maggio, il matematico americano John Tate ha ricevuto dalle mani di Re Harald l’ambito Premio Abel: il Nobel della matematica. Se infatti la Medaglia Fields è un premio privo di valore economico e può essere dato solo a matematici con meno di 40 anni, l’Abel è un premio alla carriera di rilevante valore economico (750 mila euro) molto simile al Nobel, che, ricordiamo, non è previsto per la matematica.
Il vincitore è uno dei padri della matematica moderna e in particolare della teoria algebrica dei numeri. Ad esempio Andrew Wiles non avrebbe mai potuto dimostrare l’ultimo teorema di Fermat senza poggiare sulle fondamenta posate da Tate. E’ nato nel 1925 a Minneapolis. Ha preso la laurea ad Harvard e il dottorato a nel 1950 a Princeton con Emil Artin. Ha insegnato a Harvard per 36 anni prima di spostarsi alla University of Texas nel 1990. E’ in pensione dal 2009.
La teoria algebrica dei numeri è quella branca della matematica che si occupa di studiare le strutture associate agli interi algebrici, cioè alle radici di polinomi a coefficienti interi. Se consideriamo i numeri interi, questi sono soluzioni di equazioni del tipo x-a=0.
L’insieme dei numeri interi, con le operazioni di somma e prodotto, costituisce quello che si chiama anello commutativo.
E’ di un tipo particolare: un dominio a fattorizzazione unica. Questo è un nome difficile per dire che in esso vi sono elementi speciali, i numeri primi, e che ogni numero si può scrivere in modo essenzialmente unico come prodotto di potenze di primi. Questa proprietà non vale più per anelli di interi algebrici appena più complessi, come gli interi di Gauss.
Per studiare l’aritmetica e la geometria a valori in questi speciali insiemi è stato necessario introdurre la costruzione di funzioni invarianti e affrontarle per mezzo di strumenti tipici dell’algebra, della geometria e della topologia. L’idea, che pervade la matematica del ”900, è quella di associare ad un problema opportuni spazi, cioè insiemi di punti «strutturati», e gruppi di simmetrie che agiscono su essi. Questo approccio, che affonda le radici nel programma di Erlangen proposto da Felix Klein, si è rivelato fruttuoso, generando molta della ricchezza della moderna matematica.
Una delle tematiche sviluppate da Tate è stata quella delle forme automorfe: sono una generalizzazione delle forme modulari e cioè di speciali funzioni complesse che sono invarianti lungo le orbite di un gruppo di simmetrie, noto come il gruppo modulare. Hanno uno stretto rapporto con le curve ellittiche. La comprensione del comportamento di questi enti e il loro uso come strumenti per studiare problemi di teoria dei numeri sono uno dei contributi più importanti dati da Tate con personaggi del calibro di Emil Artin e Jean Pierre Serre.
Quelli della teoria dei numeri sono problemi astratti e terribili, che pochi matematici hanno il coraggio e la capacità di affrontare, ma bisogna dire che hanno forti legami con la realtà, specie con quella contemporanea. Ad esempio, come mi aveva illustrato Heindrik Lenstra quando lo intervistai su queste pagine, le curve ellittiche sono usate in crittografia, cioè, in definitiva, per garantire la sicurezza di molte telecomunicazioni e delle carte di credito. Queste curve provengono dalla teoria delle funzioni ellittiche. Le funzioni ellittiche vennero introdotte da Neils Heinrick Abel, cui è intitolato il premio, nel tentativo di risolvere un problema annoso: il calcolo della lunghezza degli ellissi.
Abel fu un matematico brillante e sfortunato. Norvegese, morì di tubercolosi a Parigi nel 1829. Ha lasciato impronte indelebili, in particolare dimostrò l’irresolubilità per radicali delle equazioni di quinto grado, usando la teoria di Galois e i gruppi semplici. Ora, a più di 200 anni dalla nascita, le sue idee continuano a camminare grazie a uomini come Tate che ne hanno fatto fiorire il lascito. Mai un premio ebbe nome più adatto a chi lo riceveva.