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 2010  giugno 04 Venerdì calendario

I SACRIFICI (NECESSARI) DEI MANAGER

Il governo cerca di rendere socialmente equa la stangata sul pubblico impiego con due misure: a) meno rimborsi elettorali ai partiti e retribuzioni più contenute ai parlamentari; b) un’addizionale del 10% su bonus e stock option dei manager finanziari. Non pagano soltanto i soliti, è il messaggio: questa volta tocca pure a politici e banchieri, i responsabili della crisi. Sfortunatamente, trattasi di mera propaganda.
Dal taglietto ai rimborsi elettorali, che proseguono per i 5 anni della legislatura anche se ci fossero elezioni anticipate, si ricaveranno pochi milioni. Per deputati e senatori le Camere, organi costituzionali, decideranno con comodo entro l’anno. Come? Lo scetticismo è d’obbligo sol che si guardi al compenso dei portaborse: nella Prima repubblica, questi 4mila euro al mese venivano assegnati previa ricevuta del beneficiario che, fosse pure la moglie prestanome del deputato amico, così emergeva davanti a fisco e Inps; con la Seconda repubblica, la ricevuta sparisce e il parlamentare può girare al partito l’altrui paghetta o tenersela in nero. Retribuire degnamente il parlamentare è un obbligo della democrazia. Diversamente, avremmo solo ricchi, corrotti, incompetenti o servi. Ma la dignità sta anche nella ragionevolezza del compenso che per un servitore della comunità non può e non deve essere competitivo con quello professionale, e nella trasparenza dell’erogazione.
Dubbi ancor più radicali vengono suggeriti dal prelievo sui manager in base all’articolo 33, numero di vago sapore massonico, del decreto legge. Secondo il G20, si legge, bonus e stock option possono distorcere l’economia. Ecco dunque un’aliquota addizionale del 10% sulla parte variabile delle retribuzioni che superi il triplo della parte fissa. Si dà il caso, però, che questo non accada più dal 2007: da quando la Banca d’Italia esortò le banche a contenere la componente speculativa dei compensi. E oggi i banchieri sono ben felici di rafforzare il fisso. Il decreto azzoppa un cavallo morto.
Il richiamo al G20, tuttavia, manda echi riformisti. Vogliamo crederci? Allora, diamo alla Banca d’Italia non solo il potere di revoca dei banchieri scorretti o faciloni, appena rivendicato dal governatore Mario Draghi, ma anche quello di sindacarne più in profondità le paghe, visto che i manager usano tenersi bordone l’un l’altro. Perché Bill Gates vola in economy e i top manager nostrani sembrano dame della sinistra al caviale, liberté, egalité, avion privé? E poiché la finanza non è solo banca, sarebbe logico estendere i nuovi poteri all’Isvap, l’Autorità di vigilanza sulle assicurazioni, settore nel quale bonus e benefit sono stati materia di polemiche, a partire dalle Generali.
Al di là dell’incerta efficacia riformista, l’articolo 33 appare discutibile sotto il profilo dell’equità sociale. Perché colpire un banchiere e non un manager industriale con una retribuzione analoga? E perché trascurare l’imprenditore o l’azionista di riferimento che esalti il rendimento a breve termine del capitale ricorrendo alla leva finanziaria nella stessa, esagerata e pericolosa misura del più arrembante private equity? Nei giorni scorsi, il gerente del fondo infrastrutturale F2i si è autoridotto del 10% il compenso. E’ il segno, assieme al versamento di quote dei premi a beneficenza da parte di altri manager e banchieri, di una civile condivisione del destino di un Paese. Se, come dice il ministro Tremonti, siamo a un tornante della storia, chi più ha si dovrebbe chiedere se non gli corra l’obbligo morale di dare un esempio tangibile, oltre a predicare contro la politica e gli statali: lo stesso obbligo che induce Warren Buffet a difendere la tassa di successione negli Usa.
Il medico ospedaliero che ti salva la vita subisce un prelievo del 5-10% sull’imponibile oltre i 90 mila euro. Idem il magistrato, che talvolta rischia la vita. Hanno, costoro, il diritto politico di trovarsi a fianco, nel salvataggio dei conti pubblici, anche l’assicuratore che vive di Rc Auto, il banchiere che impiomba i Comuni di derivati e finanzia gli speculatori immobiliari, il grande professionista che stacca parcelle milionarie o il fortunato che ha ereditato 100 appartamenti e vive di affitti?
Confindustria, Abi, Ania, ordini professionali potrebbero chiedere al governo di istituire un fondo al quale volontariamente versare un’addizionale per lo stesso tempo della vacanza contrattuale forzosa degli insegnanti dei figli dei loro associati. Ma siccome è più facile parlare di corporate social responsability che mettere mano al portafoglio, sarebbe più pratico se il governo incoraggiasse l’establishment alla generosità estendendo l’addizionale a tutti i redditi oltre una certa soglia. Secondo i calcoli di Simone Pellegrino, dell’Università di Torino, il 10% sui 77 mila redditi eccedenti un imponibile di 200 mila euro, darebbe un gettito di 1,1 miliardi l’anno, il 9% della manovra. Qualcosa in più del marketing politico.
Massimo Mucchetti