Massimo Gaggi, Corriere della sera 04/06/2010, 4 giugno 2010
SE LA «TOLLERANZA ZERO» FINISCE IN SOFFITTA
Secondo alcuni bisogna ringraziare i videogiochi: funzionano da passatempo per i disoccupati, ipnotizzano e tengono a casa i ragazzi sbandati delle periferie più degradate che altrimenti starebbero sempre in giro e, magari, finirebbero per commettere reati. Altri sostengono che un merito lo hanno i film infarciti di crimini feroci: anziché istigare e creare assuefazione alla violenza, come temono gli psicologi, appagherebbero con la loro rappresentazione virtuale gli istinti più aggressivi di molti ragazzi. E c’è anche chi ipotizza che negli Usa l’enorme flusso di immigrati, anziché contribuire alla diffusione del crimine – come avviene in mezza Europa, Italia compresa – funzioni da rete di contenimento.
Da anni negli Stati Uniti i reati violenti sono in calo, ma nessuno si aspettava che il fenomeno continuasse a manifestarsi anche in piena recessione: fin qui l’equazione più povertà e disagio sociale uguale più reati si era dimostrata fondata. Ora scopriamo, invece, che anche nel cupo 2009 tutti i principali tipi di crimine hanno registrato nuove, sensibili contrazioni: dalle rapine diminuite dell’8,1% al meno 7,2% degli omicidi.
Numeri che fanno discutere: ad esempio l’Arizona, che si è data una legge durissima contro l’immigrazione clandestina anche perché la gente aveva la sensazione di un aumento della criminalità e lo attribuiva alla proliferazione della comunità ispanica, scopre di essere lo Stato nel quale il calo dei reati è più sensibile: a Phoenix gli omicidi sono diminuiti addirittura del 27%, i furti d’auto del 36%.
E se in passato gran parte del merito veniva attribuito alla «tolleranza zero» di Rudy Giuliani, esportata da New York nel resto del Paese (pene più severe, più poliziotti, pattugliamento capillare), ora le crisi di bilancio costringono le città a tagliare poliziotti e pompieri. Certo, sono migliorati i metodi d’indagine: « operation impact » (più pattuglie in strada e visite periodiche ai nuclei familiari «critici») funziona. Ma c’è anche altro.
Le ipotesi sono diverse e spesso fanno discutere. Una decina d’anni fa un paio di economisti che collegarono il calo dei crimini all’aumento degli aborti tra le ragazze-madri nere fecero infuriare tanto i progressisti (che li accusarono di razzismo) quanto i conservatori (indignati nel vedere l’aborto presentato come uno strumento per la soluzione di problemi sociali).
Oggi fa discutere (ma in modo assai più pacato) la tesi di sociologi ed economisti che, incrociando i numeri dell’Fbi con quelli delle mappe demografiche, sfidano la percezione comune di un elevato afflusso di immigrati in una regione come causa di un aumento dei tassi di criminalità. La realtà, dicono, è opposta perché ogni etnia, costruendo nelle città la sua «enclave», crea una struttura sociale abbastanza omogenea e perché l’America riesce a selezionare, più dell’Europa, la forza-lavoro che viene dall’estero.
Massimo Gaggi