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 2010  giugno 04 Venerdì calendario

[ISCRIZIONE REGISTRO INDAGATI TERREMOTO AQUILA, CON INTERVISTA A CIALENTE E OPINIONE ESPERTI]


Dopo quasi 15 mesi di indagini procuratore capo dell’Aquila Alfredo Rossini e il sostituto Fabio Picuti hanno ieri iscritto nel registro degli indagati i 7 esperti della Commissione Grandi Rischi incaricati, il 31 marzo 2009, di verificare se sussisteva o meno il pericolo di terremoto. Il reato ipotizzato è omicidio colposo. Gli indagati sono: il presidente vicario della Commissione Franco Barberi, il vice capo settore operativo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis, il presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia Enzo Boschi, il direttore del Centro nazionale terremoti Giulio Selvaggi, i professori Gian Michele Calvi e Claudio Eva e il direttore dell’Ufficio rischio sismico della Protezione civile Mauro Dolce. L’accusa: «negligenza, imprudenza, imperizia» per aver «effettuato una valutazione dei rischi approssimativa, generica ed inefficace in relazione alle attività e ai doveri di previsione e prevenzione» e per aver fornito «alla cittadinanza aquilana informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell’attività sismica in esame». I professori insomma non fecero bene il proprio lavoro, sottovalutando il rischio delle scosse continue che facevano tremare la terra da almeno 4 mesi. A L’Aquila infatti, dopo le 400 scosse sentite, la gente già dormiva in macchina quando il 30 marzo 2009 ci fu una scossa di Magnitudo 4.0. Il verbale della riunione della Commissione del 31, durata appena dalle 18.30 alle 19.30, è ora agli atti: «Lo sciame si colloca in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questa tipologia di territori...». E ancora: «Non c’è un pericolo, la situazione anzi è favorevole perché c’è uno scarico di energia continuo... in qualche modo abbiamo avuto pochi danni». Sei giorni dopo, il 6 aprile 2009, in 28 secondi ci furono due scosse ravvicinate di magnitudo 6.3 e 5.8, morirono 308 persone.
L’inchiesta è partita dall’esposto di un parente delle vittime. Il capo della Squadra Mobile dell’Aquila, Salvatore Gava, ha interrogato centinaia di testimoni, tra cui Giampaolo Giuliani, il tecnico che proprio in quei giorni segnalava la presenza anomala di radon nell’atmosfera, mettendo in relazione il livello raggiunto dal gas col rischio di un imminente terremoto. Ma fu dipinto come un ciarlatano e si prese un avviso di garanzia per procurato allarme.
Gava ha raccolto migliaia di pagine, tra cui il diario-inchiesta «L’Aquila non è Kabul» del giornalista e scrittore Giuseppe Caporale, in cui è ricordato il precedente del 24 gennaio 1985 in Garfagnana, quando 100 mila persone furono fatte evacuare dopo che la Commissione Grandi Rischi lanciò l’allerta terremoto: non si verificò alcun sisma e il ministro Zamberletti, finì sotto inchiesta per procurato allarme. A L’Aquila una maggior cautela s’è rivelata fatale. (Fabrizio Caccia, Corriere della sera 4/6/2010)

«Prevedere i terremoti: la lezione dell’Abruzzo», breve trattato di ingegneria sismica realizzato da Giuseppe Grandori ed Elisa Guagenti (entrambi del Politicenico di Milano). «La Commissione’ scrivono gli esperti’ non ha considerato e discusso i seguenti elementi di giudizio, tutti a favore dell’allerta-sì». «Il costo sociale di un eventuale falso allarme sarebbe stato comunque prossimo allo zero». Infatti i disagi provocati dalla sequenza sismica non sarebbero praticamente aumentati in seguito a una pacata spiegazione dell’effettivo aumento temporaneo del rischio di un forte terremoto. L’apprestamento ordinato delle misure di prevenzione (come la selezione dei luoghi di raccolta, l’organizzazione dell’evacuazione degli ospedali e del trasporto delle persone disabili, il raduno di mezzi di soccorso provenienti da zone non esposte, eventuali consigli di abbandonare le case danneggiate) rende la popolazione più consapevole e fiduciosa». «...Che se poi, come è molto probabile, il terremoto non viene’ osservano Grandori e Guagenti’ il comportamento del Decisore verrà giudicato prudente ma non ingiustificato da chi era già in ansia anche senza l’intervento degli esperti. Per contro, se l’opzione è allerta-no, e il terremoto pur essendo poco probabile si verifica, il costo in termini di vittime è incommensurabile rispetto al costo sociale del falso allarme». «Resta inspiegabile – affermano gli autori del saggio’ il fatto che la Commissione e i responsabili della Protezione civile, oltre a scegliere l’opzione allerta-no (scelta legittima pur se criticabile dal punto di vista metodologico), abbiano potuto assumersi la responsabilità di scoraggiare le iniziative di prevenzione che molti cittadini suggerivano o autonomamente assumevano».
Insomma, fu ripetuto che «la previsione dei terremoti non è possibile» e il risultato fu, secondo gli esperti del Politecnico di Milano, una sottovalutazione dei dati scientifici che invece già stavano affiorando: «La fenomenologia sismica in atto da alcuni mesi nel territorio» era culminata «con la scossa di magnitudo 4.0 del 30 marzo», fanno notare i due scienziati milanesi. «Le scosse premonitrici sono considerate dalla comunità scientifica internazionale come un reale precursore, sia pure con alta probabilità di falso allarme... Il rischio è molto piccolo in termini assoluti, ma è comunque oltre 100 volte più grande del rischio sismico di base della zona». La conclusione è amara: «L’analisi condotta dalla Commissione non appare soddisfacente, almeno a giudicare dai documenti resi pubblici».
(Fabrizio Caccia, Corriere della sera 4/6/2010)

«I responsabili sono persone molto qualificate che dovevano dare risposte ai cittadini - spiega il procuratore dell’Aquila, Alfredo Rossini - e non si tratta di un mancato allarme, l’allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case. Ci sono stati decessi e distruzione, e non potevamo non seguire questo filone».
Quanto detto alla riunione funzionò da tranquillante sulla popolazione ormai al limite della sopportazione. La gente, denunciano le associazioni locali, dopo la prima scossa della tragica notte, è rimasta a letto. Se quella riunione non ci fosse mai stata, gli aquilani avrebbero seguito l’istinto, la paura, invece di aggrapparsi a quelle dichiarazioni. Forse qualcuno avrebbe dormito in auto.
Magari seguendo il consiglio di Giampaolo Giuliani, l’uomo del radon, che in queste ore si sta prendendo la sua piccola e amara rivincita. «La Protezione civile fece pressione sul sindaco di Sulmona affinché mi denunciasse per procurato allarme, sulla base peraltro di dichiarazioni inventate - dice Giuliani - e adesso mi invitano negli Stati Uniti e a Vienna. Non sono uno sciacallo, non posso dire di essere contento di un problema di altri, ma queste persone dovranno finalmente rinunciare al loro incarico».
(Novella di Paolo, La Stampa 4/6/2010)

INTERVISTA AL SINDACO DE L’AQUILA
C’era anche lui, Massimo Cialente, il sindaco a quella riunione. Spaventato come tutti gli aquilani e ancora più preoccupato come primo cittadino di una città assediata da sei mesi da un nemico invisibile e sotterraneo. Arrivato di corsa, perché convocato con poco anticipo, trascorse la maggior parte del tempo a fare domande e a cercare di capire dai maggiori esperti italiani cosa bisognava aspettarsi da quelle scosse, soprattutto dopo l’ultimo sussulto che il giorno prima aveva toccato ii quattro gradi di magnitudo.
«Interrompevo in continuazione. Volevo sapere cosa sarebbe successo», dice Cialente. «E ricordo ancora a memoria le parole del direttore dell’Ingv, Enzo Boschi: ”Sapete che siete in un’area a rischio, disse, prima o poi un forte sisma arriverà”». Parole che Cialente si portò a casa, dalla moglie e dalla suocera, cui non seppe dire di più.
«Presi Boschi sul serio e intervenni come meglio potevo». Fino alla delibera del due aprile in cui proclamò lo stato di emergenza. E la paura si trasformò in rabbia. «Chiusi due scuole, ma non c’erano i soldi per trasferire i bambini; facevamo continui controlli sugli edifici, in quei pochi giorni prima del sisma feci debiti fuori bilancio per circa trecentomila euro. Anche molte abitazioni private presentavano lesioni, per questo scrissi anche a Bertolaso, cui chiesi 15 milioni di euro per i primi interventi».
«La giustizia farà il suo corso - conclude Cialente - ma il punto su cui riflettere è un altro. In quella riunione non potevano dirci di dormire fuori. Nella mia città sono crollate case che dovevano restare in piedi. E’ questo il problema: dobbiamo imparare a costruire».
(Novella di Paolo, La Stampa 4/6/2010)

OPIONIONI COMUNITA’ SCIENTIFICA
La comunità scientifica mondiale concorda sul fatto che i terremoti non si possono proprio prevedere. E senza una previsione non può esserci un allarme, e di conseguenza, neanche un’evacuazione. Questo ragionamento logico vale soprattutto per una provincia come quella dell’Aquila che, pur notoriamente considerata come un’area ad elevato rischio, non ha mai permesso agli scienziati di individuare segnali di pre-allerta per un terremoto.
«La serie storico-statistica dei terremoti in quell’area – spiega Giuseppe Zamberletti, il papà della Protezione Civile moderna – non ha mai lasciato ipotizzare che uno sciame sismico sia un segnale di preavviso per una scossa di terremoto forte, come invece c’è stata il 6 aprile dell’anno scorso». Ed è su queste basi che la Commissione nazionale grandi rischi si espresse il 31 marzo dello scorso anno non indicando come necessaria un’evacuazione della provincia. Gli scienziati che hanno partecipato alla riunione dissero pure che un terremoto non era da escludere, ma nessuno strumento e nessuna analisi poteva giustificare un’evacuazione immediata.
«Gli scienziati – dice Zamberletti – non hanno mai detto che non ci sarebbe stato un terremoto. Nessuno purtroppo può dare garanzie di questo tipo. Ma in base a quanto è successo in passato non è stato ravvisato alcun legame tra il terremoto e lo sciame sismico che lo ha preceduto». Se gli scienziati dovessero predisporre un’evacuazione ogni volta che rilevano uno sciame sismico, stando a quelli che le stazioni dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia registrano ogni anno, di evacuazioni ce ne sarebbero davvero parecchie. «E la stragrande maggioranza si rivelerebbero inutili», spiega Giulio Zuccaro, direttore del Centro studi Plinius dell’Università Federico II di Napoli.
Sul rischio terremoti la scienza naviga quasi alla cieca. «A differenza del rischio inondazioni, frane o eruzioni, dove comunque qualche segnale di preavviso c’è – dice Zuccaro – sui terremoti si agisce in condizioni di estrema incertezza. Abbiamo mappe di rischio e di vulnerabilità, ma non possiamo sapere quando un terremoto colpirà». Secondo gli scienziati, siamo davvero impossibilitati a prevenire certe catastrofi. «Per questo la Protezione civile – sottolinea Zuccaro – è allenata a intervenire dopo un evento sismico. La prevenzione riguarda la messa in sicurezza degli edifici e la preparazione della popolazione e non l’evacuazione».
«Questo tipo di prevenzione – precisa Zamberletti – non è certo compito della Commissione grandi rischi che, nel caso specifico, ha comunque indicato di verificare la stabilità degli edifici».
(Valentina Arcovio, Il Messaggero 4/6/2010)