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 2010  giugno 10 Giovedì calendario

I PRIVILEGI DEI MAGISTRATI

(due pezzi di Oscar Giannino, il secondo con le lettere di risposta dei magistrati) -

«A pensare male si fa peccato, ma forse c’è da leggere nella manovra una particolare volontà di punire i magistrati italiani». Lo ha detto Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm, annunciando che i magistrati italiani si apprestano allo sciopero contro le misure annunciate dal governo. I magistrati «vogliono fare la loro parte in un momento così difficile per il Paese» dicono, però denunciano il contenimento degli aumenti retributivi disposto ai loro danni come discriminatorio e, dunque, punitivo.
Ma come stanno le cose? L’associazionismo magistratuale lamenta che il governo abbia disposto che chi guadagna di più paghi di meno, mentre chi ha minori paghe sia più colpito. Consiste in questo l’iniquità intollerabile e, naturalmente, «incostituzionale», per i magistrati, che per il resto si presterebbero volentieri a dare il loro contributo. Sennonché non l’ha disposto il governo: è il meccanismo di retribuzione dei magistrati, e solo dei magistrati, a determinare che un blocco pluriennale degli aumenti abbia conseguenze di quel tipo. Perché, cerchiamo di non dimenticarlo, i signori magistrati godono dell’aumento automatico delle retribuzioni nonché delle qualifiche, a prescindere dalle funzioni concretamente svolte per le quali, da 3 anni a questa parte, è stato fra mille resistenze reintrodotto un vaglio autoesercitato da colleghi che, peraltro, è tanto severo da concludersi al 96 per cento naturalmente con uno scontato assenso alla promozione.
Il più della progressione automatica retributiva per i magistrati avviene in due tranche. Nei 5 anni successivi ai primi 3 dall’assegnazione in ruolo, e poi una decina d’anni dopo. Sono i due «gradoni» di avvicinamento alla retribuzione di magistrato di Cassazione che comunque spetta a tutti i signori magistrati. Ed è per questa guarentigia che la sospensione degli aumenti implica per la classe di giovani toghe prossima a maturare il primo gradone ciò che essi considerano un indebito scippo. In altre parole, secondo i capi dell’Anm, una misura ben fatta dovrebbe invece prevedere: primo, naturalmente, che solo ai signori magistrati resti la prerogativa del progresso retributivo automatico; secondo, che lo stop agli aumenti, per solidarietà verso il resto dell’impiego pubblico, venga scritto con una norma ad hoc che tenga conto della retribuzione ad hoc, e dunque salvando dal congelamento proprio coloro che per tutela di casta più avranno di aumento nel biennio avanti a noi.
A me pare una logica parecchio singolare. Non esattamente la prova di responsabilità istituzionale che è legittimo attendersi da chi non fa altro che ripeterci di svolgere una funzione delicatissima. Che cosa dovrebbero fare allora militari e poliziotti, carabinieri e finanzieri? Puntarci le armi addosso, per come li trattiamo? Ma dimenticavo: non sono essi in prima fila nella lotta contro il male. Quello è un ruolo riservato ai soli magistrati. Deve essere per questo che pensano il loro portafoglio sia l’unico tutelato dalla Costituzione.

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HO CRITICATO I PRIVILEGI DEI MAGISTRATI E LORO MI HANNO SOMMERSO DI LETTERE. LEGGETENE ALCUNE E GIUDICATE -

Ho criticato e continuo a criticare su Panorama e sul mio Chicago-blog lo sciopero indetto dall’Associazione nazionale magistrati. In risposta, decine di lunghissime lettere. Alcune sono dure, ma con rispetto. Altre non nascondono vero disprezzo. Il presidente di Corte d’assise di Bergamo Aurelia Del Gaudio, premessa «la consapevolezza che non c’è peggior sordo di chi non vuoi sentire» (sarei io), comunque gentilmente informa che un magistrato guadagna 41.400 euro in tirocinio, 72 mila euro dopo 5 anni, 122 mila dopo 20 anni e 150.051 dopo 28 anni. Per i magistrati amministrativi, a 5 anni l’emolumento è di 95.400 euro, per poi salire a 157 mila dopo 20 anni e a 172 mila a 28. I prefetti partono più bassi, a 40 mila euro, per giungere a 151 mila dopo 28 anni. Quando ho scritto che non mi pare poco, per i magistrati, guadagnare come e più dei prefetti, apriti cielo!
Balle, hanno replicato. Eppure sono le cifre dell’Anm.
Nessuno riconosce poi la vera anomalia che continuo a criticare. E cioè la progressione automatica di retribuzione e qualifica, dopo 4, 13, 20 e 28 anni di servizio, di cui i magistrati godono a differenza di ogni altro lavoratore. Continua a sembrare loro naturale, un presidio della democrazia. Omelia Galeotti, pm a Pistola, sottolinea che dal 2007 c’è una valutazione di professionalità e se anche al 96 per cento è sempre positiva conferma che i magistrati sono preparatissimi. Altri, come Giovanni Famicini, magistrato a Reggio Emilia, mi accusano di inesattezza poiché affermo che il giudizio è autoesercitato. Macché, somaro d’un Giannino, spetta al Csm. Peccato che per due terzi il Csm sia fatto di magistrati.
Altri, come Salvatore Cantaro, sostituto procuratore generale a Roma, si lanciano
in un controprogramma, proponendo «protezione assoluta di tutte le fasce deboli
mediante la riduzione dell’Irpef per i redditi sino a 30 mila euro lordi, eliminazione
di tutti i blocchi stipendiali per magistrati e pubblico impiego, eliminazione dell’aliquota massima del 43 per cento per lo stipendio del magistrato, del dipendente, del
piccolo professionista, del piccolo artigiano, del piccolo imprenditore», e «l’introduzione di aliquote fiscali ulteriori verso l’alto, anche sino al 70 per cento, a carico di chi, come Berlusconi e altri, ha i redditi più elevati d’Italia». Cantaro sembra ignorare che l’aliquota del 43 non si applica ad personam ma per soglia di reddito. Quando ho ironicamente fatto presente al dottor Cantaro che evidentemente non ne sa molto di aliquote comparate, poiché in nessun paese avanzato vige un’aliquota marginale del 70 per cento, ha perso la trebisonda. Avendomi ingiunto di dire quanto pagavo di tasse, e avendogli io risposto che, sommando la mia partita iva e le imposte sulle due società che partecipo, si arriva al 66 per
cento del reddito lordo, mi ha riso in faccia che allora mentivo a dire che l’aliquota del 70 non c’è. Con ciò rivelando in che mani siamo. Mani di chi naturalmente pensa che Silvio Berlusconi sia da stramazzare di tasse con tutti quelli come lui, ma non è neanche sfiorato da un minimo di consapevolezza intorno all’elementare differenza tra aliquote marginali di un ordinamento e tax rate reale cui è sottoposto il 90 per cento delle imprese italiane, sommando tutte le imposte.
Per fortuna, i magistrati non sono tutti così. Però è molto divertente essere insultati da chi ti dà del servo ignorante e poi ricorre a simili fesserie. Ti fa sentire un uomo libero, rispetto al suo togato pregiudizio.